APPELLO PER UN CANALE UMANITARIO? PORTIAMOLO INSIEME SUL TAVOLO DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 24 E 25 OTTOBRE

In attesa di incontrarci a Lampedusa l’ass. Città Migrante invierà l’appello per l’apertura di un canale umanitario fino all’Europa al tavolo del Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre.

E’ di un’altra Europa che abbiamo bisogno!

Tratto dal sito del Progetto Melting Pot Europa

L’appello per un canale umanitario? Portiamolo insieme sul tavolo del Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre

Inviamo migliaia di mail a presse.centre@consilium.europa.eu o portiamo l’appello ad uffici Ue o ambasciate

In oltre 20.000 abbiamo chiesto l’immediata apertura di un canale umanitario fino all’Europa come risposta a quanto avvenuto lo scorso giovedì 3 ottobre nelle acque del Canale di Sicilia.
Tutti l’hanno invocato, lo hanno ipotizzato, ma nessuno dei governi europei ha voluto attuarlo concretamente.

Il prossimo 24 e 25 ottobre i Capi di Stato dei Paesi Membri si riuniranno a Bruxelless. Tra gli argomenti all’ordine del giorno ci sarà anche quanto accaduto a Lampedusa: si discuterà, dicono, di prevenzione, cooperazione, solidarietà e protezione internazionale.

Ma quale idea di prevenzione hanno i Governi europei? Quale idea di cooperazione? Quale idea di solidarietà? Quale idea di protezione dei rifugiati?
Lo abbiamo già sentito in queste settimane. E se prevenire significa mantenere questo sistema mortale di leggi nazionali e confini, se cooperare significa stringere accordi bilaterali che blocchino le partenze di chi invece fugge da guerre e persecuzioni, se solidarietà significa ingabbiare i rifugiati nel sistema Dublino, se proteggere i rifugiati significa affidare ai radar militari la possibilità di salvare vite umane in mare (sempre che abbiano la fortuna di essere individuate), è di un’altra Europa che abbiamo bisogno.

Abbiamo raccolto attraverso il nostro sito migliaia di sottoscrizioni, ma non saremo noi soli a parlare per tutti.

Il 24 e 25 ottobre, in concomitanza con il vertice europeo dei capi di stato l’appello inviamolo insieme, tutti i firmatari, all’indirizzo di posta elettronica del Consiglio europeo, presse.centre@consilium.europa.eu l’appello per l’apertura di un canale umanitario fino all’Europa oppure consegnamolo alle ambasciate, agli uffici UE, alle Prefetture.

Un altro modo per muoverci collettivamente in attesa di incontrarci.

Vai:
- al testo dell’appello da inviare via mail

Scarica: :
- Il testo dell’appello da allegare alla mail

APPELLO PER L’APERTURA DI UN CANALE UMANITARIO PER IL DIRITTO DI ASILO EUROPEO

Ieri Scicli, oggi Lampedusa, ma non solo. Ormai migliaia di persone hanno perso la vita per raggiungere il nostro paese. Quasi mai sperando di restarci, sempre sognando di raggiungere un luogo in cui vivere sia concesso.
Ogni giorno parliamo attraverso i progetti della nostra associazione con chi è riuscito ad arrivare nelle nostre città, nelle nostre fabbriche, nelle nostre strade. Sappiamo che l’intero viaggio che porta in Europa è rischioso per le vite di chi lo intraprende, fatto di tratta e di sfruttamento, così come la permanenza in Europa, una permanenza clandestina che arricchisce gli sfruttatori. Perché i migrati non muoiono solo in mare.

Da anni, insieme a tanti altri ci mobilitiamo, lottiamo per il riconoscimento dei diritti di tutte e tutti per una vita libera dallo sfruttamento, contro le legge Bossi Fini che produce clandestinità, lavoro nero, sfruttamento e morte.

Abbiamo lottato con tante e tanti altri insieme ai profughi provenienti dalla Libia per l’ottenimento di un titolo di soggiorno, per la residenza nella nostra città e ancora oggi siamo al loro fianco per costruire insieme un futuro degno.

Oggi le lacrime per i morti di Lampedusa sono piene di rabbia per una tragedia che poteva essere evitata e di cui non vogliamo essere complici.

Lampedusa lo sa, non è un reato migrare.

Ai Ministri della Repubblica, ai presidenti delle Camere, alle istituzioni europee, alle organizzazioni internazionali

A cadenza ormai quotidiana la cronaca racconta la tragedia che continua a consumarsi nel mezzo del confine blu: il Mar Mediterraneo.
Proprio in queste ore arriva la notizia di centinaia di cadaveri raccolti in mare, ragazzi, donne e bambini rovesciati in acqua dopo l’incendio scoppiato a bordo di un barcone diretto verso l’Europa.
Si tratta di richiedenti asilo, donne e uomini in fuga da guerra e persecuzioni, così come gli altri inghiottiti da mare nel corso di questi decenni: oltre 20.000.

Lo spettacolo della frontiera Sud ci ha abituato a guardare l’incessante susseguirsi di queste tragedie con gli occhi di chi, impotente, può solo sperare che ogni naufragio sia l’ultimo. Come se non vi fosse altro modo di guardare a chi fugge dalla guerra che con gli occhi di chi attende l’approdo di una barca, a volte per soccorrerla, altre per respingerla, altre ancora per recuperarne il relitto.
Per questo le lacrime e le parole dell’Europa che piange i morti del confine faticano a non suonare come retoriche.

Perché l’Europa capace di proiettare la sua sovranità fin all’interno del continente africano per esternalizzare le frontiere, finanziare centri di detenzione, pattugliare e respingere, ha invece il dovere, a fronte di questa continua richiesta di aiuto, di far si che chi fugge dalla morte per raggiungere l’Europa, non trovi la morte nel suo cammino

Si tratta invece oggi di “esternalizzare” i diritti. Di mettere la bando la legge Bossi-Fini e aprire invece, a livello europeo, un canale umanitario affinché chi fugge dalla guerra possa chiedere asilo direttamente alle istituzioni europee in Libia, in Egitto, in Siria o lì dove è necessario (presso i consolati o altri uffici) senza doversi imbarcare alimentando il traffico di essere umani e il bollettino dei naufragi.
Nessun appalto dei diritti, nessuna sollevazione di responsabilità ai governi europei, piuttosto la necessità che l’Europa si faccia veramente carico di evitare queste morti costruendo una presenza diretta e non terza che, fin dall’interno dei confini africani, possa raccogliere le richieste di chi chiede protezione per poi accogliere sul suolo europeo chi fugge ed esaminare qui la sua domanda.

Alle Istituzioni italiane, ai Presidenti delle Camere, ai Ministri della Repubblica, chiediamo di farsi immediatamente carico di questa richiesta.
Alle Istituzioni europee di mettersi immediatamente al lavoro per rendere operativo un canale umanitario verso l’Europa.
Alle Associazioni tutte, alle organizzazioni umanitarie, ai collettivi ed ai comitati, rivolgiamo l’invito di mobilitarsi in queste prossime ore ed in futuro per affermare
IL DIRITTO D’ASILO EUROPEO

ANALFABETISMO PARALISI E CURA PER L’ITALIA

L’associazione Città Migrante invita a sottoscrivere l’appello perchè l’istruzione è un diritto che deve essere garantito a tutte e tutti!

Articolo tratto dal sito dal Progetto  Meltingpot Europa

Analfabetismo : paralisi e cura per l’Italia

L’appello al Ministro dell’ Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza e al Ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge

L’appello “Analfabetismo: paralisi e cura per l’Italia” si colloca all’interno di una campagna di sensibilizzazione sull’analfabetismo curata da un gruppo di insegnanti che lavorano nei Centri Territoriali di educazione Permanente di varie città dell’Emilia Romagna che in questi ultimi anni hanno visto crescere il numero delle persone analfabete che frequentano le loro scuole. Hanno potuto constatare le enormi difficoltà degli analfabeti adulti nell’apprendere la lingua e nel muoversi in modo autonomo in Italia oggi. Hanno assistito alle loro bocciature ai test obbligatori di lingua per l’ottenimento del permesso di soggiorno di lungo periodo (l’ art 9, comma 2-bis, del Testo Unico in materia di Immigrazione, disciplinato dal Decreto del Ministero dell’Interno del 4 giugno 2010, prevede, tra i requisiti necessari ai fini del rilascio del pds CE per soggiornanti di lungo periodo, il superamento di un test di lingua italiana), con una conseguente negazione di alcuni diritti fondamentali per accedere ai quali la Repubblica dovrebbe in teoria offrire strumenti integrativi a chi ha più bisogno.
Sarebbe necessario organizzare un sistema capillare e strutturato di insegnamento della lingua italiana ai cittadini di origine straniera, con una attenzione specifica alle fasce più deboli di apprendenti. È invece evidente che le nuove normative per l’integrazione, così come il recente DPR sul piano di riassetto dei CTP, vanno profilando una serie di interventi non adeguati ai problemi dei più deboli, alle tematiche del diritto allo studio ed alle raccomandazioni sulle disabilità derivanti da svantaggi socioeconomici, linguistici, culturali rimarcate anche nella nuova direttiva ministeriale del 28 dicembre 2012 sui Bisogni Educativi Speciali.
Questi docenti, affiancati da alcune scuole di italiano legate al mondo dell’associazionismo, vorrebbero con questo appello segnalare una situazione di sofferenza che deve prevedere con urgenza risposte adeguate a livello istituzionale.

ll testo dell’appello:
“Analfabetismo: paralisi e cura per l’Italia”

- al Ministro dell’ Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza

- al Ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge
e per conoscenza: – alle autorità italiane ed europee che hanno responsabilità
nell’ambito dell’alfabetizzazione degli adulti

- alle persone, comunità e organizzazioni interessate alla tutela dei diritti umani

Per sottoscrivere l’ appello: http://chn.ge/19LWMnl

Si attendono per ottobre 2013 i dati completi dell’indagine PIAAC – OCSE (2010-2013); per ora l’indagine pilota colloca l’Italia agli ultimi posti con un 5% della popolazione tra i 16 e i 65 anni che non è in grado di leggere una semplice parola, cioè è analfabeta totale e un 33% che non è in grado di leggere o scrivere una semplice frase.
Oltre a coloro che sono italiani e figli di italiani, fra gli stranieri (sia adolescenti che adulti), ve ne sono alcuni che non sono in grado di leggere e scrivere né la propria lingua madre né la lingua del paese nel quale sono emigrati, altri sono debolmente alfabetizzati in una lingua con un alfabeto che spesso ha caratteri diversi da quelli latini, altri sono in grado di riconoscere lettere, parole e più raramente semplicissime frasi in italiano (si trovano cioè a stadi diversi di semi analfabetismo) ma queste competenze non sono sufficienti per affrontare i compiti di lettura e scrittura che la vita quotidiana richiede, anche quando la competenza orale è discreta.
Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (Consiglio d’Europa, 2001) considera l’acquisizione delle competenze alfabetiche come prerequisito già posseduto; necessita dunque di una consistente integrazione al di sotto del livello A1 per quanto riguarda le competenze di lettura e scrittura strumentali.
A livello istituzionale la voce “adulti analfabeti” quali risorse riceve in Italia? Quanti insegnanti, quali e quanti percorsi, quante ore, quante classi, quale ricerca, quale formazione, quali materiali didattici? Manca una letteratura sui livelli, sui tempi e sulle problematiche di chi si trova a dover imparare l’italiano come L2 a partire da una situazione di analfabetismo.
In diverse città si sono verificate talvolta situazioni di vera e propria esclusione istituzionale, ed è stato impedito agli analfabeti l’accesso ad un percorso formativo. Anche là dove non si verifica un’ostilità esplicita, a volte si registrano situazioni di “parcheggio” che, non fornendo strumenti adeguati, conducono le persone all’abbandono dei corsi. Coloro che hanno ricevuto pochissime o nessuna opportunità di istruzione dovrebbero ricevere, secondo l’articolo 3 della Costituzione, maggiori opportunità e risorse.
Non essere in grado di leggere e scrivere significa dover dipendere da altri per molte operazioni quotidiane, e quindi perdere la propria autonomia di adulti per il soddisfacimento dei bisogni elementari: iscrivere un figlio a scuola e seguirne il percorso, pagare il ticket di una visita medica e comprendere le istruzioni relative ai farmaci, acquistare un biglietto per il trasporto pubblico da una macchinetta. Vivere in una comunità, valutarne le scelte, eleggere coloro che la governeranno, poter utilizzare la lettura e la scrittura per la crescita ed il benessere proprio e altrui sono azioni altrettanto essenziali alla vita di un adulto.
Nel non occuparci tempestivamente di questa emergenza, mettiamo in pericolo l’intero paese. L’ Australia e gli Stati Uniti hanno calcolato che mantenere nell’analfabetismo fasce consistenti della popolazione adulta, oltre ad incidere in modo profondamente negativo sul benessere della vita sociale, ha un costo elevatissimo soprattutto nel settore sanitario e in quello occupazionale.
Sono due le situazioni dell’istruzione degli adulti che sono in conflitto con l’articolo 26 della dichiarazione dei diritti dell’uomo. La prima riguarda l’acquisizione del titolo di studio minimo. Il DPR 4.10.2012 considera come primo gradino dell’istruzione degli adulti l’ottenimento della licenza media, ignorando quasi completamente il percorso di alfabetizzazione che la deve precedere. La seconda situazione riguarda l’ottenimento del livello A2 di conoscenza della lingua italiana (obbligatorio per il soggiorno di un migrante). Nelle nuove linee guida per i CPIA non si considera la situazione di partenza degli studenti: sono indicate 200 ore sia per il plurilaureato che per l’analfabeta, e sappiamo bene che “non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra diseguali”.
Chiediamo quindi al Governo italiano, e in particolare:
al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza
al Ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge
i seguenti impegni nell’ambito dell’istruzione degli adulti :

