MARCO ROVELLI PRESENTA IL SUO NUOVO LIBRO: SERVI

Marco Rovelli presenta il suo nuovo libro:
Servi

Il paese sommerso dei clandestini al lavoro


(Feltrinelli)

Martedì 20 ottobre ore 21.00

Presso Laboratorio aq16, Via F.lli Manfredi, 14 (Foro Boario) Reggio Emilia
 
Iniziativa a cura di Ass. Città Migrante
 
L’universo dei clandestini al lavoro. Una situazione drammatica fatta
di violenze e soprusi da parte di caporali e datori di lavoro italiani
che fanno leva sulla ricattabilità della forza lavoro clandestina per
sequestrare loro documenti, trattenere le misere paghe concordate, il
tutto condito da insulti e violenze quotidiane, con la collaborazione
attiva di piccoli malavitosi locali. Uno scenario che mai compare sui
quotidiani nazionali e che invece rappresenta la dorsale nascosta di
un’Italia truce e violenta: l’altra faccia del mito "italiani brava
gente". Dalle campagne siciliane e del foggiano, fino ai cantieri
edilizi e agli ortomercati del Nord, da questo libro emerge una
fotografia brutale del nostro paese.

Marco Rovelli (Massa 1969) insegna, suona e scrive. Tra i suoi libri Lager italiani (2006 Rizzoli), un "reportage narrativo" dedicato ai Centri di permanenza temporanea (Cpt). Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide
(Rizzoli), sulle maorti sul lavoro in italia. Suoi racconti e reportage
sono apparsi su "Nuovi Argomenti", "l’Unità" e "il manifesto". Fa parte
della redazione della rivista "Nazione Indiana". Collabora con
Transeuropa Edizioni.

17 OTTOBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIRAZZISTA A ROMA

Manifestazione Nazionale Antirazzista

manifestazione antirazzista Roma

ROMA 17 OTTOBRE 2009
Piazza della Repubblica, ore 14.30

PARTENZA DA REGGIO EMILIA ORE 7 PARCHEGGIO FORO BOARIO

PRENOTAZIONE PULLMAN: 338/2607783

Il 7 ottobre del 1989 centinaia di migliaia di persone scendevano in
piazza a Roma per la prima grande manifestazione contro il razzismo. Il
24 agosto dello stesso anno a Villa Literno, in provincia di Caserta,
era stato ucciso un rifugiato sudafricano, Jerry Essan Masslo.
A 20 anni di distanza, il razzismo non è stato sconfitto, continua a
provocare vittime e viene alimentato dalle politiche del governo
Berlusconi. Il pacchetto sicurezza approvato dalla maggioranza di
centro destra risponde ad un intento persecutorio, introducendo il
reato di “immigrazione clandestina” e un complesso di norme che
peggiorano le condizioni di vita dei migranti, ne ledono la dignità
umana e i diritti fondamentali.
Questa drammatica situazione sta pericolosamente incoraggiando e
legittimando nella società la paura e la violenza nei confronti di ogni
diversità.
Intanto, nel canale di Sicilia, ormai diventato un vero e proprio
cimitero marino, continuano a morire centinaia di esseri umani che
cercano di raggiungere le nostre coste.
E’ il momento di reagire e costruire insieme una grande risposta di
lotta e solidarietà per difendere i diritti di tutte e tutti rifiutando
ogni forma di discriminazione e per fermare il dilagare del razzismo.
Pertanto facciamo appello a tutte le associazioni laiche e religiose,
alle organizzazioni sindacali, sociali e politiche, a tutti i movimenti
a ogni persona a scendere in piazza il 17 ottobre per dare vita ad una
grande manifestazione popolare in grado di dare voce e visibilità ai
migranti e all’Italia che non accetta il razzismo sulla base di queste
parole d’ordine׃

• No al razzismo
• Regolarizzazione generalizzata per tutti
• Abrogazione del pacchetto sicurezza
• Accoglienza e diritti per tutti
• No ai respingimenti e agli accordi bilaterali che li prevedono
• Rottura netta del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro
• Diritto di asilo per rifugiati e profughi
• Chiusura definitiva dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE)
• No alla contrapposizione fra italiani e stranieri nell’accesso ai diritti
• Diritto al lavoro, alla salute, alla casa e all’istruzione per tutte e tutti
• Mantenimento del permesso di soggiorno per chi ha perso il lavoro
• Contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle persone gay, lesbiche, transgender.
• A fianco di tutti i lavoratori e le lavoratrici in lotta per la difesa del posto di lavoro

Comitato 17 ottobre

Per adesioni: comitatoroma17ottobre@gmail.com

http://www.17ottobreantirazzista.org/

AL VIA LE ISCRIZINI PER I NUOVI CORSI DELLA SCUOLA DI ITALIANO

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font-family:”Times New Roman”La scuola di italiano gestita dall’Ass. Città Migrante ha
continuato i corsi anche durante i mesi di giugno e luglio per fare poi una
breve pausa durante il mese di agosto. Il progetto estivo ha visto come centro
dello svolgimento delle lezioni la storia dell’immigrazione italiana all’estero,
lezioni supportate dall’aiuto di uno storico reggiano. Le lezioni sono state
molto partecipate e gli alunni hanno mostrato interesse per il nuovo tema
proposto.

I  corsi riprenderanno
all’inizio di ottobre con due livelli. Il lunedì dalle 20.00 alle 22.00 si
terrà il corso per principianti e il mercoledì dalle 20.00 alle 22.00 quello
avanzato.

Ci si può iscrivere alla scuola di italiano tutti i
mercoledì a partire da mercoledì 2 settembre dalle 17.00 alle 20.00 presso lo
Sportello Migranti che fornisce informazioni ed orientamento ai cittadini
migranti, in via F.lli Manfredi 14.

Per ulteriori informazioni: 349/7047933

 

CONTRO LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA CONTRO LO SFRUTTAMENTO PER I DIRITTI DEI LAVORATORI

A breve avrà luogo la terza udienza del processo a carico di un’attivista dell’associazione Città Migrante. (data ancora da stabilirsi).
Nel frattempo invitiamo tutti a mobilitarsi sabato 11 luglio contro il pacchetto sicurezza partecipando alla manifestazione indetta dall’assemblea io non ho paura

La parte dell’attività dell’associazione che viene messa sotto processo

L’associazione Città Migrante, fra le tante attività, gestisce già da anni uno sportello informativo rivolto ai cittadini di origine straniera. Le persone si rivolgono allo sportello per diverse necessità che vanno dal rinnovo del permesso di soggiorno, alla domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, alla richiesta di cittadinanza, a quella di asilo politico e tante altre pratiche.

Molte sono anche le segnalazioni di discriminazioni che i cittadini migranti subiscono nella nostra città. Fra queste moltissime sono state quelle di sfruttamento della manodopera migrante e soprattutto irregolare. L’associazione ha in questo modo la possibilità di monitorare quello che succede nel proprio territorio e non solo di accompagnare i migranti che chiedono aiuto nella risoluzione dei casi ma di denunciare pubblicamente ciò che avviene troppo spesso e di cui troppo poco si parla, di analizzarne le cause e di capire il meccanismo perverso del governo delle migrazioni e le conseguenze che questo ha su tante vite.

Perché sono così tante le denuncie di discriminazioni nel mondo del lavoro che ci vengono portate dai cittadini di origine straniera, arrivando fino alla riduzione in schiavitù?

La legge sull’immigrazione prevede che una delle condizioni indispensabili per il rinnovo del permesso di soggiorno sia il lavoro. Inoltre il contratto di lavoro determina la durata del permesso di soggiorno. Questo significa non poter poi accedere ad alcuni servizi, come per esempio l’edilizia residenziale pubblica che prevede come uno dei requisiti un minimo di due anni di durata del permesso di soggiorno. Questo strettissimo legame fra soggiorno e lavoro viene ulteriormente evidenziato dall’art 5 bis del Testo unico che prevede l’obbligo della stipula del contratto di soggiorno. Questo strettissimo vincolo legislativo fra permesso di soggiorno e lavoro mette il lavoratore migrante in una posizione subalterna e di possibile ricattabilità da parte del datore di lavoro. Questo perché il cittadino di origine straniera può trovarsi costretto ad accettare lavori sottopagati o a lavorare in condizioni di disagio, a non far valere i propri diritti in quanto lavoratore proprio perché dal suo contratto di lavoro dipende la regolarità del soggiorno nel territorio italiano.

Molte volte ci siamo sentiti dire al nostro sportello: non posso lasciare il lavoro perché il mio permesso di soggiorno sta per scadere. Per esempio da parte di assistenti familiari che vivono condizioni di forte disagio lavorativo all’interno delle famiglie costrette a lavorare senza giorno di riposo o a dormire nella stessa stanza della persona che assistono.

Oggi , dentro la crisi, il nesso tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro mostra la sua natura di dispositivo che punta a disciplinare violentemente la mobilità dei migranti, introducendo al tempo stesso una spaccatura e una divisione all’interno della composizione del lavoro. La crisi globale che stiamo attraversando non manca e non mancherà in futuro di avere pesanti ripercussioni anche per quanto riguarda la vita dei migranti e più in generale sui fenomeni migratori.

Se sempre l’immigrazione è stata considerata “utile”(intendiamo da un punto di vista di produzione economica), oggi la crisi e la conseguente chiusura di aziende, fabbriche, cooperative, industrie, pone un problema nuovo: migliaia di persone verranno licenziate e per gli immigrati ci sarà anche la perdita del titolo di soggiorno. Che ne sarà di questi lavoratori, in larga parte già formati e professionalizzati, che dovranno essere espulsi per poi riassumerne altri
quando ci saranno fasi di ripresa? La legislazione prevede un permesso di soggiorno per attesa occupazione della durata di sei mesi. E se in questi sei mesi il migrante non avrà una nuova occupazione si troverà nella condizione di soggiorno irregolare. Come abbiamo detto questo costringe il migrante a dover accettare ogni forma e condizione di lavoro.

Dentro allo scenario della crisi si stanno riscrivendo nuove regole, fra cui quelle che avranno un violento impatto negativo sulla vita dei migranti. Parliamo del ddl733 (pacchetto sicurezza). Ci sono moltissime norme che vanno a restringere il campo dei diritti dei migranti. Soprattutto per quelli che già sono qui. Pesanti restrizioni per i ricongiungimenti, tasse per il rinnovo del permesso di soggiorno , permesso di soggiorno per contrarre il matrimonio, nuovi criteri per l’iscrizione anagrafica, trattenimento nei cpt per 6 mesi, permesso di soggiorno a punti ed anche il reato di ingresso e soggiorno illegale.

Abbiamo fino ad ora parlato di quei migranti che vengono definiti regolari, cioè provvisti di un permesso di soggiorno. Ma quando ci troviamo a parlare con i migranti ci rendiamo conto come periodi di soggiorno irregolare siano la normalità. La maggior parte di migranti che oggi sono regolari lo sono grazie a sanatorie (l’ultima è stata nel 2002) o decreti flussi utilizzati come regolarizzazioni. Che cosa significa questo?

Abbiamo prima detto che il soggiorno è strettamente legato al lavoro ma non è esatto il contrario. Cioè il solo fatto di avere a disposizione un lavoro o un datore di lavoro disponibile a regolarizzare la posizione non danno il diritto ad un soggiorno regolare. La disposizione dei flussi di ingresso è regolata dall’art 3 del Testo unico. Si tratta dei tanto conosciuti decreti flussi. Il decreto flussi stabilisce le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello stato per lavoro subordinato, autonomo e stagionale. La normativa prevede che la domanda di assunzione attraverso il decreto flussi sia inoltrata per un lavoratore residente all’estero ma, come noto, la maggior
parte delle richieste avviene in realtà per migranti che già vivono e lavorano
nel territorio italiano dal momento che non vi sono altri canali di regolarizzazione del soggiorno. Questo è facile anche da immaginare perché
sarebbe molto improbabile che un datore di lavoro sia disposto ad assumere una persona che non ha mai visto e conosciuto prima. Sebbene presente in Italia, una volta ricevuto il nulla osta il lavoratore deve ritornare al paese di
origine per ritirare il visto di ingresso per motivi di lavoro intraprendendo un
viaggio clandestino a ritroso con il rischio di incorrere in un provvedimento
di espulsione. Innanzitutto le domande inoltrate hanno sempre superato di un gran numero le quote messe a disposizione, quindi questo crea una gara di chi prima inoltra la domanda. Ma non è tutto qui. L’iter è molto lungo e complicato e non sempre va a buon fine, per esempio se il migrante ha già avuto un provvedimento di espulsione il suo visto di ingresso o il suo futuro permesso di soggiorno per motivi di lavoro molto probabilmente verranno bloccati.
Infatti non a caso si è parlato della lotteria del decreto flussi. Molte volte capita anche che il datore di lavoro non è disposto ad aspettare i tempi di ri-ingresso del lavoratore (anche di più di un anno dall’inizio della procedura) e il lavoratore si trova costretto ad “acquistare” un lavoro alimentando il mercato nero e gli sfruttatori di esseri umani. (Abbiamo conoscenza di pagamenti fino ad 8000 euro per domande di assunzione tramite decreto flussi). I fortunati che vincono la lotteria intraprendono il viaggio clandestino a ritroso e in molti casi pagano per riuscire ad ottenere prima della scadenza del nulla osta (6 mesi) un appuntamento all’ambasciata per ritirare il visto di ingresso riempiendo ancora una volte le tasche dell’economia sommersa.

Durante l’ultimo decreto flussi (2007) a Reggio Emilia sono state inoltrate a Reggio Emilia 13.563 domande di assunzione, i posti disponibili sono meno di 1/3. Questo dato è significativo per comprendere la dimensione del fenomeno del lavoro nero, della clandestinità forzata, dell’assenza di procedure di emersione dall’irregolarità che tocca anche la nostra città.

L’irregolarità e di conseguenza il lavoro nero non sono quindi effetti collaterali ma bensì strutturali. Viene quindi naturale chiedersi che utilità hanno questi soggetti privi di permesso di soggiorno nel mercato del lavoro?Queste persone sono di fatto, dal punto di vista sociale, ricattabili. Predisposte cioè al lavoro in nero e di conseguenza sfruttabili senza ritegno, “sospese” dal diritto.

La ricattabilità nei posti di lavoro a partire da chi un permesso di soggiorno non ce l’ha ed è costretto ad alimentare le tasche dell’economia sommersa lavorando sottopagato e sfruttato a chi deve rinnovare il permesso di soggiorno ed accetta condizioni di lavoro svantaggiate, alle diverse tipologie di contratto che pongono forme di stratificazione e differenziazione all’interno del mondo lavoro non fanno altro che regolamentare il mercato del lavoro riducendo in questo modo la sfera complessiva dei diritti di tutti.

Perché il processo? Città Migrante contro la criminalità organizzata, contro lo sfruttamento nel mondo del lavoro.

Molti lavoratori di origine straniera in maggior parte senza permesso di soggiorno hanno lavorato, soprattutto nel settore dell’edilizia senza ricevere il compenso (o a volte solo una parte) per la prestazione svolta.

In poche parole lavoro gratis. Città Migrante ha deciso di sostenere quei lavoratori che con coraggio e stanchi di sentirsi dire : denunciami pure tanto sei un clandestino sono usciti allo scoperto per riprendersi un diritto base, che dovrebbe essere scontato: la paga al lavoro. L’associazione insieme a questi lavoratori ha intrapreso un percorso di denuncia pubblica e di
assistenza legale con l’appoggio di un avvocato presentando richiesta di
convocazione fra le parti presso la direzione provinciale del lavoro, quello
che viene chiamato tentativo di conciliazione per poter poi intraprendere una causa nel caso in cui appunto la conciliazione non vada a buon fine.

