AI CLANDESTINI SI VUOLE NEGARE ANCHE IL DIRITTO DI PAROLA

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Oggi a Reggio Emilia si è respirato un clima pesante ma non è stata
certo la canicola estiva la responsabile. Abbiamo assistito ad un
cambio di registro nella gestione del conflitto che da un anno gli
attivisti dell’associazione Città Migrante agiscono nel territorio per
la liberazione di migliaia di irregolari dal giogo della schiavitù
nell’era Bossi Fini.

Durante il presidio davanti al
municipio dove era in corso il consiglio comunale, decine di poliziotti
e carabinieri in borghese ci hanno perentoriamente intimato di
allontanare dalla piazza gli indocumentati, pena il loro arresto.
Volontà non solo verbale ma anche reale quando durante momenti di
tensione alcuni agenti si sono scagliati contro un paio di partecipanti
per arrestarli perché clandestini. Nonostante questo abbiamo deciso di
rimanere compatti e non accettare l’ordine di allontanarci.
Riteniamo inaccettabile la chiara provocazione della questura di
concedere l’autorizzazione ad un presidio e poi durante il suo
svolgimento decidere chi ne deve prendere parte.

La nostra
associazione come tutti sanno lavora con migranti senza distinzione tra
regolari e non, è presente nel territorio reggiano collaborando con
sportelli di orientamento per migranti e gestisce direttamente una
scuola d’italiano.

Chi ha chiesto l’intervento massiccio delle forze dell’ordine? A chi fanno paura i migranti che si auto organizzano?
Oggi abbiamo denunciato la vera natura che la legge Bossi Fini,
indurita da leggi speciali contenute nel pacchetto sicurezza,
rappresenta. Queste leggi bipartisan non sono altro che dispositivi di
sfruttamento e limitazioni della libertà delle persone migranti e
italiane, ne è la prova il trattamento riservatoci oggi.

Città
Migrante è stata promotrice di un grande corteo il 1° maggio per la
rivendicazione dei diritti dei migranti chiedendo a gran voce
l’abrogazione delle leggi che producono irregolarità e sfruttamento. Un
corteo partecipato e deciso che aveva tra le sue richieste anche
l’invito rivolto al sindaco di farsi carico di un incontro con prefetto
e questore per discutere di un problema grave del territorio, ovvero
l’impossibilità di decine di migliaia di persone di regolarizzarsi e
quindi entrare a pieno titolo nel tessuto sociale.

L’unica risposta avuta è stata quella di oggi.
Il quadro è chiaro, le forze politiche che amministrano a Reggio
vogliono il massimo profitto economico che la manodopera irregolare può
dare, e non contenti, cavalcano l’onda emergenziale costruendo il
successo elettorale nelle amministrative del 2009. Per far questo, è
banale, va bene il pacchetto sicurezza, va bene la legge Bossi Fini, va
bene la direttiva rimpatri approvata al parlamento europeo, va bene il
businnes mafioso nei cantieri.

Prendiamo atto del definitivo
deterioramento dei rapporti civili che regolano Reggio Emilia, città
divenuta in pochi anni metropoli. Metropoli nella sua accezione
negativa con tanto di slum e quartieri satelliti per ricchi costruiti
dal businnes edilizio cooperativo, vedi la Reggio Emilia 2 di parco
villa ottavi; verrebbe da dire “Berlusconi c’era arrivato alle vostre
soluzioni 25 anni fa”.
Non per questo, come oggi abbiamo
dimostrato, rinunceremo alla nostra lotta perché è l’unico modo per
ricreare il tessuto sociale disgregato dalla governance della
speculazione e della rendita del grande capitale.
Viviamo qua, lottiamo qua e qua costruiremo il nostro futuro.

Leggi il comunicato stampa dell’iniziativa 

Ascolata gli audio e la cronaca della giornata 

QUELLO CHE SCEGLIAMO E’ UN FUTURO MIGLIORE, NON LA CLANDESTINITA’!

Il 1° maggio scorso, 1500 persone hanno manifestato in città contro una
società che inventa i criminali in base al passaporto e costringe
all’invisibilità ed alla povertà migliaia di persone.
Queste stesse
persone hanno chiesto a gran voce un incontro con il sindaco, incontro
che fino ad oggi ci è stato negato. A fronte di questo silenzio noi
vogliamo parlare e ed essere ascoltati.

Oggi, dove il
pregiudizio e la paura figlie dell’ignoranza generano mostri come la
paranoia securitaria e il razzismo legittimati da campagne contro i
clandestini e da dispositivi politici come il pacchetto sicurezza, è
più che mai attuale ribadire il nostro NO ALLA CRIMINALIZZAZIONE DEI
MIGRANTI.

Non vogliamo più sentire dire che la clandestinità è
una scelta. Sono le leggi che dettano la condizione di clandestinità
per cui tu non esisti e quindi non sei portatore di diritti, sono le
leggi che non consentono di poter vivere e lavorare in Italia in modo
regolare. In realtà quello che viene chiamato clandestino è un migrante
senza nessun tipo di tutela, quello che con estrema facilità può essere
sfruttato sul lavoro e a cui la casa viene affittata ad un prezzo più
alto perché non ha nessuna altra scelta, quello che se anche ha un
lavoro non può avere il permesso di soggiorno. Clandestino lo si può
diventare da un giorno all’altro perché si perde il lavoro e questo ci
costringe ad accettare anche le peggiori condizioni di sfruttamento.

Quali sono le possibilità di regolarizzarsi? Rimane il tentativo di
provare a vincere alla lotteria del decreto flussi ( a Reggio le quote
disponibili sono meno di 1/3 delle domande presentate) anche se la
legge prevede che la domanda di assunzione tramite decreto flussi sia
inoltrata per un lavoratore che risiede al paese di origine, ma tutti
ormai sanno che il 90% delle domande riguardano migranti che già vivono
e lavorano in Italia. E i fortunati sono costretti ad un viaggio
clandestino a ritroso per poter ritirare il visto d’ingresso. E per
quelli che sono stati colpiti da un provvedimento di espulsione? I
coraggiosi che hanno tentato comunque la sorte e che hanno vinto la
gara, che sono tornati al paese di origine, che il datore di lavoro li
ha aspettati pronto ad assumerli si sono visti negati il permesso di
soggiorno perché a causa dell’espulsione non possono stare e lavorare
in Italia.
Tutti questi -assieme a chi non ha tentato la sorte
perché il datore di lavoro non voleva metterlo in regola, a chi non è
entrato nella graduatoria, a chi ha perso il permesso di soggiorno (non
dimentichiamo che il confine fra regolarità e irregolarità è molto
sottile)- continueranno oppure entreranno a far parte del cosiddetto
esercito dei clandestini, quindi manodopera a basso costo se non a
costo zero.

E nel frattempo i migranti continuano a morire in
mare ad alimentare l’economia sommersa e a morire nei luoghi di lavoro,
mentre il Decreto legge quanto il Disegno di Legge che costituiscono il
pacchetto sicurezza li indicano come potenziali criminali.
La
funzione che ha in realtà l’impianto della Bossi Fini peggiorato dal
pacchetto sicurezza è quello di renderci disponibili ad accettare
qualsiasi forma di sfruttamento e quindi utili a regolamentare l’intero
mercato del lavoro.

Non rimaniamo in silenzio, oggi come il primo maggio vogliamo far sentire la nostra voce:

SIAMO NOI I PRIMI A NON VOLERLA LA CLANDESTINITA’

هذا ما اخترناه لمستقبل افضل لا لحياه غير شرعي 

1 Maggio 2008 – LAVORO NERO, PRECARIETA’ ESTREMA, MORTI SUL LAVORO: BASTA!

Logo Città Migrante

Siamo noi le donne e gli uomini che sono riusciti a non soffocare in un
container di un qualche tir. Siamo noi le donne e gli uomini che non
sono annegati in mare. Siamo noi le donne e gli uomini che hanno
scavalcato le frontiere alla ricerca di un futuro migliore.


