Conflitto sociale e Codice Penale- convegno 14 marzo

Sabato 14 marzo ore 10 Università di Reggio Emilia (Viale Allegri)

Conflitto sociale e Codice Penale

L’utilizzo del codice penale nel controllo delle forme di dissenso e la produzione di norma che ridefinisce nuovi rapporti sociali nell’epoca dello strapotere della finanza

Avv. Paolo Cognini : Ordinamento penale, potere giudiziario e movimenti: nuovi paradigmi del controllo e della pena

Avv. Alessandra Scaglioni e Avv. Antonio Mumolo: Piano casa e movimenti sociali per il diritto all’abitare

Avv. Giuseppe Pelazza: Connessione tra distruzione del diritto del lavoro e repressione penale

Avv. Vainer Burani: Il codice penale, reati contestati ad attori del conflitto sociale e politico, reati associativi e di opinione

codice penale e conflitto sociale

Movimenti ambientali che si oppongono alla costruzione di grandi opere inutili e dannose, movimenti sociali che si occupano del diritto alla città e del disagio abitativo, reti antirazziste che si battono per la chiusura dei Cie e delle forme di esclusione dei migranti dai territori, lavoratori e precari che difendono il diritto ad un lavoro degno devono quotidianamente fare i conti con un apparato giudiziario che sempre più tende a criminalizzare il conflitto sociale.L’ultima sentenza No Tav, le misure cautelari sproporzionate e utilizzate già come anticipi di pena nei confronti di attivisti politici, una legge come il piano casa Lupi che lede gravemente il diritto fondamentale alla residenza, una normativa in ambito di lavoro come il jobs act pesantemente precarizzante e lesiva dei diritti sindacali s’inquadrano in un processo generale da leggere in maniera paradigmatica rispetto alla realtà che viviamo. Una realtà che per molti aspetti può essere a vario titolo definita post-democratica, dove le pratiche del dissenso che confliggono con gli interessi della speculazione e della finanza non sono ammessi. Tutto questo mentre la guerra è alle porte, sempre più persone fuggono dai loro paesi alla ricerca di salvezza o di un futuro migliore e continuano a morire nