Il naufragio dei migranti, della Fortezza Europa e dell’austerità

lampedusa 2015

 

Sopra di me stelle mobili
O pesci galleggianti?
Disturbo con questo corpo ingombrante
Salutano con l’inchino e riprendono il sesso con l’amante.
I pesci scopano e pisciano in mare
Io non so nuotare.

Non mi avevi detto nulla, mamma
Sul perché, sul come e sulla risposta
Dicevi che la strada sempre finisce
Ma quando è salata, mamma, ferisce.

I pesci mi baciano,
Sì permettono l’invadenza
Mentre il cielo in sofferenza
Soffia vento e inganno.

Mamma, non mi avevi detto
che in mare i sogni non ci sono
Che ci stanno solo sdraiati in un letto
Che in mare, mamma, i sogni non ci possono stare.

Non ho manco salutato
Ne la terra ne l’amico
L’onda mi ha mangiato
Come d’estate il bimbo mangia il fico.
Mamma mi dicevi sempre di salutare
Ma come si fa quando siamo sotto il mare.

Mamma gustati l’estate che arriverà
Dimentica il mio corpo che si disperdera’
Bevi il tè alla salute dei superstiti,
Dai alla sorellina alcuni bacetti.

Mamma perdona la partenza,
La morte e il silenzio,
Ma in mare, sai, non c’è più spazio
Siamo trecento oggi, un infinito ieri
Domani ancora,
in mare non c’è più spazio
E ci stringiamo morendo, mamma,
Se vuoi, prega ancora,
Ma in mare i sogni non ci possono stare.

Caroline Tobaty, una delle insegnati della scuola di italiano di Città Migrante

 

L’ennesima e inaccettabile strage di centinaia di migranti alle porte di Lampedusa ci ricorda, nella peggior maniera possibile, che in queste ore è in ballo il destino dell’Europa non solo rispetto alla sorte del debito greco e delle politiche di austerità, appese al filo del rapporto di forza tra la Troika e il popolo greco (da cui stiamo cogliendo con tutte le nostre forze la richiesta di mobilitazione in solidarietà), e nemmeno solo rispetto ai tentativi di risolvere la crisi ucraina, o più verosimilmente ad abbassare i toni (almeno mediatici) di una guerra che a bassa intensità produce morti ogni giorno, anche fra i civili.

Abbiamo infatti sempre avuto la convinzione che il destino dell’Europa sia lo stesso della pelle delle centinaia di migliaia di migranti che ogni anno provano a raggiungerla, praticando a costo di morire nel Mediterraneo, a Melilla, a Calais o nei porti di Patrasso, Ancona o Venezia, ma anche nei centri di detenzione, un diritto su cui non siamo mai stati disposti a trattare: quello della libertà di movimento.

Abbiamo anche saputo, fin dall’inizio, che “Triton” non sarebbe stata una missione destinata al “fallimento” (come lo ha definito il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa), ma fosse la scelta, assolutamente consapevole, di ostacolare fino all’ultimo i percorsi dei migranti, pagando il prezzo di stragi inumane come quella di oggi: una missione portata a compimento, evidentemente. Un altro 3 ottobre.

Non ci stupisce che i più cinici o miopi, a seconda della strategia, invochino a gran voce il ritorno di Mare Nostrum: un’operazione senza precedenti dal punto di vista dello stanziamento economico (senza dubbio per l’Italia) e del dispiegamento, anche lì, di forze militari. “Si salvava di più e si pattugliava meglio”, certo.

Ma non si può continuare ad accettare che la migrazione possa essere un percorso ad ostacoli dove i più fortunati, dopo essere stati in mano alle organizzazioni che lucrano sul traffico degli esseri umani e a cui hanno consegnato tutto ciò che hanno, sopravissuti alle polizie di frontiera di chissà quanti paesi, debbano infine affrontare la prova cruciale della traversata in mare, sperando di essere salvati.

Partiamo dalla partenza, verrebbe da dire: vogliamo percorsi di arrivo garantiti, che chiudano per sempre con l’idea dell’esternalizzazione delle frontiere e con le quote di ingresso limitate (vedi legge Bossi Fini).

Un canale umanitario di un’Europa senza confini, libera dall’austerità e dal debito, un debito che è anche quello che abbiamo tutti e tutte noi nei confronti di chi abita il più grande cimitero che ci circonda: il mar Mediterraneo.

Questa nuova Europa da costruire è passata e sta passando sicuramente da Piazza Syntagma: dalle barricate di protesta al Memorandum degli anni passati fino alle manifestazioni come quella di ieri sera, passando per la dura lotta dei profughi siriani del novembre scorso, quando si accamparono per settimane per ottenere il diritto di asilo.

Attraversiamo questa settimana di sostegno al popolo greco su scala europea, la manifestazione nazionale di sabato 14 a Roma e la mobilitazione del 18 marzo a Francoforte anche con questa attitudine.

Centri Sociali Emilia Romagna

Nessuno spazio a forza nuova, nessuna agibilità alla strumentalizzazione fascista!

Venerdì 30 gennaio ore 20.00, presidio antifascista in Via Roma a Fabbrico

REGGIO-EMILIA-ANTIFA

Abbiamo appreso in questi giorni del presidio di Forza Nuova previsto per domani, venerdì 30 gennaio, davanti all’Hotel Soliani di Fabbrico, albergo che ospita alcuni profughi arrivati in Italia con l’operazione Mare Nostrum.

Continua la campagna di strumentalizzazione delle destre nei confronti dei più deboli e in particolare dei migranti in fuga da paesi in guerra, ripetendo all’infinito la solita litania del “fanno la bella vita a spese dei contribuenti” e del “prima gli italiani”!

Sfruttando la leva del più becero populismo le destre continuano a diffondere insinuazioni false, per ottenere consenso e visibilità, esacerbando le frustrazioni date dal disagio sociale della crisi in cui viviamo e sostenendo un clima di guerra tra poveri, utile solo ai loro scopi e puramente provocatorio.

Oggi più che mai, dopo i fatti di Parigi, i fascisti nostrani e di tutta Europa emergono ringalluzziti e pronti ad imbastire guerre sante contro gli stranieri, i clandestini, i musulmani, colpevoli a loro avviso di rubare soldi e risorse e di volerci “islamizzare”.

Non possiamo accettare che venga messo in atto il meschino teatrino di questi soggetti, il nostro sdegno cresce ogni volta che sentiamo i loro slogan.

A queste dichiarazioni false e pretestuose e totalmente avulse da ogni dato di realtà, vogliamo rispondere con l’accoglienza, insegnando ai nostri figli e alle nostre figlie il bello della diversità, ridando vita a spazi abbandonati e costruendo un futuro con chi vede quotidianamente i propri diritti negati.

Non possiamo – e non vogliamo – stare fermi a guardare in silenzio, mentre nelle piazze sfilano i fascisti. Quelle piazze e quelle strade le vogliamo riempire con i valori dell’antifascismo e dell’antirazzismo!

Vogliamo attendere che anche qui a Reggio Emilia, vengano messe in atto azioni violente nei confronti di migranti ed attivisti antifascisti oppure dare subito un segnale forte e chiaro?

Non possiamo accettare che vengano concessi spazi di agibilità alle idee ed alle pratiche fasciste, Reggio Emilia E’ ANTIFASCISTA!

Per questo invitiamo tutti e tutte, ad un presidio, domani venerdì 30 gennaio dalle ore 20:00 in via Roma a Fabbrico per contrastare l’ignobile strumentalizzazione di Forza Nuova, i tentativi di emersione delle destre estreme nel territorio di Reggio Emilia, per ribadire ancora una volta che l’accoglienza degna è una virtù e non un problema e che il territorio reggiano è e continuerà ad essere terra meticcia, di libertà e diritti per tutti e tutte.

Laboratorio Aq16 – Casa Bettola – Ass. Città Migrante-  Ass. Notti Rosse- ANPI Casalgrande- Casa Spartaco – Alternativa Libertaria – Rete Restiamo Umani Reggio Emilia – Pollicino Gnus- PCarc- Comitato L’Altra Europa con Tsipras Reggio Emilia 

Guerre sante: non sulla nostra pelle

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PARIGI, 7 Gennaio 2015. Si muore ammazzati, oggi dentro la redazione del un giornale satirico Charlie Hebdo, ieri altrove, altre terre, altri mari, domani chissà. Un’altra strage, altri morti da contare.

Ma si muore ogni giorno, e non solo fisicamente. Si muore tutte le volte che un diritto viene negato, tutte le volte che la dignità umana viene calpestata, tutte le volte che si è privati della libertà. Libertà di esprimersi, libertà di scappare dagli orrori della guerra, libertà di scegliere dove vivere, chi amare, libertà di essere.

Tante storie diverse, stesso finale. E tutte le volte la realtà che piomba come un macigno sulle nostre coscienze, che ci ordina di dire NO, di urlare che noi non ci stiamo.

Tante domande, poche risposte. Le uniche che riusciamo a darci le troviamo guardandoci intorno, guardando negli occhi le nostre compagne, i nostri compagni, le persone con cui tutti i giorni facciamo un pezzo di strada. Perché noi NO lo diciamo tutti i giorni, tutte le volte che vediamo crescere le nostre scuole di italiano, tutte le volte che con le nostre vite, le nostre voci, quelle dei nostri figli ridiamo vita a spazi vuoti, lasciati all’abbandono, tutte le volte che ci riprendiamo quello che ci è stato tolto, tutte le volte che stiamo di fianco a chi sono negati i diritti che rendono una vita degna, diritto ad avere una casa, un’assistenza sanitaria.

Noi diciamo no tutte le volte che uccidiamo le nostre paure, tutte le volte che insegniamo ai nostri figli che la diversità è vita, quando riempiamo le piazze e quando andiamo avanti nonostante provino a fermarci con pesanti provvedimenti cautelari che condizionano le nostre vite.

E a volte vinciamo, tutte le volte che la nostra paura muore noi vinciamo. Ed è questa l’unica guerra che combattiamo, quella per i diritti, per costruire un’alternativa, dove ci sia spazio per tuttee tutti, nessuno escluso.

Condividiamo e facciamo nostre le righe scritte sul sito Dinamo Press:

L’attacco a Charlie Hebdo, “journal irresponsable”, è un dramma terribile, un attacco diretto alla libertà d’espressione e di stampa, oltre che una tragedia che è costata la vita già a 12 persone.

Chi ha sparato le raffiche di kalashnikov dentro la redazione del giornale e poi in strada appartiene alle frange dell’islamismo radicale e armato? Jihadisti di ritorno? Terroristi fatti in casa o di importazione? Non lo sappiamo ancora ma abbiamo altre certezze.

Charlie Hebdo è un giornale di satira, espressione di una cultura libertaria che ha sempre rifiutato l’idea che possa esserci un qualsivoglia argomento tabù su cui esercitare la satira. Già immaginiamo le reazione a quanto accaduto, come la morte di giornalisti che si sono battuti, in maniera spesso controversa, per la libertà d’espressione, sarà strumentalizzata da chi dirà “siamo sotto attacco”, “siamo in guerra”, “tornano le crociate”. E noi dovremmo usare tutto il fiato che abbiamo in corpo per dire: no, non siamo in guerra, o almeno non siamo in guerra noi “europei e bianchi” contro le comunità migranti che vivono con noi nelle metropoli europee. Dovremmo dire siamo in guerra contro ogni fascismo di ogni matrice, e per questo ad esempio siamo al fianco dei partigiani del Rojava che si battono contro l’Isis e siamo stati a fianco dei giovani delle piazze delle primavere arabe.