Siamo
donne e uomini che vivono e lavorano nelle metropoli. Siamo quelli che
riempiono le tasche dell’economia sommersa perché altra possibilità per
vivere non ci è concessa.
Siamo quelli costretti a passare parte
della propria vita in coda davanti alle questure, alle prefetture e ora
agli uffici postali. Siamo quelli che aspettano i lunghi tempi dei
rinnovi e dei ricongiungimenti, siamo quelli che aspettano i documenti
legalizzati dall’ambasciata, siamo quelli che aspettano un decreto
flussi.
Siamo le madri che non possono andare a trovare i figli perché non hanno il permesso di soggiorno.
Siamo i muratori che lavorano nei cantieri edili e non ricevono la paga, e quando la reclamano vengono picchiati.
Siamo gli ambulanti che vendono i fazzoletti e i cd nei parcheggi e
nelle spiagge. Siamo le badanti assunte con un contratto part-time ma
che lavorano 24 ore al giorno. Siamo quelli che devono lavorare come
artigiani e soci anche se in realtà fanno un lavoro da dipendenti.
Siamo quelli che accettano un qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione
per poter rinnovare quel pezzo di carta.
Siamo quelli che senza
permesso di soggiorno non possono avere un lavoro in regola e pertanto
diventano la forza lavoro in nero su cui si basa l’economia
neoliberista, che in cantieri, laboratori, magazzini e campi agricoli
sfrutta il nostro lavoro.
Siamo quelli che vivono nella costante
paura di essere cacciati; cittadini di serie B, per i quali si
sperimentano nuove forme di schiavitù grazie a leggi razziste e
discriminatorie.
Siamo quelli che alimentano il mercato degli
affitti per “extra”, vivendo in 10 in case di 30 metri quadri pagando
cifre esorbitanti.
Siamo gli “ospiti” dei Cpt. Siamo i capri
espiatori di tutte le forze politiche per giustificare forme di
controllo da applicare poi a tutta la società.
Ci vogliono
invisibili eppure siamo donne e uomini che vivono a Reggio Emilia, che
si sono auto-organizzati per lottare quotidianamente per il
riconoscimento dei diritti che ci vengono negati.
Siamo stanchi di
lavorare senza dignità, siamo stanchi di essere considerati numeri
nelle ipocrite contabilità dei decreti flussi, di essere bersaglio dei
controlli dell’Ispettorato del Lavoro che ci colpiscono con espulsioni
e addirittura arresti.
Il primo maggio del 2007 in migliaia siamo
usciti dall’invisibilità in cui ci volevano relegare e abbiamo
attraversato le strade di Reggio Emilia, anche quest’anno invitiamo
tutti e tutte a Reggio Emilia ad una mobilitazione per un primo maggio
di lotta per:
-  Una sanatoria generalizzata subito
-  L’abrogazione della legge Bossi-Fini
-  La rottura del legame fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro
-  L’accesso alla casa e ad un reddito dignitoso per costruire il nostro futuro
-  Chiusura immediata dei CPT
-  No alla criminalizzazione dei migranti! No al lavoro nero! Basta vita dura!

(русский) РЕЖЖИО ЕМИЛИЯ-1 МАЯ 2008 ГОД – РАБОТА НА ЧЕРНУЮ, БЕДНОСТЬ,СМЕРТИ НА РАБОЧЕМ МЕСТЕ ХВАТИТ!

التدهور فى العمل الموت فى العمل كفايه

(francais) Reggio Emilia – 1 MAI 2008. Travail clandestin, precarité et morts : ca suffit !

(english) Reggio Emilia – May 01 2008. Irregolar work, extreme precariusness, working men’s death: Stop!

(español) Reggio Emilia – 1 Mayo 2008. Trabajo ilegal, precariedad extrema, muertos de trabajo: Basta!

 

 

LO SFRUTTAMENTO DELLA MANODOPERA STRANIERA NELL’EDILIZIA

Denuncia pubblica dell’Associazione Città Migrante

tratto dal sito di global project 

Questa mattina, una cinquantina di attivisti dell’associazione Città Migrante
hanno indetto un presidio con conferenza stampa per reclamare il
diritto al corrispettivo per prestazioni lavorative all’interno di
cantieri edili.

Diverse persone, dipendenti da Ital Edil, azienda
edile di Reggio Emilia, hanno denunciato il fatto di non aver ricevuto
il salario pattuito per la prestazione svolta.
Il presidio si è
svolto davanti alla sede di Technological Building 7, poiché i
lavoratori hanno riferito che tutto il personale che prima si trovava
nella sede di Ital Edil (i cui uffici ora appaiono deserti) si trova
ora negli uffici di questa ditta.

Una delegazione di lavoratori è riuscita ad incontrare
Marco Pozza, direttore tecnico dell’azienda, che si difendeva dalle
accuse di questi affermando che le persone non vengono pagate a causa
degli insoluti delle ditte appaltatrici.
Il dato di fatto rimane
comunque che questi lavoratori, a più di un anno di distanza dalle
prestazioni effettuate nei cantieri, non hanno ancora ricevuto i
compensi dovuti.
L’incontro si è concluso, dopo più di un’ora di
trattative, con la promessa dell’azienda di ricevere i lavoratori entro
venerdì 29 febbraio per trovare una soluzione a questi problemi.

ascolta gli audio dell’iniziativa e vedi la galleria fotografica

Comunicato stampa dell’Ass. Città Migrante

Chi è l’irregolare? Lo sfruttato o lo sfruttatore?