1. Diffondere a livello capillare su tutto il territorio nazionale le opportunità formative per gli adulti, in particolare i corsi di alfabetizzazione e di italiano L2 all’interno di un sistema di apprendimento permanente che realizzi le raccomandazioni europee relative al lifelong learning

2. Aumentare il numero dei docenti alfabetizzatori e insegnanti di italiano L2 (potenziandone la formazione) affinché possano rispondere alle esigenze di alfabetizzazione che attualmente non trovano risposte istituzionali, e affinché possano occuparsi stabilmente delle esigenze formative delle quali si sta occupando in modo estemporaneo il volontariato, da coinvolgere positivamente in supporto all’offerta pubblica e non in alternativa ad essa

3. Definire in modo condiviso a livello nazionale livelli di alfabetizzazione al di sotto del livello A1 del Quadro Comune Europeo con descrittori che permettano:

- l’individuazione di tutto il percorso graduale delle abilità e delle competenze necessarie per passare dalla situazione di analfabetismo totale ad una competenza alfabetica strumentale prima e funzionale poi
- la creazione di percorsi istituzionali relativi alle competenze alfanumeriche inferiori alla
licenza media
- la predisposizione di risorse, pacchetti orari e formazione docenti adeguati
- la certificazione dei livelli di alfabetizzazione raggiunti
- la trasparenza e l’efficacia dell’ente formatore

4. Rivedere l’attuale legislazione interministeriale sull’integrazione (decreto 04.06.2010; DPR 179 14.09.2011) attualmente in vigore, elaborando proposte normative che mirino ad un incremento della competenza comunicativa dei migranti in lingua italiana e che favoriscano un’interazione interculturale che arricchisca il benessere della vita e delle relazioni per l’intera comunità nazionale, nell’ottica di un percorso finalizzato alla piena cittadinanza

5. Potenziare il raccordo tra le Università e i Centri per l’istruzione degli adulti, favorendo la ricerca sul tema e la condivisione delle buone prassi, anche con appuntamenti costanti per l’approfondimento e lo scambio attraverso seminari nazionali e regionali in rete

6. Creare opportunità complementari al sistema scolastico che aiutino la popolazione non alfabetizzata (sia migrante che autoctona) ad uscire dalla condizione invalidante dell’analfabetismo: biblioteche con supporti specifici per la lettura di coloro che sono debolmente alfabetizzati, programmi televisivi dedicati, siti e app creati specificamente per l’alfabetizzazione degli adulti

per contatti: paola.casi@italianoperme.it ; reggioliteracy@gmail.com

Occupazione di alcuni profughi dalla Libia

Oggi alcuni profughi provenienti dalla Libia hanno occupato uno stabile abbandonato da anni in via Gorizia 12 mossi dalla necessità di avere un posto al riparo in cui dormire.Queste persone, tre di origine pakistane ed uno originario del Mali, dopo il decreto di fine “emergenza nord Africa” si sono trovati in una situazione di grave emergenza abitativa e hanno scelto, a differenza di molti altri profughi nella stessa loro condizione che hanno cercato fortuna altrove, di rimanere nel territorio di accoglienza dove hanno costruito un minimo di relazione e conoscenza con la città.

Sono arrivate ormai da due anni nella nostra provincia, in fuga dalla guerra in Libia, in attesa di un permesso di soggiorno per oltre un anno e mezzo vincolati da questa condizione giuridica che ha impedito una reale possibilità di un percorso di vita autonoma.

La cosidetta “Emergenza Nord Africa”, piano di accoglienza nazionale che nel 2011 “distribuì” sull’intero territorio nazionale poco più di 20000 profughi arrivati dalla Libia durante il conflitto e sbarcati nell’isola di Lampedusa, ha mostrato da più versanti esiti fallimentari e pochi casi di reale riuscita. Infatti vediamo come da profughi di guerra, molti siano diventati senza fissa dimora e migranti da una città all’altra. Da Reggio Emilia a Bologna, da Catania a Reggio Emilia e via dicendo…

Oggi si ritrovano ad ingrossare le file dei già tanti senzatetto e queste quattro persone hanno dato voce al loro grido di dignità con questa occupazione.

Abbiamo seguito la vicenda “emergenza nord Africa” fin dall’inizio, favorendo percorsi di interazione e conoscenza con il territorio ma anche supportando i profughi nelle loro battaglie, dal riconoscimento della residenza all’ottenimento del titolo di viaggio.

Oggi nello specifico appoggiamo questa occupazione e invitiamo tutte le persone che come noi credono che avere un posto in cui dormire sia il minimo diritto per qualsiasi essere umano a portare la propria solidarietà, sia con parole e se possibile con materiale di prima necessità come: brandine, lenzola, sacchi a pelo, materassi, taniche per l’acqua, fornelli e lampade da campeggio, torce…

Noi ci siamo, vi aspettiamo.

per contatti
3662063822
cittamigrante@gmail.com

Associazione Città Migrante, Laboratorio aq16

intervista a Kalilou

intervista a Zaman

I quattro profughi hanno indetto per martedi’ 30 aprile un’assemblea pubblica alle ore 20 in via gorizia 12 per spiegare la loro situazione

1° MAGGIO 2013 “TEMPO DI CRISI TEMPO DI RIVOLUZIONE”

Corteo cittadino ore 14.30 a Porta S.Pietro
(Reggio Emilia)

Sesto anno di crisi economica, un sesto anno in cui abbiamo assistito all’acuirsi e all’aumentare delle crisi nella crisi. La concatenazione di crisi che stiamo subendo da troppo tempo è arrivata ad un punto senza ritorno, la pressione del potere dall’alto e da destra cerca di determinare le nostre vite verso la povertà, verso la perdita totale di diritti: dal lavoro alla sanità, dall’istruzione alla mobilità non si salva niente, la scure dell’austerità e del “bene del paese” non lascia respiro a quanti, giorno dopo giorno, lottano per restare a galla, per arrivare alla fine del mese, per mantenere una vita degna e per non restare incastrati nelle maglie dello sfruttamento e del disastro ambientale.

Il teatrino al quale abbiamo assistito in questi ultimi sessanta giorni, dalla formazione del governo alla farsa dell’elezione del Presidente della Repubblica, ci consegnano un quadro misero e tetro in cui le lobby di potere e gli attori principali della governance del paese hanno definitivamente gettato la maschera. Dalla politica istituzionale alle parti sociali confederali sono state spese soltanto parole vuote e prive di ogni ancora con la realtà: l’unico dato di fatto che vediamo è il mantenimento dei propri privilegi a discapito dei diritti di tutti.
In questi sessanta giorni che hanno sconvolto il quadro istituzionale del paese si è assistito a quanto di peggio ci si potesse immaginare. Il PD si è suicidato sotto i colpi del suo zoccolo duro conservatore in un’ ottica di disperata sopravvivenza e la sua classe dirigente ci ha dato per l’ennesima volta la dimostrazione di ciò che deve per forza succedere: la continuità delle politiche del governo Monti e dei dettami della troika non può essere sacrificata sull’altare del cambiamento, tutto deve restare così com’è… l’Europa ed i mercati lo esigono.

Non da meno è stato il fronte del lavoro, i sindacati confederali e Confindustria che si siedono al tavolo per negoziare la fine della conflittualità nel mondo del lavoro subordinato. CGIL, CISL e UIL hanno così definitivamente sacrificato i lavoratori e le loro rivendicazioni per il mantenimento delle proprie burocrazie sindacali.

In questo quadro desolante è descritto l’intero declino politico e sociale del paese.
Le vecchie strutture stanno venendo spazzate via dall’incapacità e dall’inadeguatezza che fin qui hanno dimostrato, ma noi non affonderemo con loro. Non staremo a guardare mentre, giorno dopo giorno, distruggono le nostre vite.

Reddito, casa, lavoro degno, sanità gratuita, scuola pubblica e di qualità sono diritti non negoziabili, tantomeno sacrificabili sull’altare della ferocia del capitale e della sete di profitto di pochi. Gli ultimi anni ci hanno consegnato una parte di cittadinanza attiva che non ci sta, che lotta e che ogni giorno pratica quel conflitto in grado di strappare ciò che le spetta.
E’ il momento di forzare l’orizzonte. Incominciare a tessere il filo della ricomposizione sociale, dentro e tra quella moltitudine di sfruttati ed esclusi che, dal basso e a sinistra, si organizzi in autonomia per costruire l’alternativa al sistema economico politico e sociale delle banche.

Il 1 maggio 2013 ritorniamo in piazza perché non possiamo più accettare che questa sia la data in cui le burocrazie politiche e sindacali sfilano per Reggio Emilia celebrando per l’ennesima volta un mondo che non esiste più.
Oggi come non mai è attuale il “que se vayan todos” che, nel 2001, urlava il popolo argentino vittima del crack neoliberista nelle piazze di Buenos Aires.
Il primo maggio 2013 il nostro grido “ANDATEVENE VIA TUTTI” sarà per gli inamovibili ed inutili baroni della politica, del PD, dei confederali, della cooperazione marcia, dei banchieri e degli industriali.

Abbiamo un’idea di mondo da mettere in pratica e lo agiamo quotidianamente a partire dai nostri spazi liberati dalle logiche del mercato e della speculazione dove studenti, precari, migranti, famiglie e piccoli coltivatori possono organizzarsi, progettare e agire forme di lotta, di partecipazione, di sperimentazione di economie diverse, senza delegare e senza tifare nessuno, ma protagonisti nell’azione e nel pensiero.
Non per creare oasi in questo deserto ma per aprire spazi di agibilità fuori dalle logiche dello sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente e per dei diritti che siano per tutte e tutti.
Per questo, proprio a partire dal 1 maggio siamo stati e continueremo ad esserci, al fianco di chi è definito illegale per legge, “clandestino”, sfruttabile proprio per la sua condizione giuridica e a partire da questo per definizione da sempre non rappresentato né dal mondo della politica né da quello dei sindacati confederali.

Noi ci siamo.

Laboratorio Aq16, CasaBettola, Studenti Autorganizzati, Ass. Città Migrante

PRESIDIO CON I MIGRANTI DALLA LIBIA- MART 26 FEBBRAIO

Martedi 26 febbraio l’ass. Città Migrante, Gruppo Emergnecy Reggio Emilia, Ass. Ga3 hanno lanciato un presidio insieme ai migranti provenienti dalla Libia accolti nella provincia di Reggio Emilia, davanti alla Prefettura (Corso garibaldi), ore 11.00

Tutte e tutti sono invitati a partecipare

Le associazioni ed i migranti hanno delle richieste e delle proposte precise rispetto a quella che dovrebbe essere la conclusione della gestione “Emergenza Nordafrica”.

La lettera inviata alla Prefettura di Reggio Emilia:

Oggetto: Richieste e proposte per conclusione gestione “Emergenza Nord Africa”

Scriviamo questa lettera in merito alla situazione che i migranti provenienti dalla Libia, accolti all’interno del Piano Emergenza Nordafrica vivono oggi. Mancano ormai pochissimi giorni dalla “chiusura emergenza umanitaria Nord Africa”, come confermato dalla Circolare del Ministero dell’Interno n. 1424 del 18 febbraio 2013, e le problematiche irrisolte sono ancora molte nonostante ormai chi è fuggito dal conflitto della Libia abiti da più di un anno e mezzo nel nostro paese e nello specifico nel comune e nella provincia di Reggio Emilia. In molti casi i comuni del nostro territorio sono stati positivamente attivi per vari aspetti dell’accoglienza, cercando almeno di ridurre le aberrazioni della fallimentare gestione complessiva emergenziale , oggetto anche di inchieste e reportage dell’Espresso, di Repubblica e del New York Times.
Nonostante questo rimangono irrisolte questioni importanti e urgenti:

1) Residenza
Come avevamo segnalato il Comune di Reggio Emilia, così come tanti altri comuni non riconosceva il diritto all’iscrizione anagrafica di queste persone se sprovviste di passaporto o titolo di viaggio. A seguito del documento della Prefettura di Reggio Emilia del 25/1/2013 prot n 0000505/AreaII con oggetto:” iscrizione anagrafica titolari di protezione internazionale/umanitaria”, il dirigente anagrafe del comune di Reggio Emilia, visto quel documento, ha ritenuto di essere nelle condizioni di poter procedere alle iscrizioni anagrafiche di tutte le persone accolte nel piano Emergenza Nord Africa titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari e titolari di protezione internazionale, anche se sprovviste sia di passaporto che di titolo di viaggio.
Il documento della Prefettura di Reggio Emilia è stato inviato a tutti i Comuni e dovrebbe quindi essere valido su tutto il territorio provinciale: nonostante questo, numerosi comuni della provincia non procedono all’iscrizione anagrafica delle persone nelle condizioni sopracitate.
Come è noto la residenza è un requisito fondamentale che permette o meno l’accesso ai servizi sociali locali ed ai diritti fondamentali della persona.
Per questo è urgente che la Prefettura faccia un monitoraggio della situazione nei comuni della provincia e solleciti gli inadempienti affinchè procedano al più presto (entro il 28/2/2013) all’iscrizione dei soggetti in questione, in conformità con le leggi vigenti relative al diritto-dovere di residenza.
In caso contrario, le autorità locali saranno responsabili dei disagi e degli ostacoli ad una normale e positiva permanenza sul territorio delle persone a cui lo stato italiano ha dato protezione, accogliendole per quasi due anni in strutture individuate dalle istituzioni stesse.