Urlare che l’unica guerra che si combatte nelle nostre città è quella di chi impone la povertà e la miseria a tutti, migranti e indigeni, nelle periferie delle metropoli e nelle province di tutta Europa. Vedremo sciacalli come Salvini e Le Pen lanciare i loro slogan truculenti, i loro sgherri agire nell’ombra o alla luce del sole per lanciare le loro crociate. Dovremo lottare per non fare arruolare i giovani proletari delle banlieues delle nostre città in qualsiasi guerra santa, sia quella di qualche califfo o imam o quella dei fascio-leghisti e degli islamofobi.

La strage di Parigi ci ha lasciati addolorati, sgomenti, arrabbiati. Tutti sentiamo il bisogno di reagire. Ricordiamo quello che il premier norvegese Stoltenberg disse dopo la strage di Utoya del 2011: “Reagiremo con più democrazia, più apertura e più diritti”.

Non vogliamo cedere alla paura e all’odio. Rifiutiamo la logica di chi divide il mondo in base alla religione, al colore della pelle, alla nazionalità. Rifiutiamo la logica di chi specula sulla morte per i propri interessi, alimentando una spirale di odio e violenza. È il momento di stare insieme, di far sentire la voce di tutti quelli, e sono tanti, che di fronte alla morte e alla violenza rispondono con il dialogo, la solidarietà e la pratica dei diritti. Tutti quelli che non fanno distinzione tra le vittime di Utoya e Peshawar, di Baghdad, di Baqa e di Parigi, nel Mediterraneo e a New York. Tutti quelli che credono che diritti, democrazia e libertà siano l’unico antidoto alla guerra, alla violenza e al terrore. Dove l’odio divide, i diritti possono unire.

#12D – merc10 dic, assemblea aperta per la costruzione di uno spezzone di movimento

Vogliamo invitare le realtà ed i singoli cittadini che hanno preso parte alla manifestazione dell’8 novembre scorso o che ne condividono i contenuti ad un’assemblea aperta, mercoledì 10/12 alle ore 21.00 presso Casa Bettola (Via Martiri della Bettola 6), per costruire insieme uno spezzone di movimento all’interno della manifestazione di venerdì 12 dicembre, giornata di sciopero generale  (con concentramento ore 9 Piazza del Tricolore angolo Viale Montegrappa) e per condividere le
ultime novità in merito alle misure cautelari fra cui 2 arresti domiciliari che attaccano la libertà di movimento e di manifestare per la giustizia sociale.

Il comunicato di lancio dello spezzone di movimento del 12 dicembre

#12D FINALMENTE SCIOPERO GENERALE

Il 12 dicembre ci sarà sciopero generale contro il #Jobsact e le politiche del governo Renzi. Uno sciopero voluto da Cgil e Uil ma che da subito ha rappresentato la reale possibilità di andare oltre le forme storiche di protesta e di rappresentanza sociale che le organizzazioni promotrici si sono date fino ad ora. Aldilà di chi ha convocato questo sciopero, ci interessa la reale possibilità di aggiungervi contenuti e modificare la forma, affinché non sia una giornata tranquilla ed indolore per la controparte come per tanti anni i confederali ci hanno abituato ad assistere in Italia.

Il 12 dicembre è un occasione di cambiamento perché la Cgil, la più grossa organizzazione sindacale italiana, si ritrova senza più sponda politica con cui barattare riduzione di garanzie contrattuali in cambio del mantenimento del lavoro. Senza sponda politica dato che l’esecutivo Renzi ha decretato la fine della concertazione e della tradizione laburista all’interno del PD e del governo.

  Ora che la concertazione è (finalmente!) morta la Cgil è costretta a mettere in atto meccanismi conflittuali abbandonati da tempo, aprendo la possibilità di nuovi scenari. La sottrazione di diritti dei lavoratori oggi è rappresentato dal #Jobsact, ma sappiamo benissimo che il processo di smantellamento delle garanzie sul lavoro va avanti da decenni, riforma dopo riforma cui i confederali non hanno opposto resistenza, fino al silenzio sulla riforma Fornero, vera tomba dell’articolo 18.

Il 12 dicembre porterà in tutto il paese il dato politico della manifestazione romana del 25 ottobre e la grande giornata di sciopero sociale del 14 novembre che a macchia di leopardo ha portato in piazza il mondo del precariato non rappresentato dalle forme sindacali tradizionali. La sfida del 12 sarà quella di bloccare il flusso delle merci, dei capitali e della produzione per attaccare la vocazione padronale rappresentata da un governo che ha interiorizzati molto bene i diktat della troika.

Il 12 vogliamo dare un segnale chiaro all’esecutivo in un contesto di forte delegittimazione della democrazia rappresentativa, che segni l’incompatibilità della working class (tutta!) alla politica lacrime e sangue che la condizione psicologica che tendiamo a chiamare “crisi” ci ha fatto accettare fino ad ora. Ricomporre i vari settori del lavoro, quello storicamente sindacalizzato con precari e studenti fino al settore logistico può essere motore per una ricomposizione sociale che vede nell’allargamento della sfera dei diritti una maniera per affrontare un periodo storico che sempre di più si tinge delle tinte fosche della guerra tra poveri.