Il direttore della Direzione Provinciale del lavoro di Reggio Emilia dichiara che i lavoratori hanno posto un’istanza ma non avevano i requisiti per porla. I “clandestini” non possono attivare il tentativo di conciliazione previsto dall’art n. 410 del Codice di Procedura Civile presso la nostra direzione né tanto meno, in egual misura, il tentativo di conciliazione con l’art n. 411 presso un’organizzazione sindacale.
In realtà non si trova scritto da nessuna parte quanto dichiarato dal Direttore
della Dpl di Reggio Emilia. Si può inoltre aggiungere che nell’ordinamento
italiano esistono delle norme che possono essere applicate anche ai lavoratori irregolari. Queste risalgono al Codice Civile del 1942, in particolare, gli artt n. 2126 e n. 2116, costituiscono la base giuridica per garantire al lavoratore, anche se clandestino, come a tutti i lavoratori impiegati irregolarmente sul territorio italiano, il diritto di recuperare le differenze fra quanto avuto dal datore di lavoro e quanto sarebbe dovuto in applicazione dei Contratti Collettivi Nazionali. E’ quindi prevista nel nostro ordinamento la possibilità, anche per i clandestini, di avviare vertenze per il recuperodel salario dovuto.

L’associazione ha più volte denunciato questo gravissimo fatto provocando anche la reazione dei Giuristi democratici che hanno scritto una lettera al direttore della Dpl e all’allora Ministro del lavoro. Purtroppo nonostante la campagna lanciata da Città Migrante le forze sociali che si occupano di lavoro e le istituzioni sono rimaste in silenzio di fronte a questa pesante affermazione e presa di posizione della Direzione provinciale del lavoro, atteggiamento che tutt’ora è in corso e che istituzionalizza la schiavitù, una legge però non ancora attiva ma a Reggio Emilia già effettiva. Reggio Emilia porta con se questo orribile primato nonostante venga più volte citata come città dalle buone prassi soprattutto in tema di integrazione. Forse non tutti sanno che è avanguardia nell’applicazione del pacchetto sicurezza, non solo nel divieto di manifestare in centro storico nel fine settimana ma anche nell’impedire il tentativo di conciliazione e i matrimoni per chi non ha il permesso di soggiorno. L’entrata in vigore del pacchetto sicurezza prevedrà l’esibizione del permesso di soggiorno per gli atti civili e quindi anche per il tentativo di conciliazione presso le direzioni provinciali del lavoro di
tutta Italia rendendo effettivamente gli irregolari schiavi per legge e il permesso di soggiorno per poter contrarre matrimonio. A Reggio Emilia l’ufficio matrimoni, già dall’estate scorsa chiede il permesso di soggiorno, che non è ostativo al matrimonio, ma in caso che non venga esibito la persona viene segnalata alla questura, cosa che naturalmente scoraggia i matrimoni. Quando a Reggio Emilia si vantano i matrimoni misti come fatto di integrazione si dovrebbe anche parlare del perché siamo avanguardia di
questa norma del pacchetto sicurezza.

Lo sfruttamento della manodopera irregolare è un fenomeno diffuso basta pensare ai rapporti di medici senza frontiere o per esempio alle inchieste del giornalista Fabrizio Gatti. Condizioni di sfruttamento assimilabili alla schiavitù. Queste non riguardano soltanto il sud del nostro paese ed il lavoro agricolo.

Da novembre 2007 a gennaio 2008 tanti sono stati i lavoratori soprattutto di origine egiziana e moldava che ci hanno denunciato situazioni paragonabili alla schiavitù e si sono susseguiti una serie di casi che riportavano sempre il nome della stessa ditta: Ital Edil. Questi lavoratori hanno deciso di organizzarsi e di denunciare la situazione e come associazione li abbiamo sostenuti. Oltre ad una battaglia legale si è deciso di uscire allo scoperto perché questo fenomeno diventasse patrimonio e conoscenza di tutti.

Il 25 febbraio 2008 gli attivisti dell’associazione Città Migrante insieme ai lavoratori hanno indetto un presidio con conferenza stampa per reclamare una cosa che dovrebbe essere scontata: il diritto ad essere pagati per le prestazioni lavorative effettuate.
Diverse persone dipendenti da Ital Edil, azienda edile di Reggio Emilia, hanno
infatti denunciato di non aver ricevuto il salario pattuito per il lavoro
svolto.
Il presidio è avvenuto davanti alla sede di Technological Building 7, poiché
gran parte del personale che prima lavorava negli uffici di Ital Edil (la cui sede era stata abbandonata misteriosamente) esercitava ora la propria attività negli uffici di questa seconda ditta.
L’incontro di febbraio si è concluso, dopo circa un’ora di trattative, con la promessa dell’azienda di ricevere i lavoratori entro venerdì 29 febbraio per trovare una soluzione ai loro problemi.
Così non è stato. Dopo qualche tempo, è arrivata, al contrario, una querela con una richiesta di risarcimento di 20.000 euro. Le accuse sono: diffamazione, ingiuria, interruzione di servizio commerciale. Si noti che, durante il presidio di febbraio, una delegazione aveva semplicemente suonato il campanello e salito le scale dopo che le era stata aperta la porta presso gli uffici della Technological Building 7. Aveva quindi espresso verbalmente le proprie richieste e perplessità, dialogando con alcuni interlocutori prestatisi alla conversazione volontariamente.
In quell’occasione lo striscione che accompagnava il picchetto recitava: “Chi è l’irregolare? Lo sfruttato o lo sfruttatore?”. A questa domanda retorica
rispondono i permessi di soggiorno avuti, tramite l’articolo 18 del testo unico
sull’immigrazione (rilascio del permesso di soggiorno per motivi di grave
sfruttamento e racket), da migranti irregolari che avevano prestato servizio
senza ricevere compenso presso la ditta Ital Edil s.r.l. e l’inchiesta aperta dalla magistratura che fino ad ora ha portato agli arresti domiciliari di alcuni dei responsabili della ditta. Una persona era appunto la stessa che abbiamo incontrato personalmente il 25 febbraio del 2008 all’interno della sede
della Technological Building 7. Oltre a questo il fatto di essere usciti
pubblicamente ha permesso a tanti altri lavoratori sfruttati di avere il coraggio di denunciare. Tante sono state le terribili storie che questi lavoratori ci hanno poi raccontato. Purtroppo questo non è un film, non avviene dall’altra parte del mondo. È proprio a casa nostra che tutto questo sta succedendo e il silenzio è assenso. Non vogliamo essere complici di questo sistema, non abbiamo paura di denunciare. Ancora una volta Not in my name.

Queste sono alcune delle ombre, delle zone oscure di cui troppo spesso è conveniente non parlare e non portare alla luce.

Zone buie che Città Migrante continua a denunciare, a sollevare il coperchio di una pentola che è in ebollizione e proprio per questo si trova oggi sotto processo, un processo che dovrebbe riguardarci tutti come parti sociali ma anche come cittadini che vogliono essere liberi dallo sfruttamento,
liberi dalla criminalità organizzata, perché tutti abbiamo una famiglia e se
tutti ci assumessimo la responsabilità di denunciare un sistema malato saremmo sicuramente più sicuri, sicuri di non essere sfruttati e sottopagati, sicuri di vivere in una città dove siano la criminalità organizzata e il razzismo
istituzionale a non avere cittadinanza. Per questo invitiamo tutti alla
manifestazione contro il pacchetto sicurezza che si terrà sabato 11 luglio alle
ore 18. a Porta Santa Croce a Reggio indetta dall’assemblea io non ho paura e a sostenere le spese legali dei lavoratori che continuano a denunciare situazioni di sfruttamento facendo un versamento al conto corrente intestato all’associazione di volontariato Città Migrante presso Banca Popolare dell’Emilia Romagna sede di Reggio Emilia IBAN: IT68V0538712800000001851154

MANIFESTAZIONE CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA SABATO 11 LUGLIO ORE 18.00

 

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font-family:”Times New Roman”;}Sabato 11 luglio ore 18.00 porta S.Croce, Reggio Emilia

 
L’ASS. CITA’ MIGRANTE PARTECIPA ALLA MANIFESTAZIONE
INDETTA DALL’ASSEMBLEA IO NON HO PAURA

LA LIBERTA’ FINISCE QUANDO INIZIA LA
PAURA 

Il movimento IO NON HO PAURA,
promotore della campagna che dallo scorso 18 aprile si batte contro l’ordinanza
limitativa del diritto di manifestazione nel centro storico di Reggio Emilia,
ritiene doveroso e importante riconfermare la manifestazione cittadina dell’11
luglio. Pensiamo che l’ ulteriore proroga della sospensione dell’ordinanza dal
30 giugno al 30 settembre non sia motivo sufficiente per mandare l’iniziativa
politica in vacanza. E’ chiaro che se sindaco, prefetto e questore hanno scelto
di rimandare la scelta all’autunno,  sia
frutto delle pressioni dei movimenti e della campagna Io Non Ho Paura lanciata
da diverse soggettività organizzate del territorio. Rimandata l’ordinanza a
settembre  verrebbe da dire, anzi più
precisamente al 3 ottobre, il primo sabato utile dopo la tregua. Giorno in cui
non avremo paura di infrangere il divieto e dimostrare tutta la debolezza di
misure che di sicurezza ne creano ben poca.

Vogliamo manifestare ancora una volta la netta
contrarietà al pacchetto sicurezza Maroni ed al clima politico che fin nella
nostra città provoca l’adozione di stupide ed ingiuste ordinanze liberticide
per tutti e tutte. A Reggio Emilia, dopo le ordinanze anti-immigrazione, le
retate ai campetti sportivi e ai luoghi di ritrovo abituali dei cittadini
migranti, l’ordinanza che impone la chiusura dei kebab dalle 22, i provvedimenti
contro l’alcol e l’aggregazione nel centro storico, il Prefetto, di concerto
con il sindaco Delrio, ha alzato il tiro, facendo propria una direttiva del
ministro dell’interno Maroni, vietando le principali vie e piazze del centro
storico alle manifestazioni politiche per tutto il weekend. Stessa linea che il
rieletto Delrio “sceriffo a norma di legge” accentua, dichiarando che il suo
nuovo mandato calcherà in maniera decisa il leit motive securitario. Tendenza
inaugurata con la nuova ordinanza contro ambulanti abusivi e mendicanti.
Arrendetevi illusi: legge contro i poveri non contro la mafia, norme contro chi
sopravvive non contro chi specula, agevolazioni per le boutique e ordinanze
contro chi vuole vivere il centro storico come bene comune gratuito…

D’altronde il teatrino politico-economico visto
con l’assemblea generale di Confindustria dello scorso 22 giugno al teatro
Valli rende bene l’idea di quale sicurezza si parli: soldi pubblici a banche e
industriali e briciole per gli espulsi dal mercato del lavoro. Una sala gremita
di grandi e medi imprenditori locali, alla presenza della presidente
Marcegaglia, del segretario Cisl Bonanni e di quasi tutto il mondo politico
reggiano, ha richiesto a gran voce l’impegno della politica per rilanciare
l’economia in crisi. E, ovviamente, la politica risponde in modo affermativo,
chinando la testa agli industriali, promettendo mari e monti e facendo ben
capire a chi andrà l’occhio di riguardo per i prossimi cinque anni di
amministrazione locale. In questo senso possiamo scorgere una nuova funzione
prospettica del divieto a manifestare: se la crisi accentuerà ancora i disagi
(soprattutto nei portafogli) delle persone, esse tenderanno a ribellarsi, per
cui serve necessariamente un argine contro eventuali insorgenze. La piazza in
questo momento è territorio pericoloso, è zona rossa.

Ritenendo la grave situazione economica-sociale-
politica reggiana figlia di meccanismi globali che travalicano i confini
provinciali, vogliamo dare alla mobilitazione dell’11 luglio ampio respiro
guardando a quello che in quella settimana succederà nel travagliato territorio
della città dell’Aquila. Contestiamo la scelta ignobile di questo governo di
voler svolgere in quel territorio il G8, ovvero il vertice dei governi che
questa crisi hanno generato. Aderiamo all’appello dell’assemblea riunita
all’Aquila il 21 giugno per una mobilitazione contro il G8 diffusa nelle varie
città italiane. Appoggiamo chi, nei territori colpiti dal sisma, si vive oggi
la lotta contro la crisi come il sacrosanto diritto di auto-organizzarsi nei
campi e decidere come, dove, quando ricostruire la propria città.

                               Assemblea IO NON HO PAURA Reggio Emilia                                             http://iononhopaurareggioemilia.blogspot.com/     

 

LA SCUOLA DI ITALIANO RIMANE APERTA DURANTE IL MESE DI GIUGNO E LUGLIO

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font-family:”Times New Roman”;} La scuola di italiano rimarrà aperta anche durante il mese di giugno e luglio. Le iscrizioni sono  aperte e gratiute. Le lezioni durante i mesi estivi si svolgono il mercoledì dalle 19.30 alle 21.30. Durante questo periodo il progetto della scuola di italiano prende il titolo

di

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Imparare in cammino,  un
progetto che si sta costruendo con uno storico reggiano specialista
della storia dell’immigrazione italiana. L’obbiettivo è dare agli allievi
qualche riferimento storico su questo elemento che è parte della memoria dell’Italia. Questo scopo sarà raggiunto in un primo momento con  lezioni in aula tenute dallo storico, poi verranno
organizzate passeggiate attraverso la città per capire il territorio,per viverlo, per scoprire la memoria dei diversi quartieri. Questo progetto, sottolinea Carloline Tobaty – una delle insegnanti della scuola di italiano –  "nasce ancora una volta dalla domanda che mi fece una sera uno
degli allievi. Incontrandolo per strada, mi chiese perché erano presenti sui
marciapiedi e su alcuni negozi quadretti di colore rosa. Spiegai allora che questi
quadretti avevano la funzione di segnalare agli abitanti che in quei luoghi,
che siano negozi, bar oppure musei, c’erano delle mostre fotografiche.
L’osservazione di questo ragazzo mi fece capire che pure essendo straniero
sapeva osservare, notava i cambiamenti della città e si interrogava. Lui aveva
il diritto di fare la domanda, ma aveva anche il diritto di avere una risposta.
Ogni cittadino e abitante della città ha diritto di conoscere il territorio
dove vive, dove respira, ha il diritto di capire i suoi cambiamenti e la sua
memoria. Così è nata l’idea di questo progetto."

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font-size:10.0pt;
font-family:”Times New RomanResoconto di questo anno di attività della scuola di italiano dell’associazione Città Migrante  (a cura di Caroline Tobaty -una delle insegnanti della scuola)

Pedagogia e didattica

a) i primi passi

All’inizio dell’anno mi sono
ovviamente soffermata a lungo sull’alfabeto e sulla presentazione.
Sapere dire il proprio nome, sapere darsi una prima identità in una lingua
straniera è il primo mattone della comunicazione. Sembra ovvio per chi non ha
vissuto uno straniamento spaziale, geografico, per chi insomma non è mai
partito, dare il proprio nome e presentarsi è essenziale perché
inconsapevolmente nominandosi un ragazzo di origine straniera crea il primo
ponte tra il paese lasciato e il paese di adozione, la prima passerella con
l’italiano che lo sta ascoltando. E’ per tutti noi il primo dono che abbiamo
ricevuto e il primo dono che facciamo ad uno sconosciuto. Questi primi passi spesso
faticosi mi hanno anche permesso di valutare il livello di alfabetizzazione di
ciascuno. Così mi sono accorta che tutti non solo erano alfabetizzati ma
conoscevano anchei caratteri latini.

b) la grammatica di base

Lungo fu il percorso per portare
i ragazzi ad una padronanza almeno parziale della grammatica italiana di base.
Bisognava essere pazienti, ripetere spesso, ascoltare le loro difficoltà,
cercare anche di capire le loro lingue e le loro strutture linguistiche. Le
lezioni di grammatica di base si articolavano con molti esercizi (frasi da
compilare, verbi da coniugare, dettati). Insegnare ad adulti stranieri
richiede un ascolto diverso rispetto all’insegnamento a bambini. Ogni esempio
che sia un esempio grammaticale o lessicale e ogni spiegazione deve essere
collegata ad un loro bisogno, alla loro realtà, al loro quotidiano. Richiede
quindi una grande capacità d’ascolto, e anche di ascolto dei loro silenzi, che
sono traduzioni di disagi ma anche di attese. Solo dando sollievo a questi
disagi e rispondendo alle loro attese riusciamo a poco a poco ad imparare
insieme. Il problema di motivazione oppure di attenzione con questi ragazzi è
minimo : loro vengono per studiare, si siedono e sanno che per due ore ci sarà
da imparare. Non c’è stato bisogno da parte mia di uno sforzo disciplinare.
Ovviamente la frequenza degli allievi è variabile. Ho notato ad esempio che nei
mesi invernali (da gennaio a marzo) la presenza era meno importante, ma insegno
comunque, pure se si presenta un solo ragazzo. Questa frequenza variabile si
può spiegare in diversi modi : la ricerca di un lavoro, l’orario lavorativo che
non coincide con l’impegno scolastico, la stanchezza, lo scoraggiamento…tanti
fattori entrano in gioco e l’importante per l’insegnante è continuare e non
chiedere mai conti. A scuola non ci sono “bollette” da pagare, conti da
rendere, giustificazioni da dare. Siamo liberi di venire o di non venire.
Questo principio fondamentale crea ovviamente difficoltà per noi insegnanti, in
quanto richiede grande capacità di adattamento, anche al livello pedagogico e
didattico.

c) l’interazione : imparare giocando,
imparare cantando, educazione alla cittadinanza, imparare “in cammino”

L’interazione : è
l’elemento fondamentale del percorso didattico. Non deve essere il fine ma il
mezzo. Fare in modo che gli allievi possano scambiare, comunicare tra di loro,
chiacchierare. Per creare un terreno di interazione favorevole e vivace ho
utilizzato spesso dei giochi.

I giochi : sono di diversi
tipi. Cercando la costante partecipazione di tutti e il coinvolgimento di
ognuno ho utilizzato spesso giochi lessicali come il famoso gioco
dell’impiccato. Ha riscontrato un grande successo e ha scatenato tante risate.
Tengo a sottolineare che l’omino è stato impiccato una volta sola durante
questo gioco che ho fatto due volte! Uso molto volentieri giochi che
permettano uno scambio di idee. Così ho realizzato un gioco che possa
permettere agli allievi di chiacchierare su diversi argomenti. Il gioco si
articolava in questo modo : nell’aula ho separato gli allievi in coppie. Ogni
coppia doveva tirare a sorte un pezzo di carta dove era scritto un tema del quale
parlare e doveva poi conversare su questa tematica. Le altre coppie di
giocatori dovevano assolutamente ascoltare bene il loro dialogo. Una volta lo
scambio finito facevo domande di comprensione alle altre coppie sul discorso
che aveva tenuto la coppia coinvolta nel dialogo. E così via… Ho realizzato un altro gioco che
assomiglia al famoso “Tabù”. I ragazzi, divisi in due squadre, dovevano far
indovinare parole da me scelte alle loro squadre, senza mimare, senza dare
parole della stessa famiglia lessicale e semantica della parola da fare
indovinare. Questo gioco permette di sviluppare la propria conoscenza lessicale
ma anche la propria capacità teatrale, la propria capacità comunicativa. Altri giochi saranno sicuramente
organizzati.

Imparare cantando : con il
sole che sorge, ho deciso di iniziare un ciclo di canzoni. Faccio studiare agli
allievi canzoni con tematiche diverse, avendo cura di scegliere una canzone con
un testo da loro immediatamente accessibile. La prima canzone che abbiamo
studiato e che cantiamo tuttora è stata “Dieci ragazze per me” di Lucio
Battisti. Questa iniziativa è nata proprio da un allievo che un giorno
presentandosi a lezione mi chiese se poteva cantare due canzoni. Allora senza
nessun tipo di vergogna e timore, davanti a tutti, iniziò a cantare due canzoni
di Laura Pausini, con un bellissimo accento arabo. Così grazie a lui ho pensato
che la canzone potesse diventare un ottimo mezzo pedagogico.

Educazione alla cittadinanza
: è un elemento a cui tengo tantissimo e che secondo me è essenziale se
vogliamo vedere in modo più completo il mondo che circonda gli allievi e tutti
noi. Loro vivono in città, hanno occhi per guardare, sentono quello che succede
nella nostra società e sulla loro pelle,. Così ho fatto due lezioni di
educazione alla cittadinanza. La prima riguardava la Dichiarazione dei diritti
umani. Ho colto l’occasione dell’anniversario di questa dichiarazione
(quest’anno festeggiava già i suoi sessant’anni) e ho stampato traduzioni della
dichiarazione in varie lingue : arabo, ucraino, inglese, francese. Dopo una
spiegazione storica della nascita del testo e dopo avere ribadito l’importanza
di una tale dichiarazione, ho lasciato che ognuno di noi leggese almeno un
articolo nella propria lingua. Fu un momento commuovente sentire che nell’aula risuonavano
 parole così importanti per ogni essere
umano. I diritti universali di ogni uomo volavano e cantavano in diverse lingue,
come un canzone di lotta, come un inno alla speranza. La seconda iniziativa di
educazione alla cittadinanza riguardava la storia del primo maggio. Ho
accennato alla nascita di questa giorno, il perché è apparsa questa festa, in
che paese e dopo quali lotte.  Spiegando
poi che durante il periodo del fascismo la festa fu proibita da Mussolini, ne
ho approfittato per fare una piccola lezione di storia italiana spiegando chi
era Mussolini e cosa fece durante il suo dominio politico.

Conclusione Un ragazzo mi fece una sera una
domanda riguardante l’imperfetto, chiedendomi quando si poteva usare questo
tempo. Spiegai che l’imperfetto si usava per parlare di un momento passato che
si ripeteva su un periodo più o meno lungo. Per far capire questo concetto gli
feci notare che quando parlava della vita che aveva prima nel suo paese, poteva
usare l’imperfetto per raccontarmi quello che faceva. Lui allora mi disse che
l’imperfetto non lo usava, non parlava mai del suo paese, non aveva passato. E
non pensava di avere nemmeno un futuro, non era neanche sicuro di avere un
presente ora. Questo ragazzo ha 23 anni e si sente assente ovunque, assente del
proprio passato, dal proprio futuro, dal proprio presente. La sua osservazione
è forse la vera definizione dell’essere straniero, dell’essere strappato. Noi
con la scuola di  italiano dell’associazione,
con il poco che possiamo fare, cerchiamo di dare la possibilità a ragazzi come
lui di ricostruire il puzzle delle loro vite. Perché possano guardare in avanti
e camminare sempre con più dignità. Loro ci offrono sempre tanto. Entrano
con un sorriso che mi fa dimenticare ogni momento difficile della giornata.
Quando esplode una risata collettiva non la freno mai, ridere è sfogo
necessario per sentirsi leggeri e dimenticare per qualche secondo una realtà
che opprime. I ragazzi che si siedono nell’aula ci offrono la possibilità di
scambiare culture e modi di pensare. Così discutiamo sulle religioni, sui
sentimenti, così gentilmente ci prendiamo in giro, così mi insegnano qualche parola
in arabo e ridono del mio accento, così ci aiutiamo ogni settimana di più,
perché anche loro mi permettono di camminare con la schiena dritta, con più
dignità. Insieme nella convivenza
costruiamo la nostra strada di vita.