2) Titolo di viaggio
Ancora molte persone accolte nel piano Emergenza Nord Africa ad oggi non hanno né passaporto né titolo di viaggio. Siccome sono impossibilitate a chiedere il passaporto all’autorità diplomatiche del loro paese, è necessario che la Questura rilasci loro un titolo di viaggio. Molte Questure hanno già concesso il titolo di viaggio alle persone nelle medesime condizioni (protezione sussidiaria o umanitaria) di chi è inserito nel piano Emergenza Nord Africa della provincia di Reggio Emilia, per tutte le nazionalità (ad es. a Bologna tutti i cittadini nigeriani hanno ricevuto il titolo di viaggio).
Alla Prefettura si chiede di far presente alla Questura di Reggio Emilia la necessità di procedere in tal senso ed al più presto.

3) Chiusura Emergenza Umanitaria Nord Africa
Il 28 febbraio si chiuderà la gestione “emergenza Nord Africa”. Per i migranti provenienti dalla Libia ed accolti nella provincia di Reggio Emilia, così come anche quelli in molti altri comuni italiani, non sono state create le condizioni minime per iniziare un percorso autonomo.
Decisivo è stato il ritardo con cui il Governo ha disposto il rilascio dei permessi di soggiorno umanitari, tramite Commissione Asilo: senza permesso, senza carta d’identità, senza titolo di viaggio (sostitutivo del passaporto), nella totale incertezza del futuro è stato impossibile scegliere se restare, se lavorare, studiare, oppure di ripartire verso altre mete. Per gli stessi enti locali e per gli operatori dell’accoglienza è stato impossibile programmare interventi finalizzati alla permanenza sul territorio.
Per questo è necessario garantire, attraverso i comuni in cui sono accolti e coinvolgendo Provincia e Regione, dei percorsi di inserimento sul territorio dopo il 28 febbraio: corsi formativi, tirocini, orientamento al lavoro, assistenza sanitaria adeguata, aiuto per l’affitto.
Anche a Reggio c’è un progetto SPRAR: basterebbe prenderlo come esempio ed estenderlo a tutti i richiedenti e titolari di protezione internazionale ed umanitaria.
Altrimenti queste persone finirebbero in strada e certo non per colpa loro. O, nel migliore dei casi, resterebbero ancora alloggiati per qualche mese ma senza alcun aiuto o progetto istituzionale per una reale integrazione.

Per tutti/e coloro che rimangono, non solo per coloro che sono definiti “vulnerabili”, chiediamo un impegno di tutti gli enti per garantire il rispetto dei diritti di queste persone a cui lo stato italiano ha deciso di riconoscere protezione.

Verso di loro siamo responsabili tutti/e noi come cittadini/e ma ancor più sono responsabili tutti gli enti che hanno fin qua gestito una “emergenza” senza prospettive.

Chiediamo risposte a queste questioni urgenti.

Martedì 26 febbraio alle ore 11 saremo davanti alla Prefettura (competente dal 1 gennaio 2013) per portare all’attenzione pubblica queste necessità e chiediamo che il prefetto o un suo delegato riceva una nostra delegazione.

Ass. Città Migrante, Gruppo Emergency Reggio Emilia, Ass. GA3, insieme e a sostegno dei migranti provenienti dalla Libia accolti nella provincia di Reggio Emilia

EMILIA ROMAGNA – NEGATA L’ISCRIZIONE ANAGRAFICA AI RICHIEDENTI ASILO

In molti Comuni dell’Emelia Romagna viene negata l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo. Città Migrante, Emergency Reggio emilia, Ga3 e lo Sportello Migranti TPO Bologna scrivono al difensore civico

Oggetto: Iscrizione anagrafica richiedenti protezione internazionale (asilo)- RTPI

Come associazione Città Migrante (Reggio Emilia), Gruppo Emergency Reggio Emilia, Associazione GA3 Reggio Emilia e Sportello Migranti TPO Bologna che ci occupiamo a vario titolo della tutela dei diritti dei cittadini di origine straniera e promuoviamo iniziative di scambio interculturale e interazione a livello locale, segnaliamo che in molti Comuni della Regione Emilia Romagna i richiedenti asilo non vengono, nonostante esistano precise disposizioni di legge, iscritti nella popolazione residente anche quando hanno una abituale dimora.

Ai sensi della Legge 328/2000 e della Legge Regionale 2/2003, la residenza è un requisito fondamentale per l’accesso ai servizi sociali locali ed ai diritti fondamentali della persona.
Come sottolineato, tra altri, anche dall’Associazione Avvocati di Strada, la questione della residenza costituisce un punto centrale per il problema dell’esclusione sociale.

Le nostre considerazioni riguardano tutta la popolazione dei richiedenti asilo, tuttavia il caso più macroscopico è rappresentato dai richiedenti asilo provenienti dalla Libia durante la guerra e collocati dalla primavera 2011 in strutture individuate dalla Protezione Civile nell’ambito del Piano di Accoglienza “Emergenza Nord Africa”.

Dai nostri contatti con gli interessati, la maggioranza di essi non è quasi mai nemmeno stata ammessa alla richiesta di residenza.
Secondo i dati del monitoraggio regionale Emergenza Nord Africa (Ena), realizzato dal Servizio Politiche per l’accoglienza e l’integrazione sociale della Regione Emilia-Romagna le persone richiedenti asilo o titolari di protezione accolte in Emilia-Romagna al 20 luglio di quest’anno nell’ambito dell’Emergenza Nord Africa sono 1.446, di cui 1.360 sono in possesso di permesso di soggiorno per richiesta asilo.
(Si veda: http://sociale.regione.emilia-romag…)
Di questi 1.446 solo il 17% sono iscritti all’anagrafe.
Secondo i dati della Protezione Civile i migranti provenienti dalla Libia arrivati a maggio 2011 nella provincia di Reggio Emilia sono 196. Il 18 maggio 2011 il 29,83% è stato accolto nel Comune di Reggio Emilia in una struttura collettiva “Polo Logistico” (ex Tav) , dove ad oggi molti di loro ancora hanno dimora, altri invece sono stati trasferiti in appartamenti dove hanno ora dimora abituale, sempre nel Comune di Reggio Emilia.