E’ evidente che le forti spinte nazionaliste, razziste e di estrema destra che si stagliano in tutta Europa trovano linfa dall’impoverimento della classe media che identifica i nemici negli immigrati e nei soggetti più poveri della scala sociale. E proprio oggi che forze populiste e di estrema destra fioriscono un po’ dappertutto, una ricomposizione di segno opposto è urgente riportando finalmente la direzione del conflitto, dal basso verso le alte sfere del comando capitalistico europeo.

Scioperare il 12 dicembre significa anche proiettarsi nell’anno dell’ EXPO ponendosi criticamente contro il modello da esso proposto fatto di debito, precarietà, cementificazione e “l’innovazione” del lavoro gratuito.

Uno sciopero che veda confluire non solo il mondo del lavoro contro il #Jobsact ma anche il mondo dell’educazione che si oppone al modello della “Buona scuola”, i movimenti che si battono contro la svendita del patrimonio pubblico contenuto nel decreto “Sblocca Italia” e i movimenti che denunciano l’ingiustizia del piano casa. Infatti sotto attacco è l’intera sfera dei diritti, dai diritti sul lavoro, al diritto all’abitare, al diritto alla salute, ai beni comuni come l’ acqua pubblica (vedi caso Iren e distaccamento delle utenze per morosi incolpevoli) fino al diritto a manifestare e all’espressione del conflitto sociale come avvenuto anche nella città di Reggio Emilia attraverso misure cautelari come obbligo di firma quotidiano fino agli arresti domiciliari per alcuni attivisti che lo scorso 25 aprile hanno manifestato contro la presenza in città di Matteo Salvini in città e contro la propaganda razzista e populista del suo partito.

COSTRUIAMO UNO SPEZZONE SOCIALE RICCO E DETERMINATO di chi quotidianamente lotta nei luoghi di lavoro, nelle scuole, manifesta per le piazze della città  e costruisce  giorno dopo giorno alternative e solidarietà  riappropriandosi di diritti negati e agendo il conflitto sociale per un cambiamento  radicale contro questo sistema capitalista.

Concentramento ore 9.00 – Piazza del Tricolore angolo Viale Montegrappa

Laboratorio Aq16 – Casa Bettola – Ass. Città Migrante – Studenti Autorganizzati – ADL Cobas

#Unafirmanonciferma – corteo per democrazia e giustizia sociale

#Unafirmanonciferma – scendiamo in piazza per democrazia e giustizia sociale!

Corteo per le vie della città, concentramento ore 15.00 alla Gabella di Via Roma

https://www.facebook.com/unafirmanonciferma?fref=ts

Messaggi dalla città solidale verso la manifestazione sabato 8 novembre

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Il 25 aprile 2014 Matteo Salvini, segretario generale della Lega Nord, scelse Reggio Emilia come tappa della sua campagna elettorale in vista delle elezioni europee e per il rinnovo dell’amministrazione locale. Una parte della città ritenne provocatorio ed inopportuno questo appuntamento, proprio nel giorno simbolo della resistenza antifascista, e scelse di scendere in strada oltrepassando la zona rossa, per contestare il nazionalismo ed il razzismo di cui questa iniziativa si faceva portatrice.

Sei mesi dopo a 15 manifestanti è stato applicato un provvedimento cautelare che prevede l’obbligo di firma ogni giorno in questura.

Queste misure, già attuate in diverse occasioni anche a Reggio Emilia, non limitano solo la libertà personale di chi è direttamente colpito, ma vogliono essere un vero e proprio monito per chi ritiene che lo stato esistente delle cose si possa cambiare dal basso.

Un tentativo di ridurre lo spazio di movimento in un contesto segnato da una forte tendenza autoritaria, dove si riducono gli spazi della democrazia e a sempre più persone viene negato l’accesso ai diritti.

Un tentativo di normalizzare una condizione postdemocratica, con una governance sempre più verticistica, dall’alto verso il basso, rappresentata dalle politiche di austerità imposte dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale, messo in atto in Italia negli ultimi anni da tre governi consecutivi non democraticamente eletti.

Il governo Renzi conferma infatti questa tendenza: in un momento di impoverimento e precarizzazione generale continua a sottrarre diritti sul lavoro, negare diritti sociali e privatizzare beni comuni. Alcuni esempi: il Jobs act e la cancellazione dell’articolo 18, l’articolo 5 del Piano casa che impedisce l’accesso alla residenza ed alle utenze alle persone che dopo essere rimaste per strada hanno deciso di occupare una casa, l’attuazione di meccanismi di privatizzazione spinta di beni comuni essenziali come nel caso dell’acqua.

Nel contempo si alzano le frontiere d’Europa, rinforzandone sia i confini esterni che interni per limitare la libertà di movimento delle persone in fuga dalla guerra o alla ricerca di una vita migliore, attraverso politiche di militarizzazione “a difesa” dei confini che producono continue stragi in mare e utilizzo della forza e della violenza per schedare i migranti.

Tutto questo mentre si aprono i confini dei mercati e si facilita la speculazione, concentrando la ricchezza e le risorse nelle mani di pochi.

E’ in questo contesto di disuguaglianza sociale che populismo, nazionalismo e razzismo stanno diventando sempre più una prassi, ed è da questa mancanza di democrazia reale che l’estrema destra sta avanzando, in Italia come in Europa (Lega Nord, Front National e Ukip ne sono un lampante esempio), propagando la paura dell’altro e l’intolleranza verso le differenze.

Noi non ci stiamo! Vogliamo aprire le finestre, uscire dalle case e scendere nelle strade per invertire questa tendenza.

