Appello alla città per salvare via Gramsci 44

L’associazione Città Migrante sostiene da sempre l’occupazione di via Gramsci che rivendica il diritto all’abitare. In particolare l’occupazione ha coinvolto alcuni migranti che si sono ritrovati senza casa una volta fuoriusciti dai progetti di accoglienza. In questi quasi due anni di occupazione tante e tanti hanno portato solidarietà attiva e nello stabile si sono costruite relazioni, scambi e forme di mutualismo e sperimentazioni di laboratori sociali. E’ nata all’interno dello stabile la Ciclofficina Raggi resistenti che ha permesso lo scambio e lo sviluppo di competenze specifiche. Per questo crediamo che questa esperienza sia una vertenza sociale cittadina, che riguarda tutte e tutti noi.
Chiediamo che l’amministrazione comunale sia parte in causa e che tuteli l’esperienza sviluppata in questi anni, così come sottolineato nella mozione presentata da Sel e approvata durante il consiglio comunale di lunedì 8 febbraio.
Vi aspettiamo!
Ass. Città Migrante
 
VENERDI’ 12 FEBBRAIO ore 20.00 
presso Ciclofficina Raggi Resistenti – via Gramsci 44

Un’iniziativa a sostegno degli abitanti di Via Gramsci 44, in pericolo di sgombero, con la proiezione di “Signs”, il film documentario sulla condizione dei senzatetto a Reggio Emilia nell’area delle Ex Reggiane, seguita da un incontro-dibattito con il regista Alberto Lugli.

Durante la serata ci confronteremo anche sulle prospettive dell’Ex magazzino formaggi occupato, e come difendere insieme un esperienza di mutualismo e cooperazione dal basso.

Ciclofficina Raggi Resistenti offre un piccolo buffet. 

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SABATO 13 FEBBRAIO 2016 – REGGIO EMILIA

Manifestazione per il diritto alla casa e un’accoglienza degna, contro lo sgombero e per la difesa dell’esperienza di mutualismo, accoglienza e solidarietà di Via Gramsci 44.

★ Alle 14.30 MANIFESTAZIONE IN BICICLETTA con partenza dall’ex magazzino formaggi occupato fino al concentramento del corteo.

★ Alle 15.00 CORTEO PER LE VIE DEL CENTRO, con concentramento alla Gabella di Via Roma (Porta S. Croce).

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APPELLO ALLA CITTA’ PER SALVARE VIA GRAMSCI 44 

MENO MERCATO E PIU’ SOLIDARIETA’

Venerdì scorso all’ex magazzino dei formaggi, in Via Gramsci 44, il responsabile dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, don Evandro Gherardi, si è presentato ai migranti che lì dimorano con un folto gruppo di operatori della polizia municipale e di tecnici comunali al seguito. Si è trattato di una vera e propria irruzione, con sopralluogo richiesto dalla Curia reggiana in veste di proprietaria dell’immobile dismesso,finalizzata con ogni probabilità allo sgombero dell’edificio, fortunatamente evitato per l’arrivo di rappresentanti di associazioni e cittadini solidali.

L’ex magazzino dei formaggi è stato occupato nel maggio del 2014 da migranti, molti dei quali fuggiti dalla guerra libica, che si sono ritrovati all’improvviso, dopo la conclusione dei progetti di accoglienza, senza alloggio, privi di lavoro e di qualsiasi forma di sostegno economico e hanno deciso di battersi per il diritto fondamentale alla casa e per la loro dignità. Lo stabile di via Gramsci è diventato dunque, grazie alla solidarietà e al lavoro materiale di tante e tante che lo hanno reso agibile e attrezzato,una dignitosa dimora per i migranti, sottratti all’emarginazione e all’esclusione sociale incombente. 

La creazione di una ciclofficina per il recupero delle bici rotte e usate, “Raggi Resistenti”, all’interno dell’ex magazzino occupato, ha permesso di raccogliere contributi per sostenere le spese di gestione delle case occupate, nello spirito del mutualismo e dell’economia solidale e di prossimità, vicina alle persone e non piegata alle brutali regole del mercato, e di sviluppare saperi tecnici e cultura sociale per promuovere la mobilità sostenibile in città.

Ma l’edificio di via Gramsci è diventato nel tempo anche il simbolo di uno spazio restituito alla città, contribuendo a sviluppare consapevolezza sulla grave situazione di consumo di suolo che riguarda vaste aree urbane ed extraurbane e mostrando la possibilità concreta di un processo di rigenerazione urbana socialmente virtuoso ed economicamente sostenibile.

Uno spazio che ha rappresentato, per comitati, associazioni, laboratori sociali, operatori dell’economia solidale e del riuso, famiglie, gruppi di mutuo aiuto e singoli cittadini, un luogo di socialità e costruzione del “comune” nel cuore di una città che si è vista sottrarre, nel tempo, tutte le possibilità di aggregazione e partecipazione.

Nell’edificio di via Gramsci hanno preso vita, giorno dopo giorno, eventi e iniziative di controcultura, mutualismo ed economia solidale, da “Expo alla rovescia”, ad “ABiCi per il diritto alla città”, a “Tante strade nessuna scorciatoia”, al “Mercato del riuso, dell’artigianato e delle associazioni”, a molti altri eventi sui temi cruciali della vita della città e del territorio.

Vogliamo che questo spazio sia salvaguardato per l’alta funzione sociale e culturale che svolge, che non diventi di nuovo occasione di business e sia sottratto a qualsiasi intento speculativo. Chiediamo che la città si mobiliti per difendere un luogo fisico e simbolico che rappresenta un patrimonio per l’intera collettività. La speculazione immobiliare e la logica mercantilistica non possono avere il sopravvento sulla vita delle persone, sulla possibilità stessa di avere un’esistenza dignitosa per chi, a causa di un sistema predatorio e disumanizzante, è privato dei diritti umani fondamentali.

La città solidale ha già cominciato a mobilitarsi!

 
Arsave – Laboratorio per la città che vogliamo

 
Per adesioni e commenti scrivere a: laboratorio.arsave@gmail.com

La casa è un diritto non una frontiera! Appello contro il legame alloggio – permesso di soggiorno

Appello contro il requisito della disponibilità d’alloggio come condizione per il rinnovo del permesso di soggiorno

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Mentre la fabbrica della clandestinità, degli Hotspot e della frontiera europea esterna funziona a pieno regime, altri stratagemmi nazionali attuano il piano – europeo e non solo – di rendere invisibili ed irregolari un numero sempre più ampio di persone, senza risparmiare coloro che hanno già in tasca un permesso di soggiorno e che sono presenti sul territorio italiano da tempo.

Tra le numerose richieste amministrative vessatorie e spesso illegittime, vi è la richiesta delladisponibilità di un alloggio che, quando non riporta nella irregolarità i cittadini stranieri, impedisce il mantenimento di diritti già riconosciuti, come lo status di titolare della protezione internazionale, o ostacola l’acquisizione di status più stabili, com’è quello del titolare di soggiorno permanente.

Da oltre un anno, infatti, la dimostrazione della disponibilità di un alloggio si è fatta sempre più rigorosa e complicata, andando a costituire spesso l’unico motivo di rifiuto del permesso di soggiorno da parte delle Questure. Ciò avviene anche nei confronti dei titolari della protezione internazionale ed umanitaria, il cui diritto alla permanenza sul territorio nazionale è disposto dalle Commissioni Asilo e non non dovrebbe dipendere dai funzionari della Polizia di Stato.

Questa condotta degli Uffici Immigrazione delle Questure è diretta a colpire tutte quelle persone che si trovano a fare i conti con la crisi abitativa: chi è senza casa e dorme in strada, in stazione, in un edificio abbandonato; così come chi abita negli spazi occupati ed autogestiti che rivendicano pubblicamente una soluzione al dramma della perdita di una casa.

Nessuna normativa né la giurisprudenza impongono che la sistemazione alloggiativa sia da dimostrare necessariamente tramite l’esibizione di contratti di proprietà, di locazione o di comodato d’uso gratuito, ma la realtà che osserviamo ogni giorno ci mostra che centinaia di migranti sono costretti a ricorrere alla compra-vendita delle dichiarazioni di ospitalità corredate da ulteriori documenti e contratti pur di non perdere il diritto di soggiorno faticosamente conquistato. Un vero e proprio mercato che alimenta l’ennesimo business di profittatori sulla pelle dei migranti, estensione diretta delle reti criminali che speculano sulle migrazioni e che il Governo afferma di voler sconfiggere!

Se da tempo combattiamo il legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, ci troviamo oggi di fronte ad una escalation nella discriminazione verso i cittadini stranieri, compresi i titolari di protezione internazionale. Siamo infatti nella paradossale situazione per cui l’emergenza abitativa che affligge il territorio nazionale, imputabile al fallimento delle politiche pubbliche più che alla responsabilità individuale delle persone, è usata a pretesto per cancellare i diritti. Ed è ancor più paradossale che questa condotta colpisca chi è fuggito da guerre e persecuzioni e si trova sotto la tutela dello Stato Italiano perché rifugiato, protetto sussidiario o umanitario!

Come già avvenuto con l’articolo 5 del Piano Casa – Decreto Lupi, in tempi di crisi l’amministrazione non si fa scrupolo di rendere invisibile e condannare la fragilità sociale, negando l’iscrizione nei registri anagrafici e l’allaccio ai servizi primari come l’erogazione di acqua e corrente elettrica. Consideriamo altrettanto irresponsabile, nonché in aperta violazione della normativa, la pratica di clandestinizzazione qui denunciata, che favorisce il ricorso a sotterfugi e a pratiche di illegalità.

Siamo di fronte ad una vera e propria pratica di espulsione sociale di fasce di popolazione in situazione precaria, accentuandone le difficoltà tramite ostacoli ammnistrativi.

Per queste ragioni chiediamo

che la continuità dei diritti del soggiorno non sia più ostacolata per chi è in situazioni di precarietà abitativa; che la reperibilità sul territorio sia accertata tramite l’auto-dichiarazione dell’interessato o, quando possibile, con la mera dichiarazione di ospitalità;

che sia accettato e riconosciuto come dimora valida, ai fini del rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, il domicilio dichiarato presso realtà collettive (associazioni, enti religiosi, etc) concordi a costituire punto di riferimento per la persona ad ogni effetto

Ci impegniamo a sostenere queste rivendicazioni, a farne campagna e vertenza!

Per aderire: casenonfrontiere@gmail.com

Primi firmatari:

Sportello Migranti TPO (Bologna), Associazione Città Migrante (Reggio Emilia), Sportello Diritti per tutti – Casa Madiba Network (Rimini), Associazione Diritti Lavoratori ADL Cobas Emilia-Romagna, Esc Infomigrante (Roma), Astra/Puzzle (Roma), Action Diritti in Movimento (Roma), Network Agenzie Diritti Municipali (Roma), L’Altro Diritto Sicilia, Sportello diritti – spazio sociale La Boje (Mantova)

Cucine senza frontiere 2016 – A tavola per il diritto all’abitare

Osteria banner

 

Anche quest’ anno l’osteria Cucine senza frontiere apre la stagione invernale

a Casa Bettola (Via martiri della Bettola, 6 RE) con tre appuntamenti:

Sabato 23 Gennaio – Sabato 20 Febbraio – Sabato 19 Marzo

Come sempre il contributo delle cene andrà a sostegno dei lavori di autorecupero delle case occupate di via Gramsci e via Gorizia per ribadire che l’abitare è un diritto di tutte e tutti!

Per informazioni e prenotazioni 338 7663416

Scarica la locandina

Il progetto “Cucine senza frontiere” dell’ associazione Città Migrante nasce due anni fa a Reggio Emilia.Come tutti i nostri progetti prende vita dal confronto e dalle riflessioni che inevitabilmente si sviluppano tra le mura dei nostri spazi sociali, che quotidianamente viviamo e rendiamo vivi.Mura che potremo definire trasparenti, in quanto ci permettono tutti i giorni  di osservare con sguardo critico quello che accade intorno a noi, nella nostra città, nel mondo, scegliendo di non restarne indifferenti. Spazi attraversati da tante e tanti, anche da chi, fuggito dalla guerra e dalla miseria, si ritrova oggi in Italia e tante volte non per scelta. Le attuali politiche sull’immigrazione infatti non lasciano molto spazio alla scelta.