Anche Bologna, come confermato dallo Sportello Migranti TPO, i richiedenti asilo non vengono iscritti nella popolazione residente, come invece avviene nel Comune di Piacenza, Rimini e Ravenna.

Nonostante la Regione Emilia Romagna abbia inviato una nota (22 maggio 2012 PG 127160) agli enti locali per fare chiarezza in materia e garantire l’accesso ai servizi – sottolineando che i cittadini stranieri richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale hanno diritto all’iscrizione anagrafica se dimostrano di avere una dimora abituale in Italia o se, essendo senza fissa dimora, dimostrano di avere un domicilio- ad oggi nella maggior parte dei Comuni della Regione Emilia Romagna i richiedenti asilo non vengono iscritti nella popolazione residente in quanto viene chiesto loro il passaporto.

Allo Sportello dell’Associazione Città Migrante di Reggio Emilia si sono rivolte in più occasioni persone con il permesso di soggiorno per richiesta asilo sollevando questa problematica, in quanto un richiedente asilo è di norma sprovvisto di passaporto e impossibilitato a richiederlo.
L’Associazione si è confrontata con alcuni degli enti gestori dell’accoglienza verificando che per i richiedenti asilo non si procede all’iscrizione anagrafica.
In particolare segnaliamo che una persona, titolare di permesso di soggiorno per richiesta asilo recatasi presso lo Sportello dell’Associazione Città Migrante accolto in un Comune della provincia di Reggio Emilia, pur avendo trovato spontaneamente lavoro non ha potuto essere assunta poiché impossibilitata ad iscriversi al centro per l’Impiego (quel tipo di lavoro necessitava dell’iscrizione al collocamento): infatti anche l’iscrizione al collocamento è subordinata alla residenza.

Gli operatori dello sportello dell’associazione Città Migrante hanno poi verificato le segnalazioni riportate dalle persone recandosi direttamente all’anagrafe del Comune di Reggio Emilia il giorno 11 ottobre 2012 (con cedolino appuntamento) per accompagnare il signor D.T. e il signor A.D. titolari di permesso di soggiorno per richiesta asilo a chiedere l’iscrizione anagrafica presentando oltre alla copia del permesso di soggiorno e la dichiarazione di ospitalità della struttura in cui dimorano anche la nota inviata dalla Regione Emilia Romagna.
L’operatrice di sportello (Federica Zambelli) ed i signori D.T. e A.D sono stati ricevuti dalla impiegata M.N.: la stessa ha riferito di non poter procedere all’iscrizione anagrafica per la mancanza del requisito del possesso di passaporto, previsto dal Decreto Legge 9 febbraio 2012 n.5 art 5 convertito in legge 4 aprile 2012 n35 e di aver avuto di recente tale indicazione dai dirigenti di settore.
Come si potrà verificare, tale norma non comprende tale requisito, rinviando a documenti non facenti parte integrante del provvedimento. Su richiesta dell’operatrice di sportello sia di protocollare la richiesta di residenza sia di mettere per iscritto il rifiuto dell’iscrizione anagrafica dei 2 cittadini richiedenti asilo , la funzionaria, signora M.N. ha riferito di non poterlo fare e di poter mettere per iscritto solo l’accoglimento dell’istanza.

Questo comportamento istituzionale ci pare significativo e rappresentativo di quanto avvenuto in tutta la regione.

Ciò riteniamo sia particolarmente grave in quanto, come noto, al 31 dicembre 2012 terminerà l’accoglienza “emergenziale” e le persone prive di residenza non avranno alcun titolo per chiedere aiuto sociale ai Comuni in cui si trovano da più di un anno.

Si chiede pertanto l’intervento del Suo ufficio per risolvere al più presto questa difficile situazione, a nostro parere , non rispettosa né delle leggi né dei diritti delle persone con richiesta di protezione, in quanto a livello locale non abbiamo ottenuto risposte soddisfacenti.

Si allega

- PG 127160 del 22 maggio 2012

- Allegato Anagrafe Regione Emilia Romagna

- Emergenza Nord Africa / richiedenti-titolari protezione internazionale – iscrizione Anagrafica Minardi

- Nota Tecnica

- PG 2012 0164707 del 4 luglio 2012

Ass. Città Migrante, Reggio Emilia
Gruppo Emergency Reggio Emilia
Ass. GA3, Reggio Emilia
Sportello Migranti TPO, Bologna

 

L’INCONTRO IN PREFETTURA PER LA RICHIESTA DEL TITOLO DI SOGGIORNO AI MIGRANTI PROVENIENTI DALLA LIBIA

Il documento della Coop che gestisce l’accoglienza e delle associazioni del territorio

La Cooperativa Diomara di Abramo e le associazioni Città Migrante, Ga3, Emergency Reggio Emilia, Amnesty Reggio Emilia, ASNOCRE, Pollicino Gnus, Partecipazine e la Jahspora Crew insieme ad un migrante proveniente dalla Libia ospitato a Reggio Emilia hanno incontrato il Vicario del Prefetto. L’incontro è stato chiesto per formalizzare la richiesta di rilascio di un titolo di soggiorno a tutti i migranti provenienti dalla Libia indipendentemente da quale sia l’esito della loro richiesta di asilo, così come chiesto dalla petizione #dirittodiscelta.

Il documento che è stato consegnato alla Prefettura dopo questo incontro:

