SCUOLA E LINGUA

Un commento di Caroline
Tobaty-insegnante presso la scuola di Città Migrante-
e le riflessioni di alcuni alunni

La nostra scuola si chiama “Scuola Città Migrante” non solo perché vuole essere dentro la città e dentro i suoi movimenti, ma perché vuole accompagnare percorsi di vita diversi e anzi, esserne parte condivisa. L’aula diventa allora piazza e le panchine parco pubblico. Ognuno ci si può sedere il tempo di una lezione o per un anno intero.
Chiediamo il nome e nient’altro. Non servono altre giustificazioni per spiegare i perché e i come: non c’è bisogno di motivare un’esistenza. Da questo principio inizia tutto,ovvero inizia un cammino che vogliamo costruire insieme: tra studenti e insegnanti.

La scuola Città Migrante ha uno sguardo non troppo acceso e preoccupato sull’insegnamento grammaticale della lingua. Sicuri che non si imparano i tempi e i verbi a memoria ,ma che bisogna viverli, le lezioni sono basate sulla comunicazione: si chiacchiera, si scambiano idee, si cerca di esprimere una propria emozione e nel mentre, l’errore grammaticale si fa mezzo per
andare avanti e andare verso l’altro, per esprimersi senza disagio, senza
paura, senza che una voce interrompa la frase per riprenderla in modo “giusto”.

A scuola si accoglie l’altro con i suoi errori in bocca ma soprattutto con isuoi sorrisi, i suoi bisogni di stare con gli altri e di condivisione. Si cerca anche di guardare il mondo insieme. Spesso volentieri riflettiamo su quel che succede in città o a livello nazionale. Per i fatti di Rosarno abbiamo fermato un po’ il tempo delle lezioni per prendere parola su quello che stava accadendo. Per l’anniversario della caduta del Muro di Berlino abbiamo riflettuto insieme sul significato di un tale edificio ricordando i diversi muri ancora in piedi nel mondo. Per l’anniversario della morte dei sette giovani uccisi dalla polizia nel 1960 in piazza della Vittoria a Reggio Emilia, abbiamo cantato insieme la canzone di Fausto Amodei, “Per i morti di Reggio Emilia” e abbiamo ricordato i fatti significativi accaduti nei paesi di provenienza degli alunni in quegli anni.

Insegnare una lingua ad adulti stranieri non è un processo ovvio. Di fronte abbiamo persone con un passato e un presente vivi. Che ne parlino o meno. Non dobbiamo riempire una mente vuota, ma aggiungere senza mettere da parte la cultura e la nostalgia che ognuno si porta dentro. Una lingua seconda sarà sempre al secondo posto, non possiamo esigere che prenda il posto della lingua madre. Dobbiamo solo far sì che l’italiano diventi lingua amica, lingua del quotidiano, lingua della comunicazione. Non sarà mai la lingua della terra madre e delle radici, non avrà mai gli stessi profumi, ma se riusciamo a far sì che le due lingue si confrontino senza violenza e paura, allora abbiamo “vinto” la sfida. Così in aula cerchiamo spesso di parlare insieme dei diversi paesi di provenienza, delle loro storie, delle vite quotidiane là e della vita quotidiana di ciascuno qua a Reggio Emilia. Abbiamo la mappa del mondo che ci aiuta a strutturare le nostre geografie e sapere dove l’altro è nato e dove ha vissuto.

Così la festa di fine anno diventa l’esempio della convivenza. Si mescolano le lingue, i ritmi, le musiche. Si ballano danze mai ballate prima, si ride di più perché maggiore è la conoscenza tra di noi. Quest’anno la festa è stata un bel successo. Molte persone sono venute: studenti, insegnanti, volontari dell’associazione, amici.
Una bella confusione…

Durante le lezioni estive, gli studenti si sono impegnati a scrivere quel che rappresentava per loro la scuolaCittà Migrante e hanno riflettuto sull’importanza che hanno per loro la madrelingua e l’italiano. Hanno scritto. Non hanno detto. Cosa diversa. Il foglio bianco richiede maggior riflessione, richiede una vera introspezione, richiede silenzio. Le loro parole sono più significative di qualsiasi altro discorso :

Vengo a scuola perché vogliostudiare la lingua italiana. Mi trovo bene a scuola perché adesso parlo meglio.
Mi trovo bene con gli altri. Le lezioni sono belle. Abbiamo studiato per
cantare. Con la scuola mi sono fatto degli amici.
” Touba.

