We are not going back – Ventimiglia ovunque

no borders

Siamo da poco rientrati dalla carovana Open Borders Caravan, a Botovo, fra Croazia e Ungheria testimoni delle politiche fallimentari europee.
Da una parte un’Europa chiusa che respinge e con violenza controlla i confini esterni ed interni, dall’altra parte i migranti che con i loro corpi attraversano le barriere ridisegnando le geografie europee e una risposta solidale di tante e tanti nei confronti di chi è in viaggio alla ricerca di condizioni di vita migliori.

Ed oggi con lo sgombero del presidio No Borders della pineta dei Balzi Rossi a Ventimiglia, al confine fra Italia e Francia, viene ancora una volta confermata la natura violenta dei confini interni all’Europa.
Esprimiamo solidarietà a tutti i migranti e agli attivisti che oggi costretti da un’azione violenta di polizia si sono ritrovati di nuovo sugli scogli come quei giorni di giugno in cui tutto iniziò . Ed è notizia di poche ore fa che il vescovo mons. Antonio Suetta ha negoziato l’uscita dagli scogli. I migranti dono stati portati al centro della Croce Rossa di Ventimiglia, senza identificazione. Gli attivisti sono stati invece portati in caserma per essere identificati e a quanto sembra senza fogli di via.

Dal quel giugno centinaia di migranti sono transitati per il presidio No Borders, seriamente intenzionati al proseguimento del proprio viaggio verso la Francia ed i territori della Gran Bretagna. Non è stato sufficiente essere sopravvissuti ai cosiddetti viaggi della speranza, aver attraversato il deserto ed il mare, essersi scontrati con la durezza del contesto libico , perché ribadiamo non esistono canali di accesso regolari e garantiti per arrivare in Europa per le persone in fuga da guerre , miseria, disastri climatici e politiche neocolonaliste. Ora lo scontro con il meccanismo perverso dei Regolamenti di Dublino, del fallimento delle strategie europee in tema di immigrazione, delle varie speculazioni politiche dei singoli governi che di fatto hanno creato ad ogni frontiera nazionale una nuova Lampedusa. La brutalità della frontiera esterna viene oggi moltiplicata ad ogni valico tra paese e paese creando ghetti, campi profughi e di fatto impedendo la libera circolazione e la libertà di scelta delle persone.

Nei prossimi giorni saremo disponibili ad essere a Ventimiglia per dare solidarietà attiva ai migranti ed agli attivisti che allo stesso modo subiscono da mesi attacchi pesanti sia dal punto di vista poliziesco che penale.
Sono passati ormai due anni dalla strage di Lampedusa, che ha suscitato tanto clamore mediatico, ma da cui nulla e cambiato in tema di politiche migratorie, sono invece i migranti stessi con i loro corpi che trasformano questa Europa piegando le logiche di frontiera e non accettando più il ruolo delle vittime. La misura in cui in questi mesi in tutta Europa si è dato vita a forti movimenti di sostegno ai migranti in viaggio dimostra come la realtà europea è ben diversa da quella che vorrebbero imporre Orban ed i Salvini di turno.

Coalizioni dei Centri Sociali dell’Emilia Romagna(Tpo, Làbas, Lab aq16, Casa Bettola, Casa Madiba Network, Ass. Città Migrante, Ass. Rumori Sinistri)

Verso Ventimiglia, presidio No Borders: raccolta materiale per il 3 ottobre

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Questo 3 ottobre andremo al Presidio No Borders a Ventimiglia.
Sono passai due anni dalla strage di Lampedusa che ha suscitato tanto clamore mediatico e molte dichiarazioni politiche che non hanno poi di fatto cambiato nulla in tema di politiche di immigrazione. Dal 3 ottobre 2013 tante altre stragi si sono susseguite e ad oggi non è stato aperto nessun canale di accesso regolare e garantito per l’Europa per chi fugge da guerra o miseria alla ricerca di un futuro migliore.
Migliaia di donne uomini e bambini che tentano di raggiungere l’Europa e di varcare i confini interni, dall’Ungheria alla Grecia, passando per Ventimiglia. Migliaia di persone che con i loro corpi ridisegnano le geografie forzando le politiche migratorie europee.
Questo 3 ottobre come associazione Città Migrante vogliamo dare un segnale concreto raggiungendo il presidio No Borders a Ventimiglia per portare solidarietà e materiale di prima necessità, intessere relazioni con gli attivisti e i migranti, per essere là dove la storia avviene.
Chi vuole unirsi a noi può scrivere a cittamigrante@gmail.com o telefonare al num 349/0977015.
Punto raccolta materiali:
giovedì 1 ottobre dalle 15 alle 18 presso ciclofficina Raggi Resistenti Via Gramsci 44 (RE)
giovedì 1 ottobre dalle ore 21 alle ore 22,30 presso Lab aq16 Via Fratelli Manfredi, 14 (RE)
Dal presidio richiedono:
– intimo da uomo
– calze da uomo
– scarpe numero maggiore di 40
– coperte, sacchi a pelo
– scaffali, cassettiere
Ass. Città Migrante

Politica e immigrazione, migranti e politica

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“La politica non ci interessa, anzi credo sia un problema. In Africa scatena le guerre…”
Queste sono le parole di Nelson, 29 anni nigeriano, riportate sul quotidiano “Il Resto del Carlino” che ha curato un’intervista di alcuni dei ragazzi che dopo le polemiche degli ultimi giorni sono tornati a prestare servizio a Festa Reggio. Nelson, così come tanti altri è uno dei profughi (sarebbe più corretto chiamarlo richiedente asilo) accolto all’interno del progetto di accoglienza a Reggio Emilia. La politica non interessa a Nelson, così come a tanti altri, ma proprio su di loro si gioca la partita politica, si prendono o si perdono voti, si istituiscono regolamenti regionali, si producono leggi nazionali, si emanano decreti, si finanziano progetti. Non solo a Reggio Emilia, non sono in Italia ma in tutta Europa.
Da una parte le politiche di accoglienza dall’altra i loro corpi che attraversano i confini, che ridisegnano le geografie, da vivi e troppo spesso da morti. Ogni giorno ormai abbiamo notizie di chi non ce la fatta, di chi è morto annegato in mare, asfissiato nella stiva di una barca o dentro un tir. E in Europa si erigono muri, si investe nel controllo delle frontiere di chi fugge da guerra e miseria, rimane in vigore (se non eccezionalmente e per alcune categorie di migranti, in Germania dove la Merkel si rifà la faccia dopo lo strappo greco e i migranti vengono usati, come spesso succede, come merce di scambio) il Regolamento di Dublino che impone la richiesta di asilo nel primo paese di arrivo e si da la caccia ai trafficanti di uomini che organizzano questi viaggi clandestini. Non abbiamo sentito parlare di canali umanitari, non abbiamo sentito parlare di canali di accesso regolari per arrivare in Europa. E’ notizia recente inoltre che la Gran Bretagna intende fermare la libera circolazione all’interno dello spazio Shengen e permettere l’ingresso solo a chi ha un lavoro stabile e la Francia continua i blocchi alla frontiera di Ventimiglia.

In queste nostre righe vogliamo spazzare via discorsi populisti e propagande politiche per dare spazio ad alcuni dati e raccontare una realtà, certo difficile, piena di contraddizioni ma con la quale inevitabilmente tutti noi abbiamo a che fare.
Lo abbiamo detto più volte, ma oggi vale la pena ribadirlo, perché intorno alla vicenda dei profughi e dell’accoglienza che ha coinvolto la nostra città , si sono dette molte cose, alcune anche molto ambigue, che hanno contribuito a creare molta confusione: innanzitutto se queste persone potessero arrivare in Italia o in Europa in maniera regolare, anche con un semplice visto, magari prendendo un aereo non lo farebbero? Affiderebbero la loro vita in mano ai trafficanti di esseri umani? Non ci vogliono di certo studi particolari per rispondere che non lo farebbero, e non ci vogliono nemmeno studi particolari per comprendere che chi è disposto a rischiare la propria vita non lo si potrà fermare.

Veniamo al dato economico : nel 2015 il budget stanziato per Frontex ( che ha come scopo il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE e l’implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l’Unione europea per la riammissione dei migranti respinti lungo le frontiere )è stato incrementato del 14% rispetto allo scorso anno . Sono stati stanziati 114 milioni di euro.
Denaro che potrebbe essere utilizzato per l’accoglienza in diversi paesi europei fra cui il nostro.
Inoltre, per venire al nostro paese, dalle ultime elaborazioni della Fondazione Leone Moressa su dati Istat e Ministero delle Finanze, attraverso calcoli molto complessi ci dicono che fatti i conti costi-benefici, l’Italia ci guadagna 3,9 miliardi l’anno con il contributo economico degli immigrati. (Il Corriere Della Sera ha riportato la notizia in un suo articolo il 24 novembre del 2014).
Altra questione che sembrerebbe scontata : non c’è niente di così casuale come il luogo in cui si nasce e spesso il luogo di nascita determina lo sviluppo e la vita di un individuo, oltre al passaporto che gli permetterà o meno di cambiare, migliorare la propria vita o in molti casi di sfuggire alla morte.

Veniamo agli animi che si sono accesi durante questo fine agosto. La discussione nasce dai trenta profughi che prestano servizio volontario a Festa Reggio. L’attacco parte dalla Lega Nord contro il PD che utilizza a propria utilità queste trenta persone. Innanzitutto pensiamo che alla Lega interessi ben poco di questi migranti ma che siano stati un’ottimo pretesto per attaccare il PD (che sicuramente non sosteniamo) e in generale costruire un campagna mediatica che come sempre trova le sue fondamenta nella questione immigrazione. Detto questo ora la vicenda sembra riguardare le varie querele che la Lega fa al PD e che il PD fa alla Lega. Su Salvini e sulla Lega Nord non spendiamo altre parole ora, abbiamo già espresso il nostro dissenso il 25 aprile del 2014 quando organizzò un convegno sull’Euro a Reggio Emilia.
Notiamo come il Movimento 5 Stelle non intenda cedere il passo in fatto di speculazione politica nei confronti della Lega chiedendo chiarezza su di un bando per la gestione di 30 profughi che il comune ha affidato alla Dimora di Abramo. Crediamo che in questa particolare fattispecie intendano affidamenti relativi al progetto Sprar che giusto per dovere di cronaca non è lo stesso progetto comunemente chiamato Mare Nostrum. Il M5S, per voce della parlamentare Maria Edera Spadoni chiede se esistono delle modalità di inserimento anche per i giovani disoccupati cittadini italiani, tanto per buttare tutto nel pentolone e alimentare una guerra fra poveri, dividendo italiani colpiti dall’auserity e migranti. E’ giusto monitorare sui bandi, in particolare dove e come vengano spesi i soldi pubblici, ma su di una cosa fondamentale glissa il M5S; è lecito o meno un piano di accoglienza di fronte all’epocale fenomeno migratorio che vive l’Europa e l’Italia? Aldilà delle rendicontazioni e della gestione più o meno virtuosa dell’accoglienza, interessa al M5S reggiano la sorte di quei trenta ragazzi approdati nel nostro territorio? La lega su questo è chiara, la retorica infame della ruspa non ha bisogno di presentazioni, ci piacerebbe sapere invece la posizione dei grillini locali.

Da parte dell’Ente gestore c’è stata una leggerezza di fondo e una lettura molto superficiale nel pensare che fare attività di volontariato a Festa Reggio fosse uguale allo svolgere altre attività a titolo volontario presso associazioni o enti no profit.
Detto questo ci interessa brevemente sviluppare il tema del volontariato. In generale il volontariato non dovrebbe mai sostituire posti di lavoro e sappiamo che questo purtroppo spesso succede. L’expo di Milano e le varie forme di stage lo dimostrano.
Ma la domanda che facciamo è un altra, perché questi ragazzi devono fare volontariato? Perché si devono dimostrare utili? Devono in un qualche modo darci indietro qualcosa? No. Questi ragazzi che ci piaccia o meno non ci devono dare niente. Quello che si costruirà e quello che daranno alla nostra società e alla nostra comunità dipenderà da quello che tutti noi (compreso in questo noi anche “loro”) saremo in grado di mettere in campo a partire dalle relazioni, che come è ovvio si costruiscono sempre almeno in due.
Non è quindi per pagare un debito morale od economico ciò che sottende il coinvolgimento di questi ragazzi in attività volontaristiche, la realtà è che queste attività dovrebbero permettere loro di esercitarsi con la lingua italiana, di costruire relazioni e reti nel territorio, necessarie anche per un futuro prossimo. Il clima in cui viviamo non è sicuramente favorevole, a partire dalle reali difficoltà che coinvolgono sempre più persone e famiglie, ma, ammettendo anche che fosse possibile, non sarà di certo mandando via i migranti che gli autoctoni risolveranno il problema del lavoro e della casa per esempio. Abbiamo assisto alla propaganda neofascista anche nella nostra provincia dove Forza Nuova ha manifestato contro la presenza dei profughi all’Albergo Soliani di Fabbrico.
Come sempre è più semplice dare la colpa al più debole, a chi sta in basso piuttosto che riversare la rabbia verso chi sta in alto e opporsi alle politiche di austerity che producono la povertà di tutte tutti noi.

Come arrivano queste persone nei nostri territori? Molto Brevemente.
Sono quelle che sbarcano sulle coste italiane, i superstiti dei tanti naufragi che leggiamo sui quotidiani locali e “distribuite” nella varie città attraverso dei bandi di gara delle Prefetture per l’accoglienza dei migranti sbarcati sulle coste italiane che rientrano all”interno dello “ straordinario afflusso di cittadini stranieri extracomunitari sul territorio nazionale e richiedenti la protezione internazionale”. Il bando prevede 30/35 euro procapite e l’ente che vince l’appalto dovrà garantire oltre al vitto e all’alloggio vari percorsi sul territorio. I bandi e le convenzioni sono reperibili sui siti delle prefetture, a Reggio emilia il bando è stato vinto dal raggurppamento temporaneo di Impresa di cui la Dimora di Abramo è capofila. I migranti accolti all’interno di questi progetti richiedono tutti la protezione internazionale, per cui per loro inizierà l’iter di attesa della commissione che valuterà la loro domanda di asilo. I tempi sono spesso lunghi e non è scontato che la domanda vada a buon fine e si scontrano con l’iter burocratico della richiesta di asilo e di tutto quello che ciò comporta. Non hanno scelto di venire a Reggio Emilia e molte volte nemmeno in Italia, ma in Italia devono rimanere perché lo impone il Regolamento di Dublino. Sono alla ricerca di un lavoro e sperano di poter cambiare la propria condizione di vita, c’è chi fugge dalla guerra, dalla dittatura e chi da condizioni di miseria. Stefano Liberti, giornalista, afferma che potremmo chiamarli “avventurieri”, come loro molto spesso si definiscono.
Facciamo chiarezza innanzitutto che non prendono 30 euro al giorno, in questi trenta euro ci sono tutte le procedure che si mettono in campo per l’accoglienza compreso lo stipendio dei lavoratori. E di posti di lavoro questi progetti ne hanno creati, altri li hanno salvati, pensiamo alla proprietaria dell’hotel Soliani di Fabbrico che ha dichiarato alla stampa che l’albergo senza di loro avrebbe chiuso.
Sulla pelle dei migrati si giocano da sempre partite importanti.

Gli scandali di Mafia Capitale, le varie inchieste aperte dalla magistratura, che ormai non sono più una novità in quanto è il sistema a permettere cose di questo tipo, dimostrano come i migranti sono vittime anche del business che si crea intorno all’accoglienza, dove i fondi finiscono nelle tasche di gestori e politici corrotti, gli stessi politici che poi utilizzano la figura del migrante per propagande razziste e fomentano nei territori la cosiddetta guerra fra poveri, gettando inoltre discredito su tutto il mondo della cooperazione.
Sia chiaro: non pensiamo di trovarci di fronte ad una Mafia Capitale locale.
Non crediamo che la coop Dimora di Abramo sia parte di questo, ma che debba riflettere molto al proprio interno, non in termini di legalità ma di mission e ringraziamo Don Eugenio Morlini e Don Daniele Simonazzi che con il proprio voto contrario a bilancio, e anche se in maniera diversa Don Giuseppe Dossetti, sono stati in grado di porre al centro il mandato che una cooperativa sociale deve avere; l’accoglienza e il benessere dei propri lavoratori in primis.
Vediamo come nel mondo del lavoro questi principi siano spesso violati e dove le cooperative non sono altro che aziende cammuffate e luoghi di sfruttamento lavorativo.
Crediamo inoltre che l’accoglienza vera sia compito dell’ente gestore, delle amministrazioni ma anche di ognuno di noi perché rispecchia il grado di civiltà della nostra comunità. E che sia compito di tutti, ente gestore compreso denunciare le ingiustizie che si incontrano nei processi di accoglienza, da quelle burocratiche/amministrative al non permettere manifestazioni fasciste davanti ai luoghi dove queste persone vivono perché sono ostacoli per un processo di accoglienza degna.

Per concludere è necessario trattare anche la questione del dopo accoglienza. Che cosa è e sarà di queste persone una volta che escono dai progetti? L’iter prevede che una volta finita la procedura della richiesta asilo termina il percorso di accoglienza.
In molti casi queste persone lasciano la nostra città perché si ritrovano senza casa e senza lavoro, e si addentrano nell’inferno del lavoro agricolo del sud Italia finendo spesso nei ghetti balzati più volte agli onori della cronaca, altri lasciano l’Italia per raggiungere paesi europei con un tasso occupazionale più alto. Ma con il permesso di soggiorno ottenuto, non è consentito lavorare in regola in Europa, per cui si è costretti al lavoro nero. E l’ingiustizia continua…

Pensiamo sia giunto il momento di avere coraggio ed aprire un dibattito cittadino vero in cui discutere delle politiche in tema di immigrazione in generale e di accoglienza in particolare, senza paure dei conflitti, che metta in campo e a confronto tutti gli attori del territorio, compreso chi dal basso quotidianamente agisce l’accoglienza e lotta perché in questa città possa esserci spazio per tutte e tutti, anche quando i progetti istituzionali giungono al termine.

Ps: caro Nelson, anche in Italia la politica scatena le guerre, a volte non armate, ma pur sempre di guerra si tratta e a volte le armi le finanzia per altri paesi perché possano usarle. Anche questo è un grosso business.

Ass. Città Migrante, Laboratorio aq 16, Casa Bettola

20 giugno dall’Emilia Romagna a Ventimiglia per un’Europa dell’accoglienza e dei diritti

Ventimiglia2015

Dal sito www.globalproject.info

Questo 20 giugno, giornata mondiale del rifugiato, segna una fase cruciale per le politiche europee.

Di fronte al dilagare delle conseguenze dei conflitti e delle guerre in corso da tempo fuori dai confini d’Europa, di fronte alla richiesta di sostegno che arriva da interi popoli costretti a fuggire da regimi totalitari e dalla devastazione economica, sociale e ambientale prodotta dal sistema di sviluppo neo-liberale, l’Unione Europea reagisce con la repressione e la negazione di chi cerca un luogo sicuro in cui portare avanti il proprio progetto di vita.

Eloquenti sono le immagini del confine italo-francese a Ventimiglia, palcoscenico di una tensione diplomatica di facciata ad uso e consumo dei media che persegue l’intento comune dei paesi membri di schiacciare sul nascere i sogni di libertà di migranti e rifugiati. Il finto braccio di ferro tra il Governo Italiano e gli Stati che si oppongono alla presunta “redistribuzione dei profughi” sono infatti il segno di uno spazio precluso ai migranti, persone indesiderate in Gran Bretagna come in Francia, in Ungheria come in Danimarca, in Spagna come in Italia. Questo ci dicono infatti dichiarazioni e cronache delle ultime settimane: non c’è spazio per i migranti, ma non c’è spazio nemmeno per i rifugiati, nonostante questi possano ancora aspirare a brandelli di diritto sanciti dalla tanto obsoleta quanto preziosa Convenzione di Ginevra per i Diritti dei Rifugiati.

Strumentale e indegna è infatti questa forzata differenziazione tra migranti economici e rifugiati, quando i diritti degli stessi richiedenti asilo sono continuamente aggrediti, tra respingimenti ai confini esterni, accoglienza indegna, negazione del riconoscimento della protezione internazionale e Regolamento di Dublino. Non a caso l’Agenda Europea per l’Immigrazione tanto elogiata dal Governo Renzi punta proprio ad allontanare verso un altrove sempre più remoto le procedure per il riconoscimento del diritto di asilo, nel comune interesse di selezionare, filtrare e centellinare coloro che potranno un giorno godere del privilegio di sopravvivere a miseria e guerra accedendo al territorio europeo. Not in my back garden è il ritornello di tutti i capi di Stato e politici, nessuno escluso, in una gara all’egoismo e alla disumanità che premia le destre xenofobe e i loro proclami razzisti, rincorsi anche in Italia da tutti gli esponenti politici, in un vuoto di responsabilità istituzionale che ci precipita sempre più nella guerra agli ultimi e nella cultura dell’individualismo.

Nel frattempo, migranti e rifugiati continuano a rappresentare un business per tutti, facendo fruttare l’economia dello sfruttamento: nei centri di accoglienza gestiti grazie allo stato di emergenza, nei magazzini della logistica gestiti dalle cooperative, nei campi agricoli di mezza Europa, nella filiera del turismo e del lavoro di cura e ancora in tanti altri settori, dove il ricatto e la precarietà vengono strumentalizzati per risparmiare al ribasso sul costo della manodopera e sui suoi diritti.

Sono le politiche perverse contro cui ci battiamo da sempre.

Per questo sabato 20 giugno saremo a Ventimiglia:

contro l’ipocrisia dell’Agenda Europea sull’Immigrazione,

contro la speculazione razzista ed economica sulla pelle di migranti e rifugiati,

contro il Regolamento di Dublino,

contro le misure dell’austerity che bloccano l’alternativa alla crisi,

per un asilo europeo,

per un’accoglienza degna e per il riconoscimento delle occupazione abitative

per il diritto di circolazione e soggiorno per tutti,

per la fine dei diktat della Troika contro il Governo greco

Per un’Europa aperta, giusta e solidale

Coalizione centri sociali Emilia Romagna

Oltre il 1° Maggio: per costruire le città che vogliamo!

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Il 1° Maggio abbiamo attraversato le strade di Milano insieme a tante e tanti per dire no ad Expo e il modello di sviluppo che rappresenta. Un corteo di più di trentamila persone che sotto la pioggia ha espresso il dissenso alla logica del grande evento e della grande opera che privatizza le risorse, la ricchezza e le opportunità, mentre socializza il debito, i costi sociali e ambientali.

Di ritorno da Milano ci siamo riuniti nell’ex-magazzino di formaggi occupato in via Gramsci 44 per riflettere sul significato della manifestazione ma soprattutto per continuare ad intrecciare quella molteplicità di lotte e proposte di alternative che nella città e nella provincia di Reggio Emilia rappresentano un rovesciamento del paradigma di Expo.

E’ evidente che la giornata di Milano, con la sua complessità e le sue sfumature, è stata raccontata attraverso una lente deformante, ingrandendo alcune immagini e trascurandone altre. Una semplificazione che ha annullato il significato politico della manifestazione, spostando in secondo piano le ragioni più profonde che hanno portato migliaia di persone ad opporsi alla devastazione del territorio e al saccheggio di diritti, beni comuni e democrazia.

Per questo ci teniamo a dire che in quella giornata abbiamo visto un’altra immagine, siamo stati parte di un’altra storia. Un corteo ricco di contenuti e determinato nelle pratiche, dentro un percorso condiviso tra tante e tanti, diverse e diversi. Un momento di convergenza tra realtà che ogni giorno lottano per la giustizia sociale e ambientale nei territori.

Non ci sentiamo invece rappresentati dalle auto in fiamme e non ci riconosciamo nelle pratiche di pochi che hanno utilizzato la presenza di tanti per mettere in scena una rappresentazione dello scontro. Abbiamo un’altra prospettiva: vogliamo attivare processi di ricomposizione sociale per allargare lo spazio di una possibile trasformazione dell’esistente, attraverso pratiche nel contempo radicali e inclusive, o in altre parole, pratiche “convincenti” che ci danno la possibilità di “vincere insieme”.