Alla Sig.ra PREFETTO DI REGGIO EMILIA
Dott.ssa Antonella De Miro

Alla Sig.ra VICARIO del PREFETTO DI REGGIO EMILIA
Dott.ssa Adriana Cogode

Facendo seguito all’incontro col Vicario della Prefettura di Reggio Emilia dott.ssa Cogode Adriana la cooperativa sociale e di solidarietà Dimora d’Abramo e le associazioni Città Migrante, Ga3, Emergency Reggio Emilia, Amnesty Reggio Emilia, ASNOCRE, Pollicino Gnus, Partecipazine e la Jahspora Crew, desiderano formalizzare la situazione in merito all’accoglienza dei profughi provenienti dalla Libia che li ha visti coinvolti nel territorio reggiano.
La Cooperativa sociale e di solidarietà Dimora d’Abramo, da oltre vent’anni impegnata nell’accoglienza delle persone migranti e nella progettazione e gestione di servizi per favorirne l’inserimento nel territorio reggiano, è stata coinvolta da aprile 2011 nell’accoglienza dei migranti profughi arrivati dalla Libia a seguito della guerra scoppiata in quel territorio.
In provincia di Reggio Emilia, in ottemperanza al piano di accoglienza nazionale che ha interessato quasi tutte le regioni Italiane, sono stati accolti circa 200 profughi in diversi comuni del territorio provinciale. La cooperativa Dimora d’Abramo è stata interessata nell’accoglienza nei Comuni di Reggio E., Casalgrande, Rubiera, Scandiano e Montecchio insieme alla Protezione civile provinciale.
Alla cooperativa, inoltre, grazie alla sua competenza maturata negli ultimi anni nella gestione del progetto Sprar del Comune di Reggio E., sono stati richiesti il sostegno e la consulenza per il sostegno ai percorsi legislativi delle persone accolte, da parte di diversi comuni nella Bassa Reggiana.
La cooperativa, in quest’anno di lavoro, in collaborazione con i Comuni competenti, con l’impiego di personale professionalmente preparato ha offerto sostegno e accompagnamento socio-assistenziale alla convivenza nelle strutture di accoglienza e sostegno socio educativo all’inserimento nel territorio.
Il sostegno all’inserimento ha previsto la cura dei percorsi legislativi delle singole persone secondo le possibilità offerte dalla legislazione vigente e dalle indicazioni del governo.
Inoltre, nel territorio di Reggio Emilia, si sono attivate una serie di associazioni e realtà locali fra cui l’associazione Città Migrante, Ga3, Emergency Reggio Emilia, Amnesty Reggio Emilia, ASNOCRE, Pollicino Gnus, Partecipazine e la Jahspora Crew oltre ad alcune Parrocchie che hanno promosso una serie di iniziative finalizzate a percorsi di integrazione fra le persone accolte e la cittadinanza. In particolar modo la rete “Diritto di parola” ha messo a disposizione risorse e volontari affinché si potessero attivare corsi di lingua italiana. Attualmente molti profughi frequentano il Ctp.

In accordo con il Comune di Reggio E. e la Protezione civile la cooperativa Dimora d’Abramo ha lavorato con 55 profughi a RE, tutti accolti nel polo logistico della Protezione civile a Villa Cella, e successivamente, anche in alcuni appartamenti a Reggio E..
Attualmente 37 profughi sono ancora accolti presso il polo logistico, mentre 15 in tre appartamenti e 1 in albergo a Reggio E..
Su incarico, invece, dei comuni di Casalgrande, Montecchio, Scandiano e Rubiera, la cooperativa sta lavorando con 18 profughi. Complessivamente, la cooperativa ha curato e cura l’accoglienza e l’inserimento di 73 persone provenienti dalla Libia.
I profughi hanno storie e provenienze differenti; in prevalenza sono originari della Nigeria, del Bangladesh, del Mali e del Ghana. Tutte persone migrate per lavoro in Libia, molte di esse da diversi anni ed oramai stabilmente residenti e impiegate nel lavoro in Libia.

Ad un anno dall’accoglienza e dopo tanto impegno e risorse spese per le diverse necessità ed attività, tutti i profughi accolti hanno fatto richiesta di protezione internazionale, quasi tutti sono stati ascoltati dalla Commissione territoriale competente per valutare la richiesta sulla base delle storie personali presentate e della relativa documentazione.
In questo periodo cominciano ad arrivare i primi esiti della Commissione. Ad oggi si contano 15 esiti comunicati dalla Questura di Reggio E. e, come previsto, la maggior parte sono dinieghi alla protezione internazionale per motivazioni diverse. In particolare: 11 dinieghi, 2 concessioni di protezione umanitaria, una sussidiaria e una di protezione internazionale.
Tenuto conto che i profughi provenienti dalla Libia sono tutte persone migranti per lavoro, chi è interessato dal diniego farà ricorso per tentare ogni possibile opportunità per regolarizzarsi e continuare il proprio percorso migratorio là dove vi siano condizioni adeguate a una sistemazione abitativa e ad una collocazione lavorativa.
La conoscenza delle persone profughe, i loro percorsi e il contesto all’interno del quale si è sviluppata questa vicenda, ci portano a ritenere che l’unica strada di regolarizzazione oggi proposta, quella della protezione internazionale, sia inadeguata e quindi inopportuna per molte di queste persone. L’esito negativo dell’iter di richiesta asilo politico, praticamente certo per la maggioranza dei profughi accolti, non ha solo una ricaduta negativa rispetto alla prospettiva di vita di queste persone ma vanifica anche parte importante dell’impegno e delle risorse messi in campo dalle Istituzioni, dai soggetti incaricati dell’accoglienza come la cooperativa Dimora di Abramo e di una serie di risorse del territorio in termini di associazioni, ctp, ausl,circoscrizioni che, pur con responsabilità differenti, hanno sostenuto questo lavoro.

Si ritiene, pertanto, necessario pensare a soluzioni alternative quali ad esempio permesso di soggiorno per motivi umanitari, come è stato concesso ai profughi tunisini arrivati lo scorso anno tra marzo e aprile, che dia a queste persone tempo e opportunità per valutare cosa fare in base alle reali possibilità che il territorio offre, visto che la guerra in Libia li ha costretti a modificare completamente i loro progetti migratori. Nello stesso tempo, questo permesso di soggiorno umanitario eviterebbe a queste persone di trovarsi, in breve tempo, nello status di irregolari e poi di clandestinità nel territorio italiano a causa del diniego della protezione internazionale e della mancanza di una alternativa legislativa.
Come detto, infatti, sono persone migrate per lavoro ed hanno una forte motivazione a stabilirsi dove questo progetto può realizzarsi. Molti di loro hanno contatti in Italia o in altri stati europei, quindi non sono persone che, nella maggior parte dei casi, si troverebbero senza nessun riferimento e sostegno.

In particolare la cooperativa e le associazioni hanno sostenuto la petizione lanciata dal Progetto Melting Pot Europa “Diritto di sceltache chiede il rilascio di un titolo di soggiorno umanitario attraverso l’istituzione della protezione temporanea (art. 20) o le altre forme previste dall’ordinamento giuridico. La petizione ha raccolto ormai più di 12mila sottoscrizioni, fra cui centinaia di associazioni, oltre 60 amministrazioni locali, artisti e singoli cittadini. A Reggio Emilia, in una sola giornata, sono state raccolte oltre 600 firme, un numero significativo che dimostra come nel territorio ci sia la capacità di mettersi in rete e di rispondere ad una situazione che riguarda la città intera, cioè la consapevolezza che una volta ricevuti i dinieghi le persone non torneranno al loro paese di origine ma andranno ad aumentare le situazioni di irregolarità. Aumenteranno in questo modo le persone potenzialmente coinvolte in situazioni di illegalità a partire dal lavoro nero, fino ad arrivare ai circuiti dello sfruttamento, o della criminalità e non ultimo della criminalità organizzata.
Ogni risorsa messa a disposizione nel territorio di Reggio Emilia così come in tutto quello nazionale risulterà vana senza la prospettiva di un titolo di soggiorno.
Per tutte queste considerazioni che abbiamo condiviso nell’incontro col Vicario dott.ssa Cogode, in attesa dell’incontro con il Ministero dell’Interno per la consegna delle firme raccolte dalla petizione, con l’auspicio che avvenga in tempi brevi, si chiede alla Prefettura di Reggio Emilia che sia trasmessa formalmente la richiesta al Ministero dell’Interno di rilasciare un permesso di soggiorno a tutti i profughi provenienti dalla Libia indipendentemente da quale sia l’esito della loro domanda di asilo. La Regione Emilia Romagna ha approvato la risoluzione a favore della campagna diritto di scelta per i migranti provenienti dalla Libia con cui il Consiglio Regionale ha impegnato la Giunta affinché chieda il rilascio di un permesso per motivi umanitari ai profughi provenienti dalla Libia.
Inoltre, altre Organizzazioni e Istituzioni come il Tavolo Asilo, la Croce Rossa, la Commissione per i diritti umani del Senato, la rete dei Comuni solidali, la Fondazione Migrantes, hanno chiesto lo stesso provvedimento.