Il Regolamento di Dublino prevede che la richiesta di asilo debba essere fatta nel primo paese di arrivo.Rimanere in Italia per tanti non diventa dunque una scelta e una volta finito l’iter per la richiesta di asilo, termina nella maggior parte dei casi anche il percorso di accoglienza.Quello che accade al termine di questi percorsi rimane spesso nascosto, al riparo dallo sguardo indiscreto delle coscienze di tanti.Centinaia di persone, chiuse le porte dell’ “accoglienza” si ritrovano in molti casi in strada, senza una casa e un lavoro. Da questo momento le uniche porte ad aprirsi sono spesso  quelle dello sfruttamento, del lavoro nero, dell’ isolamento. La persona diventa il profugo. Il percorso di disumanizzazione è breve, mentre quello che si cerca è solo una vita dignitosa.

Negli ultimi due anni a Reggio Emilia, alcune di queste persone uscite dai percorsi di accoglienza e costrette a dormire in strada, hanno deciso di riappropriarsi del diritto alla casa, occupando due stabili abbandonati e lasciati da tempo al degrado.Con il supporto di tante e tanti comincia il percorso di autorecupero di questi spazi, che pian piano ricominciano a prendere vita, riacquistando la dignità che anni di abbandono gli avevano sottratto. La cittadinanza risponde numerosa alle richieste di sostegno e in breve tempo in queste case vuote arrivano letti, armadi, cucine, stufe per scaldarsi. Gli abitanti delle case non hanno però un lavoro che gli consenta di sostenere le spese di gestione di una casa.Ognuno di loro ha però delle competenze, saper cucinare per esempio.Le prime ricette le sperimentiamo tra di noi ma in breve tempo un’ idea si trasforma in un progetto reale.Nasce l’osteria “Cucine senza frontiere”. Non ci sembra vero: la gente chiama per prenotare un posto alle nostre cene, e sono anche in tanti! E mentre l’ Europa erige frontiere, noi proviamo ad abbatterle.

Da quel momento sono passati due anni e il progetto “Cucine senza frontiere è cresciuto”. C’è chi è più bravo a cucinare e chi meno, c’ è chi è appena arrivato e non capisce bene cosa sta succedendo ma ci prova lo stesso, c’è anche chi non è pronto a crederci e si ferma.Alcuni dei nostri cuochi sono rimasti, altri sono andati via. Di questi qualcuno ci chiama ancora, qualcun altro invece ha scelto di proseguire il viaggio senza voltarsi indietro perché la nostalgia è un lusso che non tutti si possono permettere.Tanti altri ne arriveranno.Abbiamo scelto di credere in questo progetto e di non fermarci. Continueremo a lottare e lo faremo tra i banchi di una scuola di italiano, dentro una ciclofficina autogestita, nelle piazze e perchè no tra i fornelli! E le mura dei nostri spazi sociali continueranno ad essere trasparenti e noi non smetteremo di guardare oltre.

Mercato del riuso, dell’artigianato e delle associazioni

 

martedì 8 dicembre 2015 dalle 9 alle 17
Mercato del riuso, dell’artigianato e delle associazioni
“Tante strade, nessuna scorciatoia”
Ex Magazzino dei formaggi occupato Via Gramsci 44, Reggio Emilia
mercato 8 dicembre

Durante la giornata i capannoni recuperati dell’ex magazzino dei formaggi ospiteranno, oltre ad un grande mercato del riuso e dell’artigianato, arte di strada e stand di cibo.

Ciclofficina Raggi Resistenti organizza “(H)asta la victoria” per recuperare bici, diritti e dignità, e Cucine senza frontiere invita ad un pranzo multietnico (su prenotazione 338/7663416).

Nel mercato è prevista anche un’area dedicata alle associazioni. Se sei un’associazione e vuoi partecipare con il tuo banchetto scrivi a: mercatino.boario@gmail.com

Promosso da Arsave – laboratorio per la città che vogliamo

“Arsave- Laboratorio per la città che vogliamo è un invito alla partecipazione politica dal basso. Un laboratorio di teoria e pratica in cui sperimentare percorsi di pensiero e forme di lotta per determinare insieme lo sviluppo della città e costruire esperienze di mutualismo nella crisi, ormai strutturale e sistemica. “