Se cercano di restringere lo spazio di movimento attraverso misure repressive, noi allarghiamo l’orizzonte attraverso una pluralità di idee e pratiche, continuando a lottare per trasformare l’esistente e costruire un’alternativa.

Se cercano di limitare lo spazio della democrazia, noi lo reinventiamo attraverso nuove forme democratiche dal basso, riappropriandoci della possibilità di immaginare e costruire il futuro insieme.

Se cercano di rendere la nostra vita più povera e precaria, noi difendiamo i diritti conquistati nel passato per andare avanti e conquistare nuovi diritti per tutte e tutti.

Se cercano di chiudere le frontiere e rendere i confini invalicabili, noi li apriamo, spalancando le porte della nostra città, per costruire una Reggio Emilia ed un Europa antirazzista, antifascista e anticapitalista.

Una firma non ci ferma!

Per adesioni: unafirmanonciferma@gmail.com

 

Laboratorio AQ16, CasaBettola “Casa Cantoniera Autogestita”, Ass. Città Migrante, Alternativa Libertaria, Comitato 28 Aprile 2009, Redazione Pollicino Gnus, Casa Popolare Spartaco, Partito dei Carc, Collettivo Variabile Indipendente, Studenti Autorganizzati, Sel  Reggio Emilia, Coop. Mag6, YaBasta Brasil Reggio Emilia, Anpi Felina RE , Arcigay Gioconda di Reggio Emilia , Ass. politico-culturale Notti Rosse di Casalgrande,  Comitato L’Altra Europa con Tsipras Reggio Emilia  , L’Altra Emilia Romagna/Prc-SE/Pdci, COBAS Scuola Reggio Emilia, ADL Cobas Emilia Romagna, Ass. G.A.3 Generazione Articolo 3, Comitato Acqua Bene Comune di Reggio Emilia, Materiale Resistente Correggio, Federazione Anarchica Reggiana, COLLETTIVO NONVIOLENTO UOMO AMBIENTE della BASSA – Guastalla

Il 25 aprile c’eravamo anche noi- una firma non ci ferma!

tutti i giorni ci metto la firma 3

Martedì 21 Ottobre – Ore 20.30
c/o Gabella di Via Roma (RE)

Assemblea pubblica aperta, per la costruzione di una mobilitazione cittadina indetta per l’8 Novembre:

– Per la libertà di movimento
– Contro le pesanti misure repressive nei confronti di chi da sempre lotta per i diritti.
– Per la difesa dei principi dell’antifascismo, antirazzismo, antisessismo.
– Contro ogni nazionalismo e populismoMartedì 21 Ottobre – Ore 20.30
c/o Gabella di Via Roma (RE)

Il 25 aprile c’eravamo anche noi – una firma non ci ferma!

Il 25 aprile 2014 la Via Emilia è stata divisa in due: da una parte il comizio elettorale di Matteo Salvini, segretario nazionale della Lega Nord, dall’altra parte un corteo di tante e tanti che a voce alta hanno detto no a nazionalismo e razzismo.

Le transenne della polizia hanno segnato una linea tra due narrazioni opposte: da una parte l’idea di un’Europa delle nazioni, delle frontiere e dei respingimenti, dall’altra parte l’idea di un continente senza confini, un’Europa dei diritti, dell’accoglienza, della dignità; da una parte l’idea di una città riservata per pochi, dall’altra parte l’idea di una città aperta e solidale.

Di fronte a questa strada transennata abbiamo scelto di non essere indifferenti, di essere partigiani – di essere da una parte – andando oltre la zona rossa.

Siamo riusciti a superare il blocco della polizia e dopo una trattativa, insieme ad alcuni profughi di guerra abbiamo portato dei fiori sul monumento ai caduti in Piazza Martiri 7 Luglio, dando anche il nostro contributo alla giornata della resistenza.

Oggi, sei mesi dopo, a 15 manifestanti è stato notificato un provvedimento cautelare che prevede l’obbligo di firma ogni giorno in questura. Queste misure repressive non limitano solo la libertà personale ma tentano di limitare la libertà collettiva di resistere e costruire delle alternative.

Un tentativo di colpire una comunità politica profondamente radicata sul territorio, che in modo autonomo e indipendente lotta per la giustizia sociale e ambientale. Un tentativo di restringere lo spazio di movimento per tutte e tutti in un tempo in cui sempre più diritti vengono negati.

Al contrario noi vogliamo allargare lo spazio del possibile, riappropriandoci della possibilità di determinare le nostre vite e di immaginare insieme il nostro futuro, riprendendoci reddito e diritti, redistribuendo  ricchezza e  risorse. Lo facciamo insieme a tante e tanti altri. Al fianco degli occupanti delle case lasciate all’abbandono per riappropriarci del diritto all’abitare per chi non ha un posto dove vivere e combattere la devastazione del territorio. Insieme ai facchini della logistica che mettendoci la faccia lottano per conquistare dignità nei posti di lavoro e con tutti quei lavoratori e  quegli studenti che non sono disposti a cedere alle politiche di smantellamento dei diritti. Insieme ai migranti perché il Mediterraneo non sia un mare di morti, perché i confini esterni così come tutte le barriere interne che ostacolano l’accesso ai diritti vengano abbattuti. Insieme a chi lotta per i beni comuni e contro le politiche di guerra.

Disobbediamo alla violenza del confine prima di tutto aprendo le porte dei nostri spazi a chi è per legge considerato illegale perché senza documenti di soggiorno per stare nel territorio e grazie al sostegno di tante e tanti apriamo spazi e possibilità di interventi che potrebbero sembrare impossibili. Lo facciamo perché prima di tutto abbattiamo i confini delle nostre menti e ci permettiamo di avere un sogno collettivo, un sogno su cui giorno dopo giorno lavoriamo, costruiamo e condividiamo.