MANIFESTAZIONE 1 MAGGIO 2009

Se non tu chi? Se non oggi quando? Domani sarà troppo tardi

Le
valutazioni di Olesea Cozirev (Ass. Città Migrante) alla fine del
corteo e il contributo dell’esperienza migratoria di Abdelghani
Benaissa (Ass. Città Migrante)

Tratto dal sito del Meltingpot  

logo 1 maggio 
 
 
 

Olesea Cozirev                                                                                  

Siamo molto contenti di come sia andata questa giornata di
mobilitazione. È stata la dimostrazione di una nostra forza come
migranti, perché quando un migrante esce in piazza significa qualcosa
di importante. La manifestazione di oggi è stata organizzata non solo
perché il primo maggio è diventata anche la nostra festa, questo è il
nostro terzo corteo che organizziamo il primo maggio, ma soprattutto
siamo scesi in strada per dire che non siamo responsabili di questa
crisi e il pacchetto sicurezza non lo vogliamo.
È stata una manifestazione diversa da quella dello scorso anno. Nel
2008 è stato il primo maggio migrante ed al corteo hanno partecipato in
maggior parte persone di origine straniera, quest’anno invece il
risultato è stato quello per cui abbiamo lavorato e costruito per la
preparazione del corteo, un primo maggio meticcio, che ha portato in
piazza non soltanto migranti ma anche italiani.
Questo primo maggio è il risultato del lavoro che abbiamo fatto durante
un intero anno. Vorrei evidenziare soltanto un paio di cose che sono
per noi molto significative. Città Migrante fin dalla sua nascita si è
occupata dello sfruttamento della manodopera irregolare e abbiamo
adesso ottenuto, con un duro lavoro, circa una ventina di permessi di
soggiorno attraverso l’articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazione.
Questi permessi di soggiorno equivalgono a venti vite, a venti futuri,
forse a venti famiglie e venti bambini. L’altra questione riguarda la
crisi che stiamo attraversando tutti, siamo nella stessa barca,
migranti e non: per esempio il ragazzo che ho di fianco sta come me,
anche lui è precario e sta male, oppure il medico che si è opposto alla
cancellazione del divieto di segnalare gli irregolari che si rivolgono
alle strutture sanitarie. Queste sono le persone che con noi oggi sono
scese in piazza. Sono le persone con cui in questo anno abbiamo
costruito un percorso comune e oggi vogliamo fermare insieme quello che
di peggio domani potrebbe capitare. La crisi che vive un migrante ed un
italiano è molto simile anche se un precario o un giovane disoccupato
italiano è più fortunato perché ha alle spalle una famiglia. Un
migrante, se per esempio non è più in grado di pagare l’affitto oppure
il mutuo non ha nessun luogo in cui andare.
La cosa più significativa riguarda la questione della perdita del
lavoro. Un migrante perdendo il lavoro perde il permesso di soggiorno e
questo porta al ritorno all’irregolarità. Questo non vogliamo che
avvenga ed è anche per questo che manifestiamo oggi. Se domani io perdo
il lavoro, un altro perde il lavoro, un altro ancora e via dicendo ci
mettiamo insieme e chiediamo che sia rinnovato il nostro permesso
nonostante il lavoro.
La situazione che si sta vivendo dimostra il fallimento della legge
Bossi- Fini, oggi nella crisi si vede più che mai l’ipocrisia e la
debolezza del sistema legislativo e politico.
In questo periodo di crisi economica e sociale si stanno costruendo
artifizi come la paura che si sta creando contro i migranti. Si crea un
nemico, è colpa sua se sto male, ma io non credo che il nemico sia il
più debole. I nemici sono più lontani e sono sotto scorta.
Non è colpa dei migranti che si trovano in questo paese se la vita è
diventata così difficile. Su questo clima di paura del domani nasce il
pacchetto sicurezza.
Come donna e come cassaintegrata io non riesco a mandarlo giù questo
odio. Da dove è arrivata questa emergenza sicurezza? A chi rende la
vita più facile e sicura se io pago 200 euro per il mio permesso di
soggiorno? Chi è che si sente più sicuro se la clandestinità è un
reato? Se per gli atti civili serve il permesso di soggiorno? Questo
fatto è gravissimo perché si negherà il diritto di matrimonio alle
persone irregolari, il diritto a riconoscere un figlio e a registrare
un morte.
Introducendo il reato di clandestinità il dirigente scolastico dovrà
denunciare il genitore irregolare che iscrive il figlio a scuola. La
conseguenza sarà che questi bambini perderanno il diritto
all’istruzione. E chi ancora gode di questo diritto troverà i suoi
figli in classi separate, discriminando i migranti fin da bambini. La
detenzione nei CIE fino a sei mesi serve soltanto ad arricchire le
tasche dei costruttori e degli appalti non di certo all’identificazione
degli irregolari, cosa fra l’altro detta dallo stesso sottosegretario
dell’interno Mantovano.
Il nostro percorso vuole essere anche di incontro con le persone per
ascoltarci e capire che convivenza e solidarietà possono aiutare a
risolvere dei problemi comuni.
Io per esempio sono felice di essere parte di Città Migrante perchè
questo mi permettere di poter raccontare quello che vivo, di
manifestare e scendere in piazza, di aiutare le persone che si trovano
in difficoltà. Questo è il modo in cui abbiamo deciso di essere parte
attiva di questa società. Oggi principalmente sono i migranti che ci
contattano per questioni di insoluti nei luoghi di lavoro ma in futuro
potrebbe essere anche un italiano ad avere lo stesso tipo di problema
che noi ormai affrontiamo da anni.
Io sono libera come tutti quelli che hanno avuto il coraggio di uscire
oggi e di urlare io non ho paura.