Dopo il 1° Maggio si è aperto un dibattito sincero su come vogliamo stare in piazza insieme e siamo contenti che la discussione non si sia focalizzata esclusivamente sull’uso della forza, dimenticando le violenze quotidiane che colpiscono in misura crescente la vita delle persone. Perché la vita vale più della proprietà privata – un auto o una vetrina non possono avere più valore delle rivendicazioni di diritti e dignità da una parte sempre più ampia della popolazione. La vera violenza è lasciare che donne, uomini e bambini muoiano ogni giorno in mare per fuggire dalla guerra, violenza è negare un tetto sulla testa e i servizi fondamentali a coloro che in questi anni stanno subendo drammatici processi di impoverimento e precarizzazione, violenza è lucrare su beni comuni necessari alla vita come l’acqua, violenza è ridurre un diritto inscindibile come un’istruzione gratuita e di qualità ad una mera merce di scambio, violenza e depredare suolo cementificando ogni singolo spazio di verde, violenza è non assicurare il diritto alla salute a qualsiasi essere umano ne abbia bisogno.

Queste sono le questioni sulle quali il Laboratorio No Expo si confronta ad ogni sua assemblea e che hanno portato alla redazione della pubblicazione “Reggio Emilia alla rovescia – in cammino verso la città che vogliamo”. Un cammino sui “sentieri che si fanno camminando”. Ora andiamo avanti. Continueremo le battaglie sociali ed ambientali e nelle prossime settimane ci mobiliteremo per liberare beni comuni come l’acqua e la terra dal profitto e dalla rendita; per portare a termine il processo di ripubblicizzazione del servizio idrico a Reggio Emilia e per fermare il consumo di suolo. Ci vediamo nelle assemblee, nelle piazze, nelle strade e nei campi!

Laboratorio No Expo – per la città che vogliamo

Primo Maggio No Expo – per le città che vogliamo!

1 maggio

1° maggio 2015: tra Reggio Emilia e Milano, un Expo alla rovescia per le città che vogliamo

Non è una coincidenza che l’inaugurazione di EXPO 2015 coincida con il Primo maggio, giornata che, dal 1889, celebra la lotta e la volontà di riscatto dei lavoratori in tutto il mondo. Scegliendo quella data, il governo Renzi ha inteso risignificare la “Festa dei lavoratori” trasformandola nella festa del grande capitale internazionale e, parallelamente, del nuovo ordine sociale che, con la complicità dei sindacati, attraverso lo smantellamento dei diritti dei lavoratori, la liberalizzazione definitiva del contratto a tempo determinato e dell’apprendistato, i bassi salari, i minori oneri per le imprese, la precarizzazione strutturale, lo sfruttamento eletto a norma, si è andato affermando negli ultimi anni in Italia.

Ma non solo: EXPO, oltraggiando la memoria del Primo maggio attraverso il divieto di scioperi nella città di Milano per quella giornata (divieto concordato con i sindacati: “Expo è un evento eccezionale e vogliamo partecipare concretamente alla sua riuscita – ha affermato Massimo Bonini, segretario generale della Filcams Cgil di Milano), diviene nel contempo il simbolo “vincente” della cementificazione selvaggia; della privatizzazione del settore pubblico tramite la costituzione di società private a capitale pubblico; della speculazione immobiliare, finanziaria e mafiosa; del modello di alimentazione stabilito in base alle logiche di profitto della multinazionali (che non a caso, pur avendo alle spalle solo storie di devastazione planetaria, di immiserimento dei coltivatori, di diffusione di cibi nocivi e spesso cancerogeni, sono state chiamate a “sponsorizzare” l’evento dedicato al tema “nutrire il Pianeta, energia per la vita”).

Contro le politiche di austerità dettate da BCE, Fmi e da tutta l’eurocrazia, contro l’affermazione di queste politiche a livello locale, nazionale e internazionale, contro le politiche oscene che stanno all’origine delle centinaia di migranti che muoiono nel Mediterraneo (e non solo), contro il saccheggio dei diritti e dei beni comuni in Italia e nel mondo, il Primo maggio, il Laboratorio cittadino “No-Expo – Per la città che vogliamo” di Reggio Emilia parteciperà al grande corteo internazionale No Expo MayDay di Milano e al “Pollicino in Fiera”, la 22esima edizione del mercato “alternativo” promosso dalla rivista Pollicino Gnus che, come da tradizione si svolgerà nel centro di Reggio Emilia dalle 9.00 alle 18.00 in Piazza Prampolini, e che quest’anno sarà all’insegna del “No-Expo”.

Il Laboratorio a Reggio Emilia, si è raccolto e ha iniziato il proprio cammino, con l’intenzione di connettere le tante esperienze che in questa città, da anni, agiscono pratiche di cambiamento sociale in ambiti differenti ma con l’orientamento comune di costruire dialogo, convivenza, diritti e dignità diffusi, ritessendo i fili di un tessuto sociale che rischia di essere sempre più lacerato da individualismi, paure, avidità sui quali i poteri che sono quelli di un capitalismo feroce, sanno di potersi reggere e prosperare. Per questo il Laboratorio si è impegnato a esplicitare e praticare concrete continuità tra questioni solo apparentemente separate, come il diritto all’abitare, l’accesso ai beni comuni, la sovranità alimentare, le altre economie, le relazioni libere tra generi e orientamenti sessuali, l’educazione e la tutela del territorio, costruendo un’occasione per intrecciare diverse lotte sociali e ambientali e attivare processi di cambiamento; contro la speculazione edilizia e il consumo di suolo, per un altro sviluppo della città e del territorio, contro la precarizzazione e l’impoverimento della vita, per un lavoro dignitoso e un reddito di base.

Il Primo maggio saremo in piazza per:

  • Ribadire il proprio rifiuto al modello di società che il capitale vorrebbe imporci
  • Fermare lo smantellamento del welfare e dello stato sociale;
  • Promuovere la tutela dei beni comuni
  • Riaffermare la sostenibilità della vita attraverso l’abbattimento della precarietà.
  • Trovare nella lotta ad Expo la possibilità di un fronte sociale comune, bloccando immediatamente la logica del lavoro gratuito in favore di quella del reddito garantito.
  • Promuovere la cura dell’educazione e della formazione che devono tornare a focalizzarsi sullo scambio di saperi e non sulla compravendita di energie da impiegare nel mercato seguendo bisogni determinati unicamente da logiche di consumo.
  • Ripartire dalla scuola, contestando con forza tutte le forme di aziendalizzazione della formazione pubblica e i meccanismi di falsa meritocrazia che sviliscono la qualità dell’insegnamento trasformato in una competizione senza fine.
  • Ripensare ad un rapporto equiparato tra le specie che popolano terre, acque, cielo, in prospettiva del superamento della prevaricazione di una popolazione sull’altra e della specie umana su tutte le altre.
  • Affermare immaginari che ribaltino quelli di una società machista, maschilista e patriarcale, che svelino la ricchezza e la pluralità dei generi.