Ma non siamo disposti a lavorare in silenzio perché non vogliamo creare spazi “protetti” ma possibilità di cambiamento reale  per tutte e tutti. In piazza come sempre con le nostre facce e le nostre voci, perché non succeda mai più che la Lega Nord sia a Reggio Emilia il 25 aprile. Non possiamo permetterlo, ben sappiamo da che parte stare. 

Non ci fermiamo di fronte a questo tentativo di arrestare un possibile processo di cambiamento, andiamo avanti se come ogni giorno fosse il 25 aprile, consapevoli che l’unico modo per essere liberi è liberarsi tutte e tutti insieme.

Andiamo avanti anche se ci dicono che la strada non c’è, perché siamo convinti che le strade si fanno camminando. Una firma non ci ferma!

Casa Bettola e Città Migrante

Per approfondire: http://www.globalproject.info/it/in_movimento/reggio-emilia-aq16-risponde-ai-provvedimenti-cautelari-previsti-per-il-corteo-del-25-aprile/17987

 

Ius Migrandi vs Mos Maiorum – 13 ottobre Io sto con la sposa

Lunedì 13 ottobre presso Cinema AlCorso (Corso Garibaldi, 12) ore 21
IO STO CON LA SPOSA – con la presenza di Gabriele Del Grande
regia di Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry, Antonio Augugliaro

La storia vera di un finto corteo nuziale per entrare in Europa
(http://www.iostoconlasposa.com/bulletin/it/press)
info: cittamigrante@gmail.com, 347/4184461
ingresso gratuito

Iniziativa promossa da Ass.Città Migrante, Lab Aq16, Casa Bettola,
Ga3-generazione articolo 3, Emergency-Reggio Emilia,
in collaborazione con
Cinema AlCorso, Cinema Olimpia e Cinema Jolly di Reggio Emilia

 NOTA A CURA DELL’ASSOCIAZIONE CITTA’ MIGRANTE

Venuti a conoscenza della realizzazione di questo progetto cinematografico, abbiamo partecipato alla campagna di crowdfunding,
insieme a tanti altri nel mondo ed in particolare con alcune realtà del nostro territorio ,  affinché il film-documentario “Io sto con la sposa” potesse essere prodotto e visto da più persone possibili, anchenella nostra città. Lo abbiamo fatto perché “Io sto con la sposa” è la storia vera di un finto corteo nuziale per entrare in Europa.  Un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano incontrano a Milano cinque palestinesi e siriani sbarcati a Lampedusa in fuga dalla guerra, e decidono di aiutarli a proseguire il loro viaggio clandestino verso  la Svezia.  Per evitare di essere arrestati come contrabbandieri però, decidono di mettere in scena un finto matrimonio coinvolgendo un’amica palestinese che si travestirà da sposa, e una decina di amici italiani e siriani che si travestiranno da invitati.
Lo abbiamo fatto perché “Io sto con la sposa” racconta del confine, di come il confine agisce sulla vita delle persone il cui passaporto non vale nulla. Lo abbiamo fatto perché “Io sto con la sposa” è la messa in pratica della violazione del confine che avviene attraverso la disobbedienza. Qualcuno ha deciso di farlo, di rischiare, di metterci la faccia. Noi siamo con loro, noi stiamo con la sposa.
Siamo a pochi giorni di distanza dall’anniversario della strage di Lampedusa del 3 ottobre in cui persero la vita 368 persone, e da
allora ad oggi sono morte altre 4000 persone nel tentativo di raggiungere la porta d’Europa. Chi sono queste persone e perché
rischiano la vita per arrivare in Europa? Sono uomini donne e anche bambini, hanno un nome e un cognome, e a volte sarebbe necessario elencarli tutti, uno ad uno. Scappano da paesi in guerra (guerre alimentate anche dai paesi occidentali), in  cui la loro incolumità è messa a rischio o non esistono nei loro paesi di origine prospettive di vita dignitosa. Arrivano via mare perché non hanno possibilità di avere un visto per entrare regolarmente. Il viaggio per arrivare in Europa è lungo,  pericoloso e nelle mani dei trafficanti, non c’è altra possibilità. Questo è il percorso di chi richiede asilo in Europa. Perché la legge sull’immigrazione  mpedisce loro canali di accesso regolare.
E proprio il 13 ottobre, a pochi giorni di distanza dall’anniversario della strage di Lampedusa e giorno della proiezione di “Io sto con la sposa” a Reggio Emilia, avrà il via l’operazione “Mos Maiorum”. Questa operazione, messa in campo dalle polizie di tutti gli stati membri dell’UE (18.000 poliziotti) sotto il coordinamento del Ministero degli Interni italiano ed il patrocinio di Frontex, dal 13 al 26 ottobre, ha l’obbiettivo di fermare e di schedare il maggior numero possibile di migranti “irregolari”per scoprire come sono riusciti ad arrivare e come si spostano all’interno dell’area dell’ Unione Europea. In questo modo, secondo il Consiglio Europeo sarà possibile” indebolire la capacità organizzativa del crimine organizzato nel favoreggiamento
dell’immigrazione illegale”. Arrestare le vittime per colpire i trafficanti sotto il nome di Mos Maiurom (tradotto “i valori degli
antenati”). Se le persone potessero arrivare in Europa legalmente e in sicurezza, tra l’altro con costi inferiori rispetto a quelli che sono costrette a sostenere per i viaggi clandestini, non lo farebbero? Il regolamento di Dublino inoltre obbliga a chiedere asilo nel primo paese di arrivo, impedendo così ad esempio ad una persona arrivata e schedata in Italia di ricongiungersi con i propri amici o parenti in Svezia. E quindi, se poi, queste stesse persone potessero spostarsi liberamente nei paesi UE e scegliere dove e con chi vivere non lo farebbero? E allora che senso avrebbero di esistere le organizzazioni criminali che organizzano i viaggi per l’Europa e dentro l’Europa? Ma sappiamo che sulla pelle dei migranti si giocano da sempre partite importanti.
Per questo ci mobilitiamo insieme a tante e tanti altri per abbattere le frontiere esterne che producono morte e per rompere i confini interni che impediscono l’acceso ai diritti fondamentali, come il diritto all’abitare, il diritto alla salute, il diritto ad
un’accoglienza degna. E oggi in occasione della proiezione “Io so con la sposa” disobbediamo all’operazione Mos Maiorum, insieme a tante e tanti altri con la maxi campagna che attraverserà ogni confine d’Europa proteggendo chi le polizie europee vorrebbero arrestare, controllare, studiare, offrendogli sostegno, assistenza, informazioni e supporto.