Abdelghani Benaissa Il divieto si sognare

Era la prima volta che prendevo un aereo, avevo paura di ciò che mi
aspettava dall’ altro lato del Mediterraneo dietro migliaia di
chilometri che ho dovuto percorrere, paura di un futuro incerto, paura
del destino.
Non ero mai stato in Italia, l’avevo soltanto vista in tv, o magari
letto qualche libro sulla sua storia, sapevo che il papa sta nella
città del vaticano a Roma, che a Firenze ci sono i monumenti ed è tra
le più belle città nel mondo, che Milano è la capitale della moda,
sapevo che ci sono tre milioni d’italiani dappertutto nel mondo tra
migranti e figli di migranti, persone che hanno dovuto lasciare il
paese, le loro famiglie, gli amici , per una vita migliore per poter
dare un futuro ai loro figli, e soprattutto per sfuggire la povertà e
alla burocrazia. Forse questa era la ragione che mi ha spinto a
scegliere l’Italia.
Ognuno ha la sua Germania o la sua America da raggiungere, ognuno ha il
suo nord ed il suo sud, la mia America era l’Italia. È stata una
decisione molto difficile per me, andarsene via dal mio paese, lasciare
la casa dove sono cresciuto per una destinazione sconosciuta , per un
altro paese molto diverso del mio, con una cultura diversa, lingua
diversa, costume e religione diversa. Era una sfida per me anche io
dovevo farlo per poter dare un senso alla mia vita, avere l’opportunità
di studiare, per sottrarmi alla miseria e all’ingiustizia, per avere un
bel futuro. E da lì iniziò la mia storia che non è molto diversa dalla
storia di oltre 800.000 persone senza documenti come me (i cosidetti
clandestini).
Credo fui molto più fortunato del mio amico Said che ha dovuto sfidare
la morte a bordo di una barca per cinque giorni nel mare senza cibo,
perse il suo fratello maggiore in un percorso del genere. Questo è il
prezzo che ha pagato per arrivare al suo paradiso. O magari Ismael, un
senegalese di 25 anni, che come prima tappa percorse migliaia di
chilometri per arrivare al sud della Libia, lì rimase per due anni a
fare lavori pesanti per guadagnarsi il suo posto su una delle barche
della morte, dato che nessuno sapeva se arrivasse vivo o morto.
L’Italia mi ha insegnato tanto, forse la prima cosa che impari è che
finché non hai i documenti è vietato sognare o desiderare qualche cosa,
di conseguenza anche i sogni vengono messi da parte, ho imparato ad
accantonare le mie ambizioni. Che uno senza documenti è una persona
senza identità, è uno senza nessun diritto, che non esiste proprio, è
una persona che fa paura a tutti. Nonostante ciò è buono lo stesso a
spezzarsi la schiena sotto il sole a fare i lavori pesanti e rischiosi
che gli italiani ormai non li fanno più.
Sappiamo che tutto ciò che sta avvenendo non è legittimo. Perché non è
giusto vivere cosi , emarginati della società, non è giusto vivere
nell’oscurità, non è giusto essere pregiudicati unicamente per la
mancanza dei documenti , non è giusto che dobbiamo nasconderci come dei
criminali ogni volta che una pattuglia dei carabinieri o della polizia
ci passa vicino, non è giusto che il potere fa finta di non vederci, e
non si muove per cambiare le cose, non è giusto che siamo usati come
capri espiatori, non è giusto che sopravvivo qui da sei anni e mezzo e
che non posso tornare al mio paese per ritrovare i miei cari.
Ci vogliono senza dignità, ci vogliono impercettibili, ci vogliono come
servi. Il sociologo Max Frisch diceva “abbiamo chiamato delle braccia,
ci siamo ritrovati con delle persone”. Ecco cosa desiderano, solamente
schiavi, che lavorano e poi magari dopo il lavoro trovano altri spazi
il più possibile distanti da loro dove non possono essere né visti nè
uditi. Tuttavia secondo voi quando quei lavoratori escono dalle case
dove hanno curato gli anziani o i bambini, quando escono dalle
fabbriche, dai cantieri e dai campi agricoli, cosa possiamo fare di
loro? Li nascondiamo dove non si può vederli ne udirli? Queste persone
quando finiscono di lavorare camminano per strada, passeggiano nei
giardini, frequentano i ristoranti ed i bar, in breve vivono, è normale
perchè fanno parte della società.(Che lo vogliate o no!)
“Capita a tutti di perdere soldi, non è una cosa grave perchè i soldi
vanno e vengono. Ma se perdi un vero amico hai perso la tua metà ,
invece se perdi la salute hai perso tutto in questa vita”. Queste sono
le parole di Vladimir un ucraino che tornò a casa sua dopo aver passato
tre anni sfruttato, sotto pagato, maltrattato. Tornò da sua moglie e
dal suo bimbo, lui non voleva perdere tutto!
Capì che qui si lavora come un cane e si muore come un cane. Ovunque
vai devi cominciare del basso e mano a mano arrivi al tuo scopo, è
giusto! In Italia è uguale cominci del basso ma per andare più in giù.
In questo posto devi obbedire, non protestare e tacere e se qualcosa
non ti va bene te la devi fare andare bene lo stesso, devi chinare la
testa ed adattarti a ogni situazione di sfruttamento, ed a qualsiasi
tipo di segregazione e oppressione, mascherate dietro la nuova politica
di sicurezza, con principalmente leggi e regole discriminatorie e
razziste per calpestare ancora di più la libertà e i diritti di tutti e
tutte, migranti e italiani.
Il posto da dove provengo io è molto particolare, dato che non puoi
fare due passi senza essere salutato da qualcuno, anche se non lo
conosci ! Lui parla con te, ti sorride e magari t’invita a bere un
caffè o a mangiare a casa sua! Sembra strano, ma da noi è cosi! La
gente esiste perché è pura e semplice, non hanno paura di guardarti
negli occhi quando si esprimono, perché non sono superficiali, non
hanno paura di avvicinare o accogliere una persona nuova o diversa
perché siamo tutti essere umani , da noi se non vedi un tuo vicino di
casa per due o tre giorni devi andare a chiedere sue notizie per vedere
se sta bene o se ha bisogno di qualcosa. Da noi se una persona perde un
parente trova sempre tutti quanti intorno a sé per condividere con lui
l’amarezza dell’accaduto. Da noi non serve un invito per partecipare a
qualunque festa nel quartiere. Mi manca tantissimo il rumore che
facevano i bambini giocando con il pallone o magari correndo
dappertutto nel palazzo dove abito, mi mancano le fragranze dei piatti
tipici algerini che annusi in giro per la città, mi mancano i sapori e
i colore della frutta fresca raccolta nella coltivazione di mio zio, mi
manca la voce dolce della mia mamma quando mi chiamava dal balcone per
dirmi che la cena è pronta o la mattina presto quando mi svegliava con
delicatezza per andare al lavoro. Mi mancano le camminate che facevo
con mio padre lungo la strada alberata che sbuca sul grande parco
pubblico dove stavamo lì ore e ore a chiacchierare su di tutto e di
niente o quando osservavamo i ragazzini divertirsi al gioco dello
sbirro ed il bandito, questa scena la vedo nuovamente anche oggi, nella
vita di tutti giorni e prendo parte anche io, ma sono sicuro di non
avere il ruolo del buono che va alla caccia del cattivo dato che le
regole di questo gioco vizioso non le faccio io e dato che lotto tutti
giorni per sopravvivere.
Anche qui la gente viveva come noi al paese nostro. Ma con il tempo
tutto è cambiato. Gli italiani sono diventati così impegnati che non
trovano neanche il tempo per loro stessi, divenuti così sofisticati che
non possono fermarsi un attimo per scambiare due parole con nessuno,
anche con il vicino di casa. Fanno tutto di fretta, ciascuno vive nel
suo mondo, ciascuno ha i suoi dubbi ed i suoi pensieri. Nessuno vuole
condividere la sua felicità o il suo dolore. Nessuno ha voglia di
aprirsi con gli altri, provare a capire i motivi e le ragioni chi hanno
costretto queste persone a venire da loro, provare di mettersi nella
loro pelle e penetrare nel più profondo della loro mente per arrivare a
percepire la loro melanconia , angoscia e dispiacere di vivere lontano
delle loro famiglie, dal loro paese e di essere isolati dalla società.
Penso che gli italiani hanno paura di tutto ciò che sembra diverso
anche se la diversità fa la ricchezza della società, hanno perso una
parte dei valori umani, che tempo fa gli consentirono di avere un
rapporto interpersonale sereno e puro, senza considerare il colore
della pelle o la provenienza.


Leggi il comunicato di lancio della manifestazione

Leggi la cronaca della giornata

MANIFESTION 1 MAI 2009

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SI C’EST PAS TOI, QUI? SI C’EST PAS AUJOURD’HUI, QUAND? DEMAIN CE SERA TROP TARD : 1° MAI DE LUTTE