Laboratorio No Expo – per la città che vogliamo!

verso la manifestazione del 25 aprile: Basta morti in mare: apriamo canali di accesso regolari!

immagine_basta morti in mare

Erri de Luca dichiarò parlando dell’immigrazione dal cimitero di Lampedusa durante il programma Che tempo che fa del 20 maggio 2009: “I poteri hanno visto nelle isole dei luoghi di reclusione, hanno piantato prigioni su ogni scoglio: il mare nostro brulica di sbarre”.

Ricordiamo le parole dell’ex direttore esecutivo di Frontex, dopo la chiusura delle operazioni di Mare Nostrum il 1 novembre 2014: Salvare vite umane è sempre una priorità, ma il mandato dell’agenzia è quello di controllare le frontiere, non facciamo ricerca e soccorso”.

Ecco il ma, il ma che autorizza la morte in mare, che la copre con il velo della clandestinità. Dopotutto, sì, sono solo clandestini, senza documenti, senza statuto legale, e in nome della guerra all’immigrazione clandestina si costruiscono frontiere e muri,  e gli esseri umani muoiono nel tentativo di scavalcarli, anche quando scappano da guerre spesso e volentieri alimentate dall’Europa stessa.

Chi tenta di lasciarsi dietro le spalle l’orrenda realtà delle guerre, della misera e  cerca un futuro migliore non ha scelta. Nessun ingresso legale e nessun canale umanitario si apre davanti a lui : deve affrontare il viaggio con gli scafisti, accettando lo sfruttamento, il rischio per la propria vita, le violenze fisiche e psicologiche. Nessun altro viaggio è possibile attualmente per chi cerca la pace… e spesso trova la morte in mare.

Oggi ricordiamo i 70 anni vissuti lontani dalla Shoah, ma abbiamo davanti agli occhi e sulla pelle un continuo massacro di innocenti. Oggi ricordiamo tutti i partigiani morti per la libertà e ricordiamo anche i morti annegati, morti senza aver avuto il tempo di dire il proprio nome. Queste persone non sono annegate  per caso, è ora di ricordarlo , anzi di affermarlo con chiarezza. Non basta lanciare un mazzo di fiori, piangendo davanti alle bare oppure offrire dei pupazzi per accompagnare l’ultimo viaggio. No, è ora di  di interrompere il rafforzamento di Frontex che non garantisce la vita ma fortifica i muri che costringono i migranti a imbarcarsi con biglietti di sola andata, un’andata che troppe volte mette a repentaglio la vita.  Le migrazioni sono esseri umani in movimento, sono rondini che vanno e vengono. Non si fermano, i piedi, e hanno bisogno di scarpe giuste per camminare con più dignità.

Apriamo un canale umanitario per chi fugge dalle persecuzioni e dalle guerre!

Garantiamo ingressi legali!

Abbandoniamo Frontex e le politiche sull’immigrazione che attualmente sono le prime responsabili di queste tragedie!

Facciamo tacere la Lega e la sua lingua dell’odio!

Lasciamo che sia chi fugge a scegliere dove vivere, abolendo il regolamento di Dublino  e aprendo le porte interne dei Paesi europei, è un diritto, questo, affermato dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo!

Seppelliamo definitivamente la parola clandestinità abolendo in primis la legge Bossi-Fini

L’Europa dei diritti si costruisce abbattendo le frontiere che uccidono innocenti in mare e garantendo dignità e accoglienza a chi raggiunge le nostre terre.

Il 25 aprile saremo in piazza insieme a tante e tanti altri nel 70° anniversario della Liberazione. Raggiungeremo il concentramento del corteo (ore 11 Gabella di via Roma) con una staffetta in bicicletta partendo alle ore 10 dalla ciclofficina Raggi Resistenti gestita da alcuni di quei superstiti alle tragedie del mare.    LA NOSTRA SCELTA È DI PARTE.

Abbiamo appreso che il 25 aprile la Lega Nord sarà in Piazza del Monte a Reggio Emilia con un banchetto e con la presenza dell’eurodeputato Buonanno. E’ una vergogna e non è ammissibile che la Lega Nord, un partito razzista che fomenta l’odio e specula sulle vite umane sia a Reggio Emilia il 25 aprile e che possa utilizzare spazi pubblici (Piazza del Monte) nell’anniversario del 70° anno della Liberazione e a pochi giorni delle ultime stragi nel Mediterraneo.

Ass. Città Migrante, Casa Bettola, Laboratorio aq16

 

Sopra di me stelle muoventi

o pesci galleggianti?

Disturbo con questo corpo ingombrante,

salutano con l’inchino e riprendono il sesso con l’amante.

I pesci scopano e pisciano in mare,

io non so nuotare

 

Non mi avevi detto nulla, mamma,

sul perché, sul come e sulla risposta.

Dicevi che la strada sempre finisce,

ma quando è salata, mamma, ferisce.

 

Ma i pesci mi baciano,

si permettono l’invadenza,

mentre il cielo in sofferenza

soffia vento e inganno.

 

Mamma, non mi avevi detto che in mare

i sogni non ci sono,

che ci stanno solo sdraiati in un letto,

che in mare, mamma, i sogni non ci possono stare.

 

Non ho nemmeno salutato,

né la terra né l’amico,

l’onda mi ha mangiato

come d’estate il bimbo mangia il fico.

Mamma, mi dicevi sempre di salutare,

ma come si fa quando siamo sotto il mare…

Mamma, gustati l’estate che arriverà,

dimentica il mio corpo che si disperderà,

bevi il tè alla salute dei superstiti,

dài alla sorellina dei bacetti.

 

Mamma, perdona la partenza,

la morte e il silenzio,

ma in mare, sai, non c’è spazio,

siamo trecento oggi, un infinito ieri,

domani ancora,

in mare non c’è spazio,

ci stringiamo morendo, mamma,

se vuoi, prega ancora,

ma in mare i sogni non ci possono stare.