Ius Migrandi vs Mos Maiorum- L’Europa oltre l’Europa è tutta da costruire

#IusMigrandi vs #MosMaiorum- Il materiale informtivo e la social campaign

#IusMigrandi vs#MosMaoiorum- Offri il tuo supporto per porteggere i migranti

Assemblea per il diritto all’abitare Merc 2 luglio

assemblea casa 2 luglioMercoledì 2 luglio alle ore 21.00 assemblea pubblica presso Casa Bettola, via Martiri della Bettola n°6, (RE) perché non bastano l’indignazione ed il cordoglio per una morte ingiusta, perché vogliamo affermare il diritto alla casa, perché Reggio Emilia diventi la città che vogliamo.

Alla fine è accaduto, dopo aver perso la casa una persona ha anche perso la vita. Dopo il 23 giugno non è più possibile nascondere come il diritto all’abitare per tante persone stia diventando un diritto negato, anche nella nostra città.

Dopo anni di crisi, sistemica e strutturale, non si può parlare di un “emergenza”; è da tempo che stiamo vivendo un profondo processo di impoverimento e precarizzazione di tutta la nostra esistenza, che spinge sempre più persone verso l’esclusione sociale. Il modello di sviluppo capitalista, che dal 1999 ha provocato un’urbanizzazione spropositata a Reggio Emilia, ha riempito le tasche degli speculatori piuttosto che garantire il diritto all’abitare.

Nella nostra città il numero degli alloggi popolari è di gran lunga inferiore sia alle migliaia di abitazioni sfitte, disabitate e lasciate in stato di abbandono, sia alle richieste di alloggio, basta guardare il biennio 2010-2011: su 951 richieste sono state solo 67 le abitazioni assegnate.

Il caso Boldrini è emblematico, è l’esempio della disperazione che attanaglia centinaia di famiglie, sia italiane che migranti, morosi incolpevoli che a causa della crisi si sono ritrovati in una spirale che li ha rapidamente privati dei diritti fondamentali per poter definire la propria vita degna. Dopo aver perso il lavoro ed essere rimasto senza reddito diventa impossibile pagare affitto ed utenze, così si finisce vittime di pignoramenti e sfratti.

Le misure messe in atto dal welfare cittadino, come affitti agevolati, pagamento delle utenze da parte di servizi sociali e Comune e sistemazione delle famiglie in hotel, sono inefficaci ed onerose, tendono solo a tappare pochi buchi senza pensare ad una reale soluzione del problema.

Questo perché da una parte si è sempre creduto (e voluto far credere) che Reggio Emilia non soffrisse di questo problema, relegandolo ad una piccola parte della popolazione; ma con l’acuirsi della crisi, il “caso sporadico” è diventato sempre più una prassi; dall’altra parte perché è stata messa davanti a tutto la tutela degli interessi dei privati, come i grandi proprietari immobiliari e le imprese edili, salvandosi la faccia con qualche misura di carattere emergenziale.

Per affrontare la questione abitativa a livello cittadino non possiamo prescindere da un contesto più ampio. Il recente Piano Casa del premier-rottamatore in sostanza tende ad una tutela del privato: se si guarda oltre i numeri sbandierati (ma è già emerso che i fondi stanziati annualmente saranno di molto inferiori) e gli specchietti per le allodole, come l’incremento degli alloggi a canone concordato e la promessa del recupero degli alloggi fatiscenti, l’articolo 5 lede in maniera brutale il sacrosanto diritto delle persone ad avere accesso ai beni primari, quali acqua ed elettricità e non da ultimo la residenza, qualora si vedano costrette ad occupare una casa per necessità.

Nella realtà dei fatti i fondi disposti per il diritto all’abitare sono meno che in passato: se facciamo un confronto con i provvedimenti di 15 anni fa, di fronte ad un numero di sfratti esecutivi tre volte superiore oggi, le famiglie meno abbienti hanno a disposizione risorse tre volte inferiori.

Per fronteggiare il problema e superare il paradosso di “case senza persone e persone senza casa” crediamo sia necessario trasformare radicalmente l’esistente, capovolgendo il modello di sviluppo della città: recuperare e riqualificare gli immobili sfitti, contrastando la cementificazione ed il consumo di suolo, dando anche la possibilità alle stesse persone che sono rimaste senza casa di poter lavorare al loro ripristino; utilizzare i beni confiscati alla malavita per dare spazio a chi ne ha bisogno; garantire le utenze minime ai morosi incolpevoli; riconoscere la residenza di tutte le persone senza casa che vivono nel territorio cittadino per poter accedere ai servizi sanitari e sociali. E’ inoltre necessario il blocco degli sfratti e la requisizione degli immobili sfitti perché la vita vale molto più della proprietà privata!