Il 5 dicembre presso la Ghirba- biosteria della Gabella vogliamo aprire uno spazio di discussione pubblica e politica in cui condividere domande e trovare insieme strade da percorre per opporci al sistema capitalista e costruire una prospettiva di vita degna per tutte e tutti. (https://www.facebook.com/events/788527554590934/)
L’8 dicembre con il mercatino del riuso, dell’artigianato e delle associazioni traduciamo nella pratica il nostro agire politico ed aggiungiamo un mattone per costruire la città che vogliamo.
Partiamo dallo spazio, non solo da un punto di vista fisico ma anche simbolico e concreto nello stesso tempo . L’iniziativa infatti si svolgerà presso l’ex magazzino dei formaggi in Via Gramsci 44. L’ex magazzino dei formaggi è stato occupato nel maggio del 2014 da migranti, molti dei quali scappati dalla guerra in Libia, che una volta fuoriusciti dai progetti di accoglienza si sono ritrovati in strada e hanno deciso di riappropriarsi del diritto all’abitare. Uno spazio quindi che fisicamente è riparo per chi una casa non ce l’ha ma anche uno spazio che con la sua occupazione denuncia come tante siano le persone in strada e tanti siano gli stabili abbandonati.
Un’immobile sottratto alla rendita e al capitale e ridistribuito a chi non è in grado economicamente di sostenere le spese di un alloggio. Uno spazio abitativo reso agibile, attrezzato e ammobiliato grazie alla solidarietà e al lavoro materiale di tante e tante. Ma non è sufficiente. L’ex magazzino dei formaggi è uno stabile molto grande, e oltre alla parte abitativa è formato da un grosso, enorme capannone. Cosa fare di tanto spazio? Restituirlo alla città costruendo una consapevolezza del consumo di suolo che investe molte aree del nostro territorio dimostrando che una reale rigenerazione urbana è possibile ed anche economicamente sostenibile.
Lo scorso 11 e il 12 aprile poche settimane prima dell’inaugurazione dell’EXPO a Milano i capannoni dell’ex-magazzino dei formaggi si sono trasformati nella fiera dei diritti e della dignità. Un “EXPO alla rovescia” per capovolgere il modello di sviluppo proposto dall’Esposizione Universale, grazie alla cooperazione di tante e tanti. Un’occasione in cui ci siamo confrontati sulla giustizia sociale ed ambientale mettendo a valore diverse esperienze di lotta, sulla gestione del territorio e dei beni comuni, su come ridistribuire la ricchezza e le risorse e come riappropriarci del reddito e dei diritti.
Oggi l’esposizione universale è giunta al termine e si propone come modello di un sistema che alimenta se stesso saccheggiando il territorio, lasciando debiti sia umani che ambientali. Oggi le prospettive di futuro che abbiamo davanti diventano sempre più cupe dove un clima internazionale di guerra e di stato d’emergenza polarizza sempre di più le scelte dei governi europei nell’innalzare frontiere esterne ed interne, tra chi può accedere ai diritti e chi no, chi è incluso e chi è escluso, chi è cittadino e chi non lo è, chi può vivere e chi no. Questo contesto di incertezza e insicurezza induce sempre di più ampi strati della popolazione nel ricercare la soluzione in un ipotetico rifugio individualista e spesso tendente al razzismo “ mors tua vita mea”, rinunciando anche alla libertà in nome di una presunta sicurezza.
Davanti a tanta miseria vogliamo reagire cercando insieme ciò che ci unisce, sperimentando percorsi nuovi, pur nelle difficoltà, nelle fatiche e nelle contraddizioni che quotidianamente viviamo, consapevoli che non ci siano scorciatoie, ma nella direzione di costruire uguali e dignitose possibilità di vita per tutte e tutti.
L’iniziativa dell’8 dicembre si inserisce in questo contesto come forma di reazione e di resistenza mettendo in campo cooperazione dal basso, esperienze di mutualismo sperimentando altre forme di economia. Quindi un’economia di prossimità e vicina alle persone, l’esatto opposto del libero mercato che impone dall’alto le regole che governano le nostre vite e che tanti guasti ha e sta producendo. Un mercato del riuso che vuole ridare nuova vita a tutti quei beni che ancora possono essere utilizzati senza andare a saccheggiare altre risorse ambientali ed umane. Questo mercato vuole essere anche uno spazio dove valorizzare l’ingegno attraverso le forme di artigianato e riciclaggio di materiali, attraverso l’arte di strada per creare un contesto culturale in cui stare insieme e mettere in evidenza le varie espressioni artistiche. Un’asta di biciclette curata dalla ciclofficina Raggi Resistenti, con sede proprio all’interno dell’ex magazzino dei formaggi occupato, che promuove una mobilità sostenibile, un laboratorio dove scambiarsi saperi , dove si recuperano biciclette e i contributi vengono utilizzati per sostenere le spese di gestione delle case occupate. Così il pranzo curato da Cucine senza frontiere permette di degustare piatti di vari paesi e allo stesso tempo di far fronte ai diversi costi di mantenimento delle strutture occupate.
L’8 dicembre sarà l’occasione per valorizzare le esperienze di mutualismo presenti nel nostro territorio , dove mettere in pratica una cooperazione sociale nel senso letterale del termine e dove stare insieme perchè a “ mors tua vita mea” rispondiamo con forme di mutualismo in cui individui (in biologia anche di specie diverse) si mettono insieme per trarne beneficio reciproco.
L’ex magazzino dei formaggi occupato è di nuovo pronto per un evento pubblico, preparato, allestito, pulito, pitturato e abbellito grazie al lavoro collettivo di tante mani e tante intelligenze di diversi colori. Vi aspettiamo con il desiderio di non avere un pubblico ma degli attori pronti a mettersi in gioco per costruire mattone dopo mattone la città che vogliamo.

Arsave- Laboratorio per la città che vogliamo

Stay Human – in piazza contro Isis, terrorismo e guerre

Sabato 14 novembre 2015 ore 18.30 Piazza Prampolini (RE)

14 novembre

Dopo i luttuosi attentati di ieri sera avvenuti in differenti luoghi di Parigi costati la vita a più di 120 persone sentiamo la necessità di scendere in piazza per dimostare la nostra ostilità a tutte le complesse politiche che hanno creato questo contesto di guerra aperta. Vogliamo pace e non vogliamo la guerra ma non vogliamo neanche che la nostra indignazione si confonda nel marasma qualunquista di oggi. Proprio in questi momenti forze politiche nazionaliste e fasciste si stanno mobilitando per chiedere la totale chiusura delle frontiere a profughi e migranti e l’apartheid di tutte le nostre sorelle e fratelli di religione musulmana, ovvero le vittime indirette di questi attentati. La nostra pace deve qualificarsi e individuare chi e come finanzia e supporta il terrorismo dell’ Isis, chi promuove politiche neocoloniali e lucra nel mercato degli armamenti. La nostra pace mette sullo stesso piano le vittime innocenti di Parigi, di Ankara della Siria e di tutti quei luoghi che compongono la mappa dei conflitti armati.
La nostra è una pace di parte, dalla parte degli esclusi, delle vittime e di tutti quei militanti politici kurdi che tutti i giorni combattono l’Isis in Siria, Iraq e Turchia per costruire un nuovo modo di stare insieme democraticamente.