 

Caroline Tobaty, una delle insegnanti della scuola di italiano dell’ass. Città Migrante

Per un 25 Aprile pericolosamente sociale

25 aprile 2015

Quest’anno ricorre il 70° anniversario della Liberazione, per questo la data del 25 aprile 2015 assume un significato ancora più profondo. A 70 anni dalla liberazione dal nazifascismo assistiamo ad una recrudescenza e ad un avanzamento, in seno alla società, dei peggiori sentimenti xenofobi e razzisti dettati dalla durezza della crisi, e di un assoggettamento generale alle logiche di potere e di sfruttamento del capitale.

È passato un anno da quando, proprio in questa data così significativa per la nostra città, il leader della Lega Nord Matteo Salvini approdava con il suo “Basta Euro tour” a Reggio Emilia portando un provocatorio attacco ai valori partigiani della Liberazione. È passato un anno da quando un corteo determinato ha deciso di opporsi a questo evento di becero populismo di destra, nel silenzio colpevole delle istituzioni che hanno preferito volgere lo sguardo da un’altra parte, e invitare sul palco della commemorazione istituzionale uno degli artefici principali dello smantellamento dei diritti nel mondo del lavoro, l’attuale ministro del lavoro Poletti.

E’ trascorso un anno da quegli eventi:  6 mesi di misure cautelari, motivate da un’ipotesi di pericolosità sociale, successivamente ridimensionata in sede di processo terminato con tredici condanne di circa 5 mesi di reclusione a testa (pena sospesa) a fronte della richiesta di 60 anni in totale avanzati dal PM  per aver difeso i valori dell’antifascismo e dell’antirazzismo. Il 25 aprile, quella parte della città che si riconosce nei valori politici della Resistenza e che quotidianamente lotta contro le nuove forme di fascismo e di razzismo, vuole scendere nuovamente per le strade della città per riempirle dei contenuti e dello spirito tramandati dai partigiani fino a noi; una parte di città diffusa e rappresentativa di molteplicità e differenze, che non si arrende e che non si lascia zittire.

Lo vogliamo fare perchè la nostra scelta è di parte, perché il 25 aprile ricominci ad essere una importante ricorrenza vissuta a testa alta e non più una celebrazione svuotata di passione dalle sfere istituzionali  e sminuita da figure che poco hanno a che fare con quello che la Resistenza rappresenta.

Lo vogliamo fare portando in piazza la nostra memoria partigiana e al contempo le moderne resistenze, quelle che viviamo nel quotidiano contro il lavoro precario e sempre meno tutelato, contro il lavoro gratuito mascherato da opportunità per i giovani, contro lo sfruttamento del suolo e delle risorse, contro la speculazione dei grandi eventi e delle grandi opere, per ricostruire una città a misura di chi la vive, che garantisca i diritti fondamentali a tutte e tutti.

Vogliamo attraversare Reggio Emilia riempiendola della potente vitalità che si è espressa nelle giornate dell’11 e 12 aprile, dove nello stabile occupato di via Gramsci 44 si è tenuta la fiera dei diritti e della dignità Expo alla Rovescia, che ha voluto dare il via ad un percorso per riportare al centro del dibattito la politica di base, i bisogni reali dei cittadini e i diritti di cui la città deve essere promotrice, una città ostile alla propaganda di odio di cui personaggi come Matteo Salvini sono portatori.

Invitiamo quindi tutte e tutti sabato 25 aprile 2015 alla manifestazione antifascista e antirazzista con concentramento alle ore 11.00 alla Gabella di Via Roma. Il corteo sarà preceduto da una staffetta collettiva  in bicicletta che partirà dalla ciclofficina Raggi Resistenti, nell’ex magazzino dei formaggi in Via Gramsci 44 , luogo simbolo della prima tappa costituente del laboratorio cittadino No Expo.

Il corteo terminerà il suo percorso davanti al monumento ai caduti della Resistenza in P.zza Martiri del 7 luglio, dove porteremo un mazzo di fiori come omaggio ai partigiani che hanno perso la vita combattendo in nome della libertà.

Laboratorio No Expo- Per la città che vogliamo

 

Concentramento biciclettata da Via Gramsci 44, ore 10.00

Concentramento Gabella di Via Roma (Porta S.Croce), ore 11.00

Siamo tutt* piazza Loggia – Solidali e complici con la Brescia meticcia

Comunicato di solidarietà ed adesione dei centri sociali e reti antirazziste dell’Emilia Romagna al corteo di sabato 28 marzo indetto dalle realtà migranti ed antirazziste

Quarto giorno consecutivo di mobilitazione (e oggi sarà il quinto) per migranti e antirazzisti a Brescia dopo le prime cariche di sabato, lo sgombero del presidio ed i fermi. Ancora in piazza e sempre più numerosi perché le istanze che hanno mosso il presidio di sabato 21 marzo riguardano tutte e tutti quelli che lottano contro le frontiere esterne e le barriere interne, contro lo sfruttamento, contro le politiche di austerità , per la giustizia sociale e per la libertà.

La mobilitazione partita sabato 21 marzo è parte di quella battaglia per l’abolizione della Legge Bossi- Fini, ormai in vigore da 13 anni, che nessun governo è stato in grado di abolire. Anzi a cui si sono aggiunte restrizioni su restrizioni, basti pensare alle Legge 94 del 2009 (il famoso/famigerato Pacchetto Sicurezza) che introduce la conoscenza della lingua italiana come ulteriore ostacolo per l’ottenimento dei documenti trasformando un diritto in un ulteriore barriera e il permesso di soggiorno a punti.

E’ una battaglia contro le politiche in tema di immigrazione che producono clandestinità, sfruttamento, precarietà di esistenza nei nostri territori e migliaia di morti nei nostri mari.

La manifestazione di sabato 28 marzo riporta al centro la vertenza aperta durante il presidio di sabato scorso. Da un lato la vicenda della Sanatoria2012 con la specificità della prefettura bresciana che ha rigettato l’80% delle domande di emersione e di cui si rivendica il diritto al rilascio dei permessi di soggiorno. Una specificità che apre comunque la questione generale delle sanatorie truffa a cui tutte e tutti noi abbiamo assistito. Sull’altro versante il modo in cui la legge disciplina il fenomeno della migrazione per cui il legame fra lavoro e soggiorno in cui in un periodo come questo di crisi, in cui c’è un’emergenza occupazionale non si può pensare che centinaia di migliaia di persone in tutto il paese corrano il rischio concreto di perdere il permesso di soggiorno ed essere cacciati nella clandestinità.