Invitiamo tutte e tutti ad un assemblea pubblica mercoledì 2 luglio alle ore 21.00 presso Casa Bettola, via Martiri della Bettola n°6, perché non bastano l’indignazione ed il cordoglio per una morte ingiusta, perché vogliamo affermare il diritto alla casa, perché Reggio Emilia diventi la città che vogliamo.

Casa Bettola, Ass. Città Migrante, Laboratorio Aq16, Pollicino Gnus, GA3, Comitato Provinciale Acqua Bene Comune – Reggio Emilia

 

 

 

La lingua è un diritto non una barriera!

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Il prossimo 6 giugno le alunne e gli alunni delle scuole di Italiano dell’associazione Città Migrante, insieme a tante e tanti migranti dovranno affrontare il test per il raggiungimento del livello A2 di conoscenza della lingua italiana, che le attuali politiche in tema di immigrazione hanno reso obbligatorio per il rilascio dei documenti di soggiorno.
Da sempre nelle nostre aule, ancor prima di verbi e coniugazioni, si parla di diritti e se ne parla insieme a chi tutti i giorni si vede questi diritti negati.
Anche quest’anno abbiamo scelto di seguire queste persone nella preparazione al superamento del test e ci auguriamo che lo superino.
Ma anche quest’anno non festeggeremo!
Noi crediamo che non ci sia nulla da festeggiare nel fatto che una persona si trovi costretta a superare degli esami per poter vivere nel paese in cui ha scelto di vivere o in cui è costretta a farlo per necessità.
Noi crediamo che conoscere la lingua del paese in cui si è scelto di vivere sia un diritto fondamentale e non un obbligo o ancor peggio un ricatto al quale diventa impossibile sottrarsi.
Nelle nostre aule, insieme alle nostre alunne e ai nostri alunni si parla di questo e di tanti altri diritti che ogni giorno vengono silenziosamente negati ai migranti.
Durante questi anni, superando dubbi e paure , insieme a loro abbiamo capito che era giunto il momento che le nostre voci uscissero fuori dalle aule.
Pian piano abbiamo cominciato a riempire le piazze, camminando insieme ad altre donne, uomini e bambini.
Tante lingue diverse, tante voci che insieme chiedono Diritti e Dignità per tutte e tutti.

Le insegnanti e gli insegnanti delle scuole di Italiano dell’associazione Città Migrante

per approfondire: Diritto all’istruzioneTratto da La città che vogliamo a cura di Ass. Città Migrante, Casa Bettola. Lab aq16

Una nuova occupazione abitativa -Il nostro piano casa: recuperare le case abbandonate per recuperare diritti e dignità!

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Le video interviste

Federica- Ass. Città Migrante

Dansa – un abitante della nuova casa occupata

Makan un abitante della nuova casa occupata

Doten- un abitante della nuova casa occupata

 

Questa mattina, mentre nel centro di Reggio Emilia si monta il palco per Matteo Renzi, in periferia della città una casa abbandonata è stata occupata e restituita alla collettività. In occasione della visita del presidente del Consiglio ci siamo riappropriati del diritto all’abitare, presentando il nostro piano casa: recuperare le case vuote per recuperare diritti e dignità.

La casa di via Gramsci 44 si trova nell’Area Nord, una parte della città che più di altri rappresenta il nuovo cantiere della rendita immobiliare e finanziaria. Con l’apertura di una delle tante case abbandonate di questo territorio, che scorre tra la stazione dell’Alta Velocità  e i ponti di Calatrava, ribadiamo che l’unica grande opera che vogliamo è casa e reddito per tutti.

Durante la mattina i nuovi abitanti della casa, cinque profughi della cosiddetta emergenza nord-africa del 2011, hanno iniziato il lavoro di recupero dello stabile, praticando un’alternativa alla città in cui migliaia di case sono vuote mentre sempre più persone sono costrette a dormire in strada.

Non ci siamo solo riappropriati di una casa, ma del diritto alla città, inteso come diritto collettivo di determinare lo sviluppo e la gestione del territorio che abitiamo. Perché oggi per garantire una casa per tutte e tutti è necessario un vero è proprio cambio di paradigma; recuperando il patrimonio immobiliare esistente invece di consumare altro suolo, riconvertendo gli immobili confiscati alla malavita in uso abitativo e sociale, bloccando gli sfratti esecutivi e riconoscendo la residenza di tutte le persone senza casa che vivono nel territorio cittadino per poter accedere ai servizi sanitari e sociali.

Per fare questo siamo consapevoli che non possiamo prescindere dallo scenario Europeo e le politiche della Troika: politiche che determinano il governo locale, allargando sempre di più lo spazio del mercato;  ristringendo lo spazio dei diritti, redistribuendo la ricchezza e le opportunità verso l’alto, scaricando i costi sociali e ambientali verso il basso.

Partiamo quindi da qui per collegarci ad altri territori in lotta durante la settimana di mobilitazione Europea dal 15 al 25 maggio, guardando verso la mobilitazione transnazionale del 11 luglio a Torino.

Come sempre questo è solo un nuovo inizio.

Città Migrante, Casa Bettola, Laboratorio AQ16

Per sostenere l’occupazione in via Gramsci 44 è importante il contributo di tutti. Al momento stiamo cercando: 5 reti, 5 materassi, 1 tavolo, 1 stufa a legna, mobilio da cucina, sedie, comodini, tavolini, cuscini, lenzuola, coperte, biciclette  tel 3498766244, mail cittamigrante@gmail.com