Sono venuto in questa scuola, ho imparato tante cose. Mi piace tanto quando vengo qui, perché mi
sento integrato nella vita sociale. Ho passato molti momenti belli, per esempio i compleanni con i miei amici e le mie amiche. E soprattutto la festa di fine anno, quella ho trovato molto molto bella (…) Trovo che imparare un’altra lingua è una cosa importante, così almeno sai i tuoi diritti e doveri. Per me la madrelingua rappresenta il legame con il mio paese, con i miei genitori, con la mia infanzia. Ma il legame più importante con la mia madrelingua è l’amore, perché si chiama lingua madre e la madre è un tesoro d’amore. Per avere tanti amori supplementari posso imparare un’altra lingua (…)
” Samir.

Per me una lingua è informazione e educazione. Perché se io non conosco gli altri, non posso andare in questura. Non posso lavorare(…) La mia lingua rappresenta me che deve rispettare gli altri. Voglio aiutare i vecchi. (…) Quando sono arrivato in Italia, parlavo inglese, urdu e pujabi. Capivo che in Italia c’era inglese, ma mi sono sbagliato. In Italia parlano italiano. Non conoscevo questa lingua, quindi veramente ho paura perché questa lingua è molto difficile”. Irfan.

Vengo a scuola perché voglio parlare bene la lingua. Vengo a scuola per parlare giusto, non le parole sbagliate. Sento di essere una persona a scuola (…) La festa è stata bella e vorrei star con voi i prossimi anni. La madrelingua è ricordo del paese. Si dice madre non padre, perché la madre è più brava. Il bimbo che piange, è per la madre o per il padre?” Ahmed.

Voglio imparare l’italiano perché vivo qui. (…)Per migliorarmi, per fare altre conoscenze nella vita, per sentirmi bene. Quando parlo wolof mi sento bene. Per imparare un’altra lingua, devi sapere bene la tua. Sono contento perché studiare un’altra lingua ti fa conoscere altre cose, altre persone, altri tipi di vita che ti rendono più maturi. In un altro paese cambi (…) ma soprattutto non devi mai cambiare l’educazione di base, quella che ti danno i genitori”. Mansour.

Una lingua per me è una chiave per frequentare altra gente. E’ un mezzo, è una cosa importante per integrare in questo mondo e andare lontano. La mia madrelingua è come sangue che gira nel mio corpo. La prima lingua e il primo alfabeto che io ho pronunciato. La lingua italiana per me è una lingua seconda. Ma è una lingua importante (…) Lei apre a me le porte.” Kamel.

Non posso aver pregiudizi sulla mia lingua madre. Voglio dire che imparare la lingua italiana è l’unica chiave per integrarti nella società italiana. Francamente sono felice ogni volta che vengo a scuola Città Migrante. Tutto il tempo trascorso a scuola è stato bello, così mi ha ricordato di venti anni fa, quando andavo a scuola elementare nel mio paese, in Marocco. Il giorno della festa è il giorno più bello della scuola. Sembravamo di essere un solo corpo, nonostante le patrie diverse, le lingue, le religioni e i colori delle nostre pelle. E’ un giorno
meraviglioso
”. Achraf.

In Egitto parliamo arabo einglese (…) L’italiano per me è la lingua della vita. Serve per comunicare, perlavorare. E’ anche la lingua della cultura e dell’arte”. Abdelsalam.

Alcuni momenti della festa della scuola a cura di Simone Armini