Vogliamo il nostro giusto stipendio

Oggi denunciamo pubblicamente uno dei tanti casi di sfruttamento della manodopera straniera.
Siamo qui per reclamare il giusto trattamento di coloro che solo per
avere “la colpa” di provenire da paesi considerati di serie B subiscono
l’arbitrio di imprenditori senza scrupoli.
Oggi ad essere estorto
della giusta retribuzione pattuita per il lavoro svolto è il nostro
fratello Fatih. Ma come è noto la vicenda riguarda ormai centinaia di
lavoratori regolari ed irregolari impiegati nell’edilizia. Nel caso
specifico Fatih, ma potrebbe anche essere Mohamed, Dimitri, o Desmond,
ha prestato servizio come manovale edile presso la ditta Ital Edil –
che ha sede a Reggio Emilia – in un cantiere a Genova durante i mesi di
giugno e luglio dello scorso anno. Fatih deve ancora ricevere 3000 euro
dalla ditta in questione. E come se non bastasse oltre al danno la
beffa: una cambiale scoperta!

Fathy non è l’unico a non essere stato pagato da questa ditta per il lavoro svolto. Altre cause legali sono in corso.
In questo caso specifico il lavoratore è in regola con il soggiorno ma
ciò non è bastato a fargli ottenere un contratto di lavoro regolare.
Questo capita molto spesso al cittadino straniero, costretto al lavoro
nero pur di poter portare a casa uno stipendio, un compenso che però
spesso non arriva mai. Per chi non ha un permesso di soggiorno le cose
si complicano ulteriormente perché oltre a non essere pagati non
possono, qui a Reggio Emilia, avvalersi del diritto di difesa, come ha
dichiarato Giulio Bertoni direttore della direzione provinciale del
lavoro, violando palesemente il codice civile.

Siamo davanti alla sede di Tecnological Building 7 in
quanto nella sede di Ital Edil non c’è più nessuno nonostante la ditta
sia ancora aperta. Molti dei nostri lavoratori riferiscono che c’è un
interscambio fra queste due ditte.
Aggiungiamo inoltre che il
personale che prima si trovava nella sede di Ital Edil adesso si trova
nella sede della Tecnological Building 7. Per noi esiste un legame
allarmante fra queste due ditte che segnaliamo anche come esempio di
come queste manovre possono essere strumentali affinché i lavoratori
perdano le tracce della ditta con cui hanno lavorato.

Abbiamo inoltre visto come il risultato delle
operazioni delle forze dell’ordine di questi giorni sulla questione dei
permessi di soggiorno falsi abbia messo in risalto il fatto che chi ha
un permesso di soggiorno falso rubi dei diritti. Ma non sarebbero
diritti di tutti poter acquistare una casa, avere un lavoro in regola,
e quant’altro ne consegue? Perché ci sono persone costrette a pagare
pur di avere questo pezzo di carta? Non è forse il meccanismo contorto
di una legge ingiusta a favorire la speculazione sempre a scapito dei
più deboli?
A pagare sono e rimango sempre gli sfruttati. Infatti
pare che Ital Edil avesse degli agganci per cui si procurava
direttamente permessi di soggiorno falsi o comunque mezzi con cui
falsificarli. Da una parte coprendosi da eventuali controlli e
dall’altra parte sfruttando i lavoratori perché irregolari.
È
quindi inutile sbandierare politiche sulla lotta al lavoro nero quando
vanno sempre nella direzione di colpire gli sfruttati, come per esempio
la curiosa idea dell’assessore provinciale al lavoro Gianluca Ferrari
di rilevare le impronte digitali sui cantieri o come mettere controlli
più severi nella selezione degli artigiani, quando tutti sappiamo
benissimo che l’unica possibilità per lavorare è quella di farlo come
artigiani. Fino a che il problema non verrà risolto alla radice ci
troveremo di fronte allo sfruttamento della manodopera sia clandestina
che non.

 

A PROPOSITO DEL DECRETO FLUSSI

 
PER CHI CI RIESCE NON È FINITA
 
A ME È SUCCESSO UN ANNO FA

 

da Il Manifesto del 16 dicembre 2007

Io sono una di quelle persone fortunate
che si è regolarizzata con il decreto flussi 2006. In realtà sono
ancora in attesa di ricevere il permesso di soggiorno. Tutta la mia
vita qui in Italia è stata piena di attese e di paure.


Io ero una di quelle, come tantissime ce ne sono, che già lavorava e
viveva qui in Italia e che l’unica possibilità di regolarizzarsi era il
decreto flussi. Perché questo è l’unico modo previsto da questa legge
ingiusta. L’unica possibilità per avere quel poco di diritti che
vengono concessi alle persone. Si perché noi non siamo considerate
delle persone, siamo della forza lavoro che è utile mantenere
clandestina perché così è più facile sfruttarci.


Il nostro destino sarà di non esistere, o di esistere solo nel mondo
sommerso dell’illegalità e del lavoro nero, ma non per il fatto di fare
qualcosa ma semplicemente per il fatto di essere. Fino a quando saremo
solo qualcosa si simile ad un essere umano continueranno ad esistere i
decreti flussi, i cpt, i decreti sulla sicurezza e varie proposte di
utilizzare metodi delle SS. Saremo umiliati, fregati, mandati via per
non avere un reddito sufficiente e rinchiusi nei cpt per il solo fatto
di esistere.


Come tutti sanno il decreto flussi prevede che il migrante sia al paese
di origine. Anche i ministri lo sanno che questa è una menzogna. È
cambiato il governo ma anche quest’anno le cose non andranno
diversamente.

Penso a tutti quelli che aspetteranno come ho fatto io di ricevere il nulla osta, chi sarà fra i fortunati dovrà affrontare un viaggio clandestino per tornare a ritirare il visto d’ingresso.

Il mio giorno di partenza lo ricordo bene. Parto per Milano, prendo
l’aereo da Malpensa. Ho lo zainetto mio amico di strada, questo viaggio
lo facciamo insieme, come tanti altri. Sono felice e molto, molto
preoccupata. Il problema è che sono irregolare, ma devo passare le
frontiere. Le frontiere sono dei muri che devi passare senza farti del
male. Cercherò , proverò, ma sono spaventata a morte. Siamo in tante,
non parliamo tra di noi, quasi che abbiamo smesso di respirare per non
fare rumore. Sono in fila per passare la frontiera.. Mi chiedono se ce
l’ho il permesso. La risposta è no, negli occhi c’è tanta paura…
Sulla mia fronte è scritto "irregolare".


Sembra che è andato tutto bene, sono passata senza espulsione. Poi il
volo è andato benissimo, atterraggio e eccomi a casa sulla mia terra.
Erano tre anni che non vedevo i mie bambini, mio figlio è diventato
troppo grande, non riesco più a prenderlo in braccio.


Ma non è finita, le file all’ambasciata, la notte è lunga e saranno
lunghe anche quelle a venire. Il mio nulla osta sta per scadere, riesco
appena in tempo ad avere l’appuntamento.


Anche quest’anno ci saranno tanti soldi pagati ai datori di lavoro per
poter fare la domanda, cifre che vanno anche fino a 7000 euro, ci
saranno le lunghe attese per ricevere i nulla osta, ci sarà chi non lo
riceverà perché la sua domanda non è ben compilata o sarà bloccata
perché aveva un’espulsione, ci saranno altri viaggi clandestini per
tornare pericolosi e pieni di paure, ci sarà chi riceverà un’espulsione
nel tentativo di rientrare al paese di origine, ci saranno soldi spesi
alle ambasciate per ritirare il visto di ingresso, ci saranno persone
disperate e fregate, ci saranno di nuovo le file e le attese per avere
un permesso di soggiorno.


Tutto questo però non è frutto del caso ma delle politiche in tema di
immigrazione che permettono che tutto questo sia possibile, che
permettono che noi possiamo essere sfruttati quando lavoriamo in nero,
quando chiediamo al datore di lavoro il
favore
di regolarizzarci con il Decreto Flussi lui può chiederci soldi in
cambio, tanto non abbiamo altra possibilità, siamo quelli a cui viene
impresso il marchio
clandestino.


Tutto questo ci fa pensare che a qualcosa serviamo, che tutto questo
meccanismo sia costruito e ben pensato per mantenere in piedi questa
economia.


Ma noi non stiamo più soltanto ad aspettare a ad abbassare gli occhi.
Lo sappiamo che nessuno ci regala niente che le cose ce le dobbiamo
prendere. Per esempio qui a Reggio Emilia abbiamo organizzato
un’associazione: Città Migrante, siamo in tanti cittadini migranti e
italiani provenienti da diversi paesi come l’Ucraina, il Marocco,
l’Egitto, La Nigeria, L’Algeria, la Moldova ed altri. Vogliamo essere
protagonisti delle lotte per i diritti perché sicuramente non sarà un
governo a cambiare le cose e purtroppo anche questo decreto flussi ne è
una dimostrazione.


Non ho paura di dire il mio nome perché esisto, esito come tutti quelli
che presenteranno la domanda quest’anno, ma anche come tutti quelli che
non lo faranno perché hanno già il marchio dell’espulsione o perché il
datore di lavoro non vuole presentare la domanda, e non siamo i
colpevoli perché qualcuno ha voluto che lo nostra vita sia
clandestina.


Olesea Corizev – Città Migrante Reggio Emilia