Si allegano la petizione e le firme raccolte a Reggio Emilia

Reggio Emilia, Maggio 2012

Luigi Codeluppi – Cooperativa sociale Dimora d’Abramo
Federica Zambelli – Ass. Città Migrante
Roberta Borciani – Emergency Reggio Emilia
Maddalena Cattani – GA3
Mssamba Diop – Jahspora Crew
Luca Gandolfo – Amnesty International Reggio Emilia
Annalisa Govi – Pollicino Gnus
Davide Mattioli – Partecipazione
Jean Bertin Sahmo  – ASNOCRE

Appunti da Casa Bettola “dormitorio”

Per 7 notti casa Bettola si è trasformata in un dormitorio improvvisato.

Il laboratorio aq16 è stato il punto di raccolta di tutti i materiali necessari a riscaldare le persone ospitate. Due strutture, (compresi gli attivisti che le frequentano ) insieme all’associazione Città Migrante, presente sia all’interno del Laboratorio aq16 che di casa Bettola,  hanno deciso di mettere a disposizione alcuni posti letto, una campagna dal nome “SOS emergenza freddo apriamo i nostri spazi sociali”.  L’obbiettivo è quello di coordinarsi con i servizi esistenti nel territorio e di lanciare un appello a tutte le forze sociali ma anche a singoli cittadini affinché tutti si mobilitino per far fronte all’emergenza di chi non ha un posto in cui dormire e quindi la sua stessa vita, visto le condizioni climatiche, è in pericolo. Consapevoli che siamo ben lungi da una soluzione del problema abitativo abbiamo deciso di credere che sia possibile innescare un meccanismo di mutuo-aiuto capace di far fronte ad una situazione così grave come quella di chi in questo periodo dell’anno dorme all’addiaccio.

Abbiamo ospitato otto persone, abbiamo incrociato otto vite, ognuna delle quali ci ha raccontato qualcosa di speciale. Chi è in strada ormai da molti anni, chi è anziano e malato, chi invece è stato colpito dalla crisi e dopo uno sfratto non ha più avuto possibilità di un alloggio. Chi è migrante ed ha perso sia lavoro che documenti ed è tornato nel circuito dell’irregolarità, vittima di lavoro nero, malpagato o a volte nemmeno pagato. Chi è arrivato da Lampedusa dopo le rivolte del Nord Africa, ha raggiunto i parenti in Europa mai poi è stato costretto a tornare in Italia per rinnovare i documenti, chi non ha reti familiari di sostegno e tanto altro ancora.

Ci hanno raccontato qualcosa di speciale anche tutte le persone che si sono mobilitate in questi giorni e che lo stanno ancora facendo portando coperte, lenzuola, panni, maglioni, calze, pantaloni, torte, dolci e tutte quelle che hanno messo a disposizione spazi di ospitalità per i senzatetto, da privati a gruppi organizzati.

All’appello lanciato la risposta è stata molteplice e significativa .

Importante  anche il ruolo della stampa e della comunicazione nel portare all’attenzione il problema e nel diffondere l’appello. Perché il disagio che provoca il maltempo non sono solo scuole chiuse e strade sporche ma appunto anche vite in pericolo assideramento.

Un ringraziamento a tutti quelli che, in qualsiasi modo e in qualsiasi forma si sono mobilitati.

Non è un ringraziamento dovuto ma un grazie perché questo significa che a piccoli passi qualcosa può cambiare e lo si può fare insieme al di la di ogni pregiudizio, appartenenza sociale o geografica.

Ricordiamoci che l’inverno passerà, arriverà la primavera e tornerà l’inverno ed a Reggio Emilia, continueranno ad esserci troppe persone senza casa e troppe case chiuse, invendute o in stato di degrado.

Anche questo deve cambiare.

Lab aq16
Casa Bettola
Ass. Città Migrante

SOS FREDDO – SPAZI SOCIALI APERTI

Tenuto conto dell’eccezionale ondata di freddo siberiano in arrivo nei prossimi giorni riteniamo necessario che tutti gli spazi coperti e potenzialmente “idonei” debbano essere messi a disposizione, almeno provvisoriamente, dei tanti senza fissa dimora che vivono nella nostra città. Si prevedono per le prossime notti  minime che potrebbero raggiungere i  -16°. Dormire all’addiaccio significa, con queste temperature, morire assiderati.

Per questo mettiamo a disposizione le strutture di due spazi sociali della città: il Laboratorio aq16 e Casa Bettola. Pur non essendo luoghi adibiti a dormitorio crediamo che in questi giorni di gelo estremo sia un atto dovuto dare ospitalità a chi non ha un posto in cui dormire.

Invitiamo tutti, cittadini, associazioni, gruppi, parrocchie che gestiscono spazi a metterli a disposizione coordinandosi con gli enti preposti e l’amministrazione ad aprire luoghi come la stazione dei treni e per esempio allestire i sottopassi.

Consapevoli che è una soluzione provvisoria e non influirà sulla risoluzione del problema abitativo che purtroppo molte persone hanno (sia migranti che non), a causa anche della crisi e della conseguente perdita del lavoro per cui sono necessarie politiche strutturate, crediamo che sia un segnale di come anche dal basso si possa contribuire con la solidarietà a superare momenti di estrema urgenza come questi.

Sollecitiamo gli enti preposti come l’amministrazione, l’unità di strada, Caritas,  le cooperative , i servizi sociali ecc.. a segnalarci ed indirizzarci persone che attendono un posto letto.

Mettiamo a disposizione 7 posti a partire da venerdì 3 febbraio a venerdì 10 febbraio.

Per contatti telefonare al numero 349/5238926 o scrivere a cittamigrante@gmail.com

Invitiamo inoltre i cittadini ad aiutarci con coperte, brandine e sacchi a pelo.

 

Laboratorio aq16

Casa Bettola

Associazione Città Migrante