Lo scorso sabato la Brescia meticcia ha messo al centro i diritti che volevano essere tenuti fuori dalla piazza centrale, relegati ai margini e a cui si è risposto istituzionalmente reprimendo il dissenso e impedendo di fatto la libertà di manifestare con manganellate, cariche della polizia, fermi ed espulsioni.

Ma i migranti, gli antirazzisti, la Brescia meticcia e solidale continua a mobilitarsi mettendoci la faccia per aprire spazi di democrazia.

Ci sentiamo parte di questa battaglia a partire dai nostri spazi sociali, dagli sportelli, dalle case occupate, alle piazze per costruire un’Europa senza confini, libera da razzismo e xenofobia, dalle gabbie securitarie e dalle imposizioni economiche della Troika.

Per questo sabato 28 marzo saremo a Brescia al fianco dei migranti e degli antirazzisti in lotta.

Coalizione centri sociali Emilia Romagna (Casa Madiba, Tpo, Labàs occupato, Lab Aq16, Casa Bettola), ass. Città Migrante Reggio Emilia, Ass.YaBasta Bologna, ass. Rumori Sinistri Rimini

Nasce il Laboratorio No EXPO – per la città che vogliamo!

no expo

Il 2015 è l’anno dell’EXPO a Milano. Un grande evento di carattere globale nel cuore di un’Europa in profonda crisi economica, politica, sociale e ambientale. Un appuntamento centrale per il processo di ridefinizione del modello capitalista, le cui parole d’ordine sono crescita ed economia verde, in forte contraddizione con la realtà sociale e lontano dalle persone che in questo periodo stanno perdendo reddito e diritti.
L’Esposizione Universale non si ferma ai confini milanesi, ma caratterizza il dibattito politico e culturale di tutto il paese, anche nella nostra città, già dai mesi che anticipano l’inaugurazione dell’evento il 1 maggio fino alla sua conclusione il 31 ottobre. Infatti Reggio Emilia è una delle “Città EXPO”, con un suo marchio, una campagna comunicativa e una serie di eventi per promuovere il territorio, valorizzare il “modello Reggio Emilia” e raccontare il suo sistema di governance.

Come collettivi, associazioni, comitati e singoli cittadini che nella provincia di Reggio Emilia lottano per la giustizia sociale ed ambientale ci siamo dati appuntamento in assemblea a Casa Bettola con l’obbiettivo di capovolgere il modello EXPO: invece di vivere la narrazione e l’agenda dell’Esposizione Universale in modo passivo, abbiamo aperto un laboratorio di idee e pratiche dove immaginare e costruire la città e la società che vogliamo.

EXPO è una vetrina, noi vogliamo guardare dall’altra parte, per leggere e interpretare il paradigma che rappresenta e condividere forme di opposizione sociale e costruzione di alternative all’altezza della fase che stiamo attraversando.
Il
modello di lavoro di EXPO si fonda sul lavoro gratuito e la precarietà come norma. E contro chi si oppone a queste condizioni lavorative Renzi minaccia “se c’è una qualche minoranza che vuole boicottare questo evento, sappia che siamo pronti a tutto”, dichiarando che non si può scioperare il giorno dell’inaugurazione che coincide con la festa dei lavoratori! In contrasto a questo vogliamo difendere ed allargare la sfera dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, immaginare e costruire forme di lavoro dignitose, e reclamare un reddito di base, incondizionato per tutte e tutti.
I
l modello di sviluppo del territorio di EXPO è quello del grande evento e della grande opera, che privatizza non solo gli spazi pubblici ma anche i processi decisionali. Noi al contrario vogliamo attivare processi collettivi nella gestione del territorio, affermando il diritto all’abitare e il diritto alla città.
I
l modello di agricoltura e il modello energetico esposti nel titolo dell’Expo “Nutrire il pianeta, energia per la vita” sono quelli della cosiddetta economia verde, ma l’expo non nutre il pianeta, nutre le multinazionali, concentrando la ricchezza e le risorse nelle mani di pochi, impoverendo ed affamando i più. Invece noi vogliamo confrontarci su modelli di produzione e consumo profondamente alternativi, sostenendo la biodiversità e la sovranità alimentare.

EXPO, con le sue grandi opere, inutili e dannose, rappresenta un grande affare per la criminalità

organizzata, che nelle pieghe degli appalti e dei subappalti si appropria di fondi pubblici. La presenza della mafia nei cantieri non può più essere considerata un’eccezione, ma è il sistema stesso che regolarmente offre opportunità alla criminalità organizzata. Il nostro territorio non ne è immune. Anzi. L’operazione Aemilia sta ampiamente dimostrando come le sfere istituzionali, i territori e le loro economie sono sempre più pervase da organizzazioni malavitose. Il risultato di scelte politiche ed economiche non a beneficio della comunità ma nella direzione dell’accumulo di capitale che hanno distrutto parte del territorio, permesso lo sfruttamento della forza lavoro, costruito interi quartieri disabitati e prodotto un forte disagio abitativo.

Il Laboratorio No Expo è aperto a tutti coloro che insieme vogliono lottare contro questo modello di sviluppo e costruire alternative possibili. Invitiamo tutte e tutti ai primi appuntamenti di autoformazione e approfondimento:

Giovedì 26 febbraio ore 20.30 presso Laboratorio AQ16 (Via Fratelli Manfredi, 14 RE)

No Expo- un incontro per svelare le contraddizioni del grande evento costruito con cemento, debito e precarietà. Con relatori da Milano, Bergamo e Bologna.


Sabato 14 marzo ore 10.00 presso Università di Reggio Emilia (Viale Allegri)
Conflitto sociale e codice penale .Un convegno per indagare come l’interpretazione del codice penale sia come deterrente per le pratiche del dissenso. Ma anche un approfondimento su leggi che incidono su diversi ambiti della nostra vita, come il piano casa e il suo art.5 e il Jobs Act con le sue politiche di precarizzazione e antisindacali. Tra i relatori ci sono gli avvocati Paolo Cognini, Giuseppe Pelazza, Vainer Burani, Alessandra Scaglioni e Antonio Mumolo

Giovedì 26 marzo ore 20.30 presso Ghirba, Gabella di via Roma:
Lavoro (gratis) per tutti. Incontro con Andrea Fumagalli per approfondire i cambiamenti nel mondo del lavoro, dal Jobs Act all’Expo – dalla normalizzazione della precarietà all’introduzione del lavoro gratuito.