Laboratorio Aq16, Casa Bettola, associazione Città Migrante, studenti autorganizzati

Solidarietà europea per Cucine senza frontiere

cucine senza frontiere

Un settimanale di sinistra con sede a Zurigo www.woz.ch che esiste da 35 anni ed è gestito da una cooperativa organizza viaggi di studio per le sue lettrici e i suoi lettori nei Paesi Baschi, in Francia, in Germania e in Italia. Uno di questi gruppi in viaggio in Italia, che ha affrontato il tema della sinistra italiana dalla Liberazione ad oggi, dopo vari incontri ha terminato il percorso venerdì 16 ottobre a Casa Bettola con un’iniziativa di Cucine senza Frontiere sostenendo gli abitanti degli stabili occupati di Via Gramsci e Via Gorizia. La cena, a cura degli abitanti delle case, è stata un momento importante di approfondimento e di racconti dei profughi che fuoriusciti dai progetti di accoglienza si sono ritrovati senza casa e hanno deciso di riappropriarsi del diritto all’abitare occupando degli stabili abbandonati nella città di Reggio Emilia. La serata è stata occasione di scambio e confronto di esperienze di lotta ma anche un gesto di solidarietà concreta, grazie al quale quest’inverno sarà un po’ meno freddo perché il contributo offerto per la cena andrà a sostenere le spese della legna per riscaldare le case occupate.

 

European solidarity for Cucine Senza Frontiere (kitchens without borders)

The WOZ – Die Wochenzeitung, a leftist weekly magazine based in Zurich (www.woz.ch), funded 35 years ago and managed by a cooperative, has been organizing study tours for its readers in the Basque Country, France, Germany and Italy.The last week, one of these groups was on its journey in Italy to deepen the history of the Italian left from the Liberation to present days and to meet several protagonists and activists.

At the end of their intense meeting agenda they decided to spend an evening in Casa Bettola, enjoying the dinner prepared by Cucine Senza Frontiere and willing to know the experience of the squats for housing purpose in Reggio Emilia.

Cucine Senza Frontiere is an initiative set up by the inhabitants of the squats in Via Gorizia and Via Gramsci, in order to address the basic needs and problems posed by a squatting. The inhabitants are refugees and asylum-seekers that, after the institutional host projects ended, found themselves homeless and decided to claim their right of housing by occupying two empty buildings in Reggio Emilia.

That event was an interesting occasion for exchange of experiences and discussion on political struggles. But it was also a gesture of real solidarity, thanks to which the coming winter will be a bit less freezing: the contributes collected for the dinner will be used for buying wood to warm the houses.

Di ritorno da Ventimiglia

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Siamo stati alla manifestazione di Ventimiglia dove abbiamo visto e toccato con mano la violenza del confine già a partire dai controlli per raggiungere il presidio No Borders, dalla militarizzazione del territorio, dalle minacce di identificazione nei confronti dei migranti che avevano trascorso la notte al centro di accoglienza della Croce Rossa e volevano raggiungere il concentramento, fino alle cariche a freddo della polizia in tarda serata contro le attiviste e gli attivisti del presidio No Borders rimasti in stazione e riuniti in assemblea. Quelle attiviste e quegli attivisti che in tutti questi mesi, con lavoro, fatiche e tante difficoltà assieme ai migranti sono stati in grado di dare vita al presidio No Borders.

Una giornata quella di domenica, preceduta dallo sgombero del presidio No Borders della pineta dei Balzi Rossi, in cui la libertà di movimento è stata totalmente, letteralmente, reclusa. Chiusi in stazione, circondati dalle forze dell’ordine. Non ci si può muovere. Nulla è autorizzato. Le attiviste e gli attivisti rimangono ingabbiati, la maggior parte dei migranti al centro di accoglienza con una camionetta della polizia che li separa dal resto. Ecco l’emblema del confine. Non si passa, o almeno non alla luce del sole. Così come per arrivare in Europa i viaggi sono clandestini, lo stesso vale per le frontiere dentro l’Unione. Si attraversano i boschi dell’Ungheria di notte, o ci si affida al passeur a Ventimiglia. Ecco l’Europa ed ecco Dublino che ingabbia.

Abbiamo però letto di 3000 sans papiers a Parigi in solidarietà a Ventimiglia, di cortei a Marsiglia e a Helsinki, reti di migranti e attivisti che continuano a resistere al confine e a lottare per la libertà di movimento. E una tre giorni di mobilitazione internazionale a Bruxelles il 15,16 e 17 ottobre in occasione dell’Eurosummit. Il primo appuntamento sarà nel blocco mattutino del 15 assieme ai sans papiers ed ai migranti per rivendicare un’Europa che sappia abbandonare l’austerità e i propri confini interni ed esterni. Per costruire tutti e tutte assieme un altro concetto di cittadinanza, Welcome to Europe l’appello per una mobilitazione internazionale per fermare le stragi di migranti in mare, per l’apertura di canali sicuri e garantiti, per il riconoscimento del diritto d’asilo europeo, per un’accoglienza degna e per la libertà di circolazione in Europa.

Siamo partiti da Reggio Emilia, con tanti materiali da portare al presidio No Borders, coperte, vestiti, scarpe, materassini e molto altro grazie a tante e tanti che da Reggio, anche se non presenti personalmente hanno voluto dare il proprio contributo. Non riuscendo ad allestire un nuovo presidio le attiviste e gli attivisti hanno preferito non raccogliere i materiali, per evitare che venissero buttati via dalle forze dell’ordine. Siamo tornati con le macchine piene di vestiti e di rabbia perché il presidio No Borders a cui erano destinati non ha un luogo, ma pronti e sempre più convinti di seguire e di stare nel cammino di dignità di migliaia di donne e uomini che con i loro corpi agiscono la libertà di movimento mettendo di fatto in crisi le politiche in tema di immigrazione e svelandone il loro totale fallimento.

Tutto quello che abbiamo raccolto grazie a tante a tanti, non verrà gettato nel pattume, né accantonato in attesa di un’emergenza, lo utilizzeremo per i migranti a Reggio Emilia che ritrovandosi in strada hanno occupato degli stabili abbandonati riappropriandosi del diritto all’abitare. Un altro percorso di dignità.

Condividiamo la cronaca della giornata dal blog del presidio No Borders di Ventimiglia;
http://noborders20miglia.noblogs.org/post/2015/10/05/report-della-giornata-del-4-ottobre/

Ass. Città Migrante

We are not going back – Ventimiglia ovunque

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Siamo da poco rientrati dalla carovana Open Borders Caravan, a Botovo, fra Croazia e Ungheria testimoni delle politiche fallimentari europee.
Da una parte un’Europa chiusa che respinge e con violenza controlla i confini esterni ed interni, dall’altra parte i migranti che con i loro corpi attraversano le barriere ridisegnando le geografie europee e una risposta solidale di tante e tanti nei confronti di chi è in viaggio alla ricerca di condizioni di vita migliori.

Ed oggi con lo sgombero del presidio No Borders della pineta dei Balzi Rossi a Ventimiglia, al confine fra Italia e Francia, viene ancora una volta confermata la natura violenta dei confini interni all’Europa.
Esprimiamo solidarietà a tutti i migranti e agli attivisti che oggi costretti da un’azione violenta di polizia si sono ritrovati di nuovo sugli scogli come quei giorni di giugno in cui tutto iniziò . Ed è notizia di poche ore fa che il vescovo mons. Antonio Suetta ha negoziato l’uscita dagli scogli. I migranti dono stati portati al centro della Croce Rossa di Ventimiglia, senza identificazione. Gli attivisti sono stati invece portati in caserma per essere identificati e a quanto sembra senza fogli di via.

Dal quel giugno centinaia di migranti sono transitati per il presidio No Borders, seriamente intenzionati al proseguimento del proprio viaggio verso la Francia ed i territori della Gran Bretagna. Non è stato sufficiente essere sopravvissuti ai cosiddetti viaggi della speranza, aver attraversato il deserto ed il mare, essersi scontrati con la durezza del contesto libico , perché ribadiamo non esistono canali di accesso regolari e garantiti per arrivare in Europa per le persone in fuga da guerre , miseria, disastri climatici e politiche neocolonaliste. Ora lo scontro con il meccanismo perverso dei Regolamenti di Dublino, del fallimento delle strategie europee in tema di immigrazione, delle varie speculazioni politiche dei singoli governi che di fatto hanno creato ad ogni frontiera nazionale una nuova Lampedusa. La brutalità della frontiera esterna viene oggi moltiplicata ad ogni valico tra paese e paese creando ghetti, campi profughi e di fatto impedendo la libera circolazione e la libertà di scelta delle persone.

Nei prossimi giorni saremo disponibili ad essere a Ventimiglia per dare solidarietà attiva ai migranti ed agli attivisti che allo stesso modo subiscono da mesi attacchi pesanti sia dal punto di vista poliziesco che penale.
Sono passati ormai due anni dalla strage di Lampedusa, che ha suscitato tanto clamore mediatico, ma da cui nulla e cambiato in tema di politiche migratorie, sono invece i migranti stessi con i loro corpi che trasformano questa Europa piegando le logiche di frontiera e non accettando più il ruolo delle vittime. La misura in cui in questi mesi in tutta Europa si è dato vita a forti movimenti di sostegno ai migranti in viaggio dimostra come la realtà europea è ben diversa da quella che vorrebbero imporre Orban ed i Salvini di turno.

Coalizioni dei Centri Sociali dell’Emilia Romagna(Tpo, Làbas, Lab aq16, Casa Bettola, Casa Madiba Network, Ass. Città Migrante, Ass. Rumori Sinistri)

Verso Ventimiglia, presidio No Borders: raccolta materiale per il 3 ottobre

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Questo 3 ottobre andremo al Presidio No Borders a Ventimiglia.
Sono passai due anni dalla strage di Lampedusa che ha suscitato tanto clamore mediatico e molte dichiarazioni politiche che non hanno poi di fatto cambiato nulla in tema di politiche di immigrazione. Dal 3 ottobre 2013 tante altre stragi si sono susseguite e ad oggi non è stato aperto nessun canale di accesso regolare e garantito per l’Europa per chi fugge da guerra o miseria alla ricerca di un futuro migliore.
Migliaia di donne uomini e bambini che tentano di raggiungere l’Europa e di varcare i confini interni, dall’Ungheria alla Grecia, passando per Ventimiglia. Migliaia di persone che con i loro corpi ridisegnano le geografie forzando le politiche migratorie europee.
Questo 3 ottobre come associazione Città Migrante vogliamo dare un segnale concreto raggiungendo il presidio No Borders a Ventimiglia per portare solidarietà e materiale di prima necessità, intessere relazioni con gli attivisti e i migranti, per essere là dove la storia avviene.
Chi vuole unirsi a noi può scrivere a cittamigrante@gmail.com o telefonare al num 349/0977015.
Punto raccolta materiali:
giovedì 1 ottobre dalle 15 alle 18 presso ciclofficina Raggi Resistenti Via Gramsci 44 (RE)
giovedì 1 ottobre dalle ore 21 alle ore 22,30 presso Lab aq16 Via Fratelli Manfredi, 14 (RE)
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– intimo da uomo
– calze da uomo
– scarpe numero maggiore di 40
– coperte, sacchi a pelo
– scaffali, cassettiere
Ass. Città Migrante

Politica e immigrazione, migranti e politica

vignetta-19-aprile

“La politica non ci interessa, anzi credo sia un problema. In Africa scatena le guerre…”
Queste sono le parole di Nelson, 29 anni nigeriano, riportate sul quotidiano “Il Resto del Carlino” che ha curato un’intervista di alcuni dei ragazzi che dopo le polemiche degli ultimi giorni sono tornati a prestare servizio a Festa Reggio. Nelson, così come tanti altri è uno dei profughi (sarebbe più corretto chiamarlo richiedente asilo) accolto all’interno del progetto di accoglienza a Reggio Emilia. La politica non interessa a Nelson, così come a tanti altri, ma proprio su di loro si gioca la partita politica, si prendono o si perdono voti, si istituiscono regolamenti regionali, si producono leggi nazionali, si emanano decreti, si finanziano progetti. Non solo a Reggio Emilia, non sono in Italia ma in tutta Europa.
Da una parte le politiche di accoglienza dall’altra i loro corpi che attraversano i confini, che ridisegnano le geografie, da vivi e troppo spesso da morti. Ogni giorno ormai abbiamo notizie di chi non ce la fatta, di chi è morto annegato in mare, asfissiato nella stiva di una barca o dentro un tir. E in Europa si erigono muri, si investe nel controllo delle frontiere di chi fugge da guerra e miseria, rimane in vigore (se non eccezionalmente e per alcune categorie di migranti, in Germania dove la Merkel si rifà la faccia dopo lo strappo greco e i migranti vengono usati, come spesso succede, come merce di scambio) il Regolamento di Dublino che impone la richiesta di asilo nel primo paese di arrivo e si da la caccia ai trafficanti di uomini che organizzano questi viaggi clandestini. Non abbiamo sentito parlare di canali umanitari, non abbiamo sentito parlare di canali di accesso regolari per arrivare in Europa. E’ notizia recente inoltre che la Gran Bretagna intende fermare la libera circolazione all’interno dello spazio Shengen e permettere l’ingresso solo a chi ha un lavoro stabile e la Francia continua i blocchi alla frontiera di Ventimiglia.

In queste nostre righe vogliamo spazzare via discorsi populisti e propagande politiche per dare spazio ad alcuni dati e raccontare una realtà, certo difficile, piena di contraddizioni ma con la quale inevitabilmente tutti noi abbiamo a che fare.
Lo abbiamo detto più volte, ma oggi vale la pena ribadirlo, perché intorno alla vicenda dei profughi e dell’accoglienza che ha coinvolto la nostra città , si sono dette molte cose, alcune anche molto ambigue, che hanno contribuito a creare molta confusione: innanzitutto se queste persone potessero arrivare in Italia o in Europa in maniera regolare, anche con un semplice visto, magari prendendo un aereo non lo farebbero? Affiderebbero la loro vita in mano ai trafficanti di esseri umani? Non ci vogliono di certo studi particolari per rispondere che non lo farebbero, e non ci vogliono nemmeno studi particolari per comprendere che chi è disposto a rischiare la propria vita non lo si potrà fermare.

Veniamo al dato economico : nel 2015 il budget stanziato per Frontex ( che ha come scopo il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE e l’implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l’Unione europea per la riammissione dei migranti respinti lungo le frontiere )è stato incrementato del 14% rispetto allo scorso anno . Sono stati stanziati 114 milioni di euro.
Denaro che potrebbe essere utilizzato per l’accoglienza in diversi paesi europei fra cui il nostro.
Inoltre, per venire al nostro paese, dalle ultime elaborazioni della Fondazione Leone Moressa su dati Istat e Ministero delle Finanze, attraverso calcoli molto complessi ci dicono che fatti i conti costi-benefici, l’Italia ci guadagna 3,9 miliardi l’anno con il contributo economico degli immigrati. (Il Corriere Della Sera ha riportato la notizia in un suo articolo il 24 novembre del 2014).
Altra questione che sembrerebbe scontata : non c’è niente di così casuale come il luogo in cui si nasce e spesso il luogo di nascita determina lo sviluppo e la vita di un individuo, oltre al passaporto che gli permetterà o meno di cambiare, migliorare la propria vita o in molti casi di sfuggire alla morte.

Veniamo agli animi che si sono accesi durante questo fine agosto. La discussione nasce dai trenta profughi che prestano servizio volontario a Festa Reggio. L’attacco parte dalla Lega Nord contro il PD che utilizza a propria utilità queste trenta persone. Innanzitutto pensiamo che alla Lega interessi ben poco di questi migranti ma che siano stati un’ottimo pretesto per attaccare il PD (che sicuramente non sosteniamo) e in generale costruire un campagna mediatica che come sempre trova le sue fondamenta nella questione immigrazione. Detto questo ora la vicenda sembra riguardare le varie querele che la Lega fa al PD e che il PD fa alla Lega. Su Salvini e sulla Lega Nord non spendiamo altre parole ora, abbiamo già espresso il nostro dissenso il 25 aprile del 2014 quando organizzò un convegno sull’Euro a Reggio Emilia.
Notiamo come il Movimento 5 Stelle non intenda cedere il passo in fatto di speculazione politica nei confronti della Lega chiedendo chiarezza su di un bando per la gestione di 30 profughi che il comune ha affidato alla Dimora di Abramo. Crediamo che in questa particolare fattispecie intendano affidamenti relativi al progetto Sprar che giusto per dovere di cronaca non è lo stesso progetto comunemente chiamato Mare Nostrum. Il M5S, per voce della parlamentare Maria Edera Spadoni chiede se esistono delle modalità di inserimento anche per i giovani disoccupati cittadini italiani, tanto per buttare tutto nel pentolone e alimentare una guerra fra poveri, dividendo italiani colpiti dall’auserity e migranti. E’ giusto monitorare sui bandi, in particolare dove e come vengano spesi i soldi pubblici, ma su di una cosa fondamentale glissa il M5S; è lecito o meno un piano di accoglienza di fronte all’epocale fenomeno migratorio che vive l’Europa e l’Italia? Aldilà delle rendicontazioni e della gestione più o meno virtuosa dell’accoglienza, interessa al M5S reggiano la sorte di quei trenta ragazzi approdati nel nostro territorio? La lega su questo è chiara, la retorica infame della ruspa non ha bisogno di presentazioni, ci piacerebbe sapere invece la posizione dei grillini locali.

Da parte dell’Ente gestore c’è stata una leggerezza di fondo e una lettura molto superficiale nel pensare che fare attività di volontariato a Festa Reggio fosse uguale allo svolgere altre attività a titolo volontario presso associazioni o enti no profit.
Detto questo ci interessa brevemente sviluppare il tema del volontariato. In generale il volontariato non dovrebbe mai sostituire posti di lavoro e sappiamo che questo purtroppo spesso succede. L’expo di Milano e le varie forme di stage lo dimostrano.
Ma la domanda che facciamo è un altra, perché questi ragazzi devono fare volontariato? Perché si devono dimostrare utili? Devono in un qualche modo darci indietro qualcosa? No. Questi ragazzi che ci piaccia o meno non ci devono dare niente. Quello che si costruirà e quello che daranno alla nostra società e alla nostra comunità dipenderà da quello che tutti noi (compreso in questo noi anche “loro”) saremo in grado di mettere in campo a partire dalle relazioni, che come è ovvio si costruiscono sempre almeno in due.
Non è quindi per pagare un debito morale od economico ciò che sottende il coinvolgimento di questi ragazzi in attività volontaristiche, la realtà è che queste attività dovrebbero permettere loro di esercitarsi con la lingua italiana, di costruire relazioni e reti nel territorio, necessarie anche per un futuro prossimo. Il clima in cui viviamo non è sicuramente favorevole, a partire dalle reali difficoltà che coinvolgono sempre più persone e famiglie, ma, ammettendo anche che fosse possibile, non sarà di certo mandando via i migranti che gli autoctoni risolveranno il problema del lavoro e della casa per esempio. Abbiamo assisto alla propaganda neofascista anche nella nostra provincia dove Forza Nuova ha manifestato contro la presenza dei profughi all’Albergo Soliani di Fabbrico.
Come sempre è più semplice dare la colpa al più debole, a chi sta in basso piuttosto che riversare la rabbia verso chi sta in alto e opporsi alle politiche di austerity che producono la povertà di tutte tutti noi.

Come arrivano queste persone nei nostri territori? Molto Brevemente.
Sono quelle che sbarcano sulle coste italiane, i superstiti dei tanti naufragi che leggiamo sui quotidiani locali e “distribuite” nella varie città attraverso dei bandi di gara delle Prefetture per l’accoglienza dei migranti sbarcati sulle coste italiane che rientrano all”interno dello “ straordinario afflusso di cittadini stranieri extracomunitari sul territorio nazionale e richiedenti la protezione internazionale”. Il bando prevede 30/35 euro procapite e l’ente che vince l’appalto dovrà garantire oltre al vitto e all’alloggio vari percorsi sul territorio. I bandi e le convenzioni sono reperibili sui siti delle prefetture, a Reggio emilia il bando è stato vinto dal raggurppamento temporaneo di Impresa di cui la Dimora di Abramo è capofila. I migranti accolti all’interno di questi progetti richiedono tutti la protezione internazionale, per cui per loro inizierà l’iter di attesa della commissione che valuterà la loro domanda di asilo. I tempi sono spesso lunghi e non è scontato che la domanda vada a buon fine e si scontrano con l’iter burocratico della richiesta di asilo e di tutto quello che ciò comporta. Non hanno scelto di venire a Reggio Emilia e molte volte nemmeno in Italia, ma in Italia devono rimanere perché lo impone il Regolamento di Dublino. Sono alla ricerca di un lavoro e sperano di poter cambiare la propria condizione di vita, c’è chi fugge dalla guerra, dalla dittatura e chi da condizioni di miseria. Stefano Liberti, giornalista, afferma che potremmo chiamarli “avventurieri”, come loro molto spesso si definiscono.
Facciamo chiarezza innanzitutto che non prendono 30 euro al giorno, in questi trenta euro ci sono tutte le procedure che si mettono in campo per l’accoglienza compreso lo stipendio dei lavoratori. E di posti di lavoro questi progetti ne hanno creati, altri li hanno salvati, pensiamo alla proprietaria dell’hotel Soliani di Fabbrico che ha dichiarato alla stampa che l’albergo senza di loro avrebbe chiuso.
Sulla pelle dei migrati si giocano da sempre partite importanti.

Gli scandali di Mafia Capitale, le varie inchieste aperte dalla magistratura, che ormai non sono più una novità in quanto è il sistema a permettere cose di questo tipo, dimostrano come i migranti sono vittime anche del business che si crea intorno all’accoglienza, dove i fondi finiscono nelle tasche di gestori e politici corrotti, gli stessi politici che poi utilizzano la figura del migrante per propagande razziste e fomentano nei territori la cosiddetta guerra fra poveri, gettando inoltre discredito su tutto il mondo della cooperazione.
Sia chiaro: non pensiamo di trovarci di fronte ad una Mafia Capitale locale.
Non crediamo che la coop Dimora di Abramo sia parte di questo, ma che debba riflettere molto al proprio interno, non in termini di legalità ma di mission e ringraziamo Don Eugenio Morlini e Don Daniele Simonazzi che con il proprio voto contrario a bilancio, e anche se in maniera diversa Don Giuseppe Dossetti, sono stati in grado di porre al centro il mandato che una cooperativa sociale deve avere; l’accoglienza e il benessere dei propri lavoratori in primis.
Vediamo come nel mondo del lavoro questi principi siano spesso violati e dove le cooperative non sono altro che aziende cammuffate e luoghi di sfruttamento lavorativo.
Crediamo inoltre che l’accoglienza vera sia compito dell’ente gestore, delle amministrazioni ma anche di ognuno di noi perché rispecchia il grado di civiltà della nostra comunità. E che sia compito di tutti, ente gestore compreso denunciare le ingiustizie che si incontrano nei processi di accoglienza, da quelle burocratiche/amministrative al non permettere manifestazioni fasciste davanti ai luoghi dove queste persone vivono perché sono ostacoli per un processo di accoglienza degna.

Per concludere è necessario trattare anche la questione del dopo accoglienza. Che cosa è e sarà di queste persone una volta che escono dai progetti? L’iter prevede che una volta finita la procedura della richiesta asilo termina il percorso di accoglienza.
In molti casi queste persone lasciano la nostra città perché si ritrovano senza casa e senza lavoro, e si addentrano nell’inferno del lavoro agricolo del sud Italia finendo spesso nei ghetti balzati più volte agli onori della cronaca, altri lasciano l’Italia per raggiungere paesi europei con un tasso occupazionale più alto. Ma con il permesso di soggiorno ottenuto, non è consentito lavorare in regola in Europa, per cui si è costretti al lavoro nero. E l’ingiustizia continua…

Pensiamo sia giunto il momento di avere coraggio ed aprire un dibattito cittadino vero in cui discutere delle politiche in tema di immigrazione in generale e di accoglienza in particolare, senza paure dei conflitti, che metta in campo e a confronto tutti gli attori del territorio, compreso chi dal basso quotidianamente agisce l’accoglienza e lotta perché in questa città possa esserci spazio per tutte e tutti, anche quando i progetti istituzionali giungono al termine.

Ps: caro Nelson, anche in Italia la politica scatena le guerre, a volte non armate, ma pur sempre di guerra si tratta e a volte le armi le finanzia per altri paesi perché possano usarle. Anche questo è un grosso business.

Ass. Città Migrante, Laboratorio aq 16, Casa Bettola