Nous
sommes ceux qui avons manifesté dans les rues de Reggio Emilia le 1° mai 2007
contre l’exploitation de la main d’oeuvre clandestine, nous sommes ceux qui
après différentes mobilisations sommes de nouveau descendus dans la rue, sur la
place un an plus tard, lors du 1° mai migrant. Cette année aussi nous voulons
remplir les rues de notre ville. Une année particulière que depuis que nous
habitons sur ces terres, nous n’avions encore jamais vu. La crise que nous
sommes en train de traverser est historique et concerne beaucoup d’entre nous,
travailleurs immigrés et travailleurs italiens. Nombreuses sont les personnes
au chômage technique, nombreux sont ceux qui ont déjà perdu leur emploi et qui
ne réussissent pas à en trouver un autre. Les versements pour les emprunts qui
s’accumulent, les retards de paiement pour le loyer qui augmentent, les
factures à payer, les courses et le travail qui ne vient pas rendent la vie de
chacun de nous désormais insoutenable. Nous sommes nombreux à payer le prix de
cette crise, une crise que nous n’avons pas généré. Les étudiants paient les
supressions des aides pour l’instruction, perdant ainsi des droits dans le
monde de l’éducation et les fonctionnaires subissent le licenciement des
précaires qui accroît le manque de personnel, nous immigrés, en perdant notre
emploi nous perdons aussi le permis de séjour et de cette façon les situations
irrégulières continueront à augmenter avec alors de graves répercussions à
l’intérieur du tissu social. Et pendant ce temps là le gouvernement offre de
l’argent aux banques, aux industriels et aux agents financiers.  Cette situation a créé un clima de peur
trouvant des réponses rapides dans la soi disant guerre des pauvres où il est
de plus en plus facile d’attaquer le plus faible au lieu de s’en prendre aux vrais
responsables, puissants et riches. Il est plus simple et moins compromettant de
penser que c’est le voisin qui nous vole ce qui nous est du. Mais le voisin en
question est en réalité dans la même situation que nous, il vit les mêmes peurs
et il est en train d’essayer de survivre dans le même monde que le nôtre. Et
c’est justement dans ce clima de peur que naît “il pacchetto sicurezza”. Mais
sécurité de qui, sécurité pour qui ? Qui se sent plus en sécurité si nous les
immigrés nous payons plus cher pour obtenir un permis de séjour, si nous sommes
ici sans notre famille parce que les conditions pour obtenir le regroupement
familial sont de plus en plus restreintes, si les médecins pourront dans le
futur dénoncer les sans papiers qui demandent des soins, si les manifestations
deviennent interdites, si les grèves deviennent uniquement virtuelles ? La
seule certitude qui nous reste est celle de perdre nos droits. C’est dans ce
même clima qu’ici, dans une ville comme Reggio Emilia commencent à apparaître
des mouvements d’extrême droite comme la nouvelle librairie fasciste Casa
Pound. Nous pensons que pour répondre à ce clima de peur, il faut abbattre le
mur de la méfiance et de l’indifférence avec la solidarité, il faut combattre
contre un énnemi plus grand mais aussi quotidien. C’est pour cela que nous
invitons le 1°mai 2009 toutes et tous, travailleurs immigrés, italiens,
travailleurs au chômage technique, chômeurs, étudiants, enseignants, médecins,
mais aussi tous les habitants qui ont envie de crier “je n’ai pas peur, je
manifeste, je sors, moi des rondes je n’en veux pas, je suis là et cette crise
je ne la paie pas. Pour que le 1°mai 2009 soit une journée de lutte.

 

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MANIFESTION 1 MAI 2009  

 

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Rendez vous 
14h00 place Marconi (stazione F.S./gare)

 

POUR STOPPER LE RACISME
INSTITUTIONNEL ET LE PACCHETTO SICUREZZA
 

POUR DIRE NON AUX RONDES 

POUR AVOIR LE DROIT DE
MANIFESTER LE SAMEDI ET LE DIMANCHE DANS LE CENTRE DE REGGIO EMILIA

POUR LE MAINTIEN DU PERMIS DE
SEJOUR MEME EN CAS DE PERTE DE L’EMPLOI
 

POUR RENEGOCIER L’EMPRUNT EN
CAS DE PERTE DE L’EMPLOI
 

POUR STOPPER LES EXPULSIONS 

POUR QUE NOUS PUISSIONS TOUS
BENEFICIER DES AIDES SOCIALES
 

NON AU DELI DE CLANDESTINITE 

POUR LE MAINTIEN DE
L’INTERDICTION DE DENONCER DES IMMIGRES SANS PAPIER QUI CONSULTENT DES
STRUCTURES SANITAIRES ET POUR LE DROIT AUX IMMIGRES CLANDESTINS DE RECONNAITRE
LA NAISSANCE DE LEURS ENFANTS.
 

POUR LA FERMETURE DES CIE (cpt)

POUR LA GARANTIE D’AVOIR ACCES AU DROIT ASILE 

 

 

1 OF MAY 2009

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IF
NOT YOU, WHO? IF NOT NOW, WHEN?

TOMORROW
IS TOO LATE!

1 OF
MAY 2009

We are the same people that demonstrated on the
streets of Reggio Emilia the first of May 2007 against the exploitation of
clandestine manpower, the ones that after several mobilizations one year later marched
through the city on the migrant first of May.  

Even this year we want to fill the streets of
our city. It’s a particular year, and we are experiencing things that we hadn’t
yet encountered since we live these lands. The crisis that we are passing
through signs an epoch and it co involves many of us, migrant workers and
Italian workers. Many are the people depending on the wages guarantee fund,
many are the people that have already lost there work and that can’t find
another. The installments of the loan that accumulates, the impossibility to
pay the bills because of the increasing rents, the bills to pay and the work we
can’t find makes our everyday lives unsustainable. We are in many to pay the
price of this crisis, a crisis that we haven’t caused. The students pay the
financial cuts on the school loosing rights in the education system and the
public workers suffer the discharge of precarious workers increasing the crisis
of staff, us migrants loosing our jobs we will also loose our permission to
stay and in this way the irregularity will continue to increase with heavy
repercussions in the social sphere. Meanwhile, the Government gives money to
the bancs, to the industrial powers and to big financers.

This situation have generated a social climate
of fear, which many time finds simplistic answers in the so called war amongst
poor were it becomes easier to attack the most vulnerable instead of raging
against the responsible, the potent and the rich. It’s easier and less
challenging to think that it’s our neighbor that robs us from what should be
ours. But that neighbor in reality is in our own situation, lives the same
fears and is trying to survive in the same world. And it’s in this climate of
fear were the “package of security” is born. But the security of who, security
for who? Who will feel more secure if us migrants pay more money for our
permission to stay, if we live here without our families because the parameters
that enables us to rejoin gets restricted, if the doctors will have to report
people without documents that ask for healthcare assistance, if there will be
prohibitions against manifestations, if the strikes only can be virtual?

The only security that remains is that too
loose our rights.

In this climate, even in a city like Reggio
Emilia, the right wing movements like the newly opened fascist library of Casa
Pound.

We think that the answer to this climate of
fear is to tear down the wall of distrust and indifference with solidarity, and
to fight together against a bigger enemy, the enemy that we really have in
common. Therefore on the first of May we invite everybody, migrant and Italian
workers, people depending on the wages guarantee fund unemployed, students,
teachers and healthcare workers but also all the citizens that want to shout
out loud I don’t feel afraid, I demonstrate, I go out, I don’t want the
militarization of the public spaces, I’m here and I wont pay this crisis, for a
first of May 2009 of struggle.
 

 

1 OF
MAY 2009, MEETING POINT 14.00

IN THE TRAIN
STATION (PIAZZALE MARCONI)

 

TO STOP THE INSTITUTIONAL RACISM

TO SAY NO AGAINST THE “RONDE”

FREDOOM OF DEMONSTRATION IN THE CITY CENTER ON
SATURDAY AND SUNDAY

FOR THE MAINTENANCE OF THE MIGRANT VISA EVEN IN
CASE YOU LOOSE THE JOB

FOR THE RE NEGOTIATION OF THE LOANS IN CASE YOU
LOOSE THE JOB

TO STOP THE EVICTIONS

FOR THE POSSIBILITY FOR EVERYBODY TO ENJOY THE
SOCIAL SAFETY NET

NO TO THE CRIMINALIZATION OF CLANDESTINE
MIGRATION

TO MAINTAIN THE PROHIBITION FOR HEALTHCARE
WORKERS TO DENOUNCE MIGRANT WITHOUT DOCUMENTS AND FOR THE POSSIBILITY TO
REGISTER THE BIRTH OF THEIR CHILDREN

FOR THE CLOSURE OF THE CIE’S

FOR THE GUARANTEE TO ACCESS THE RIGHT OF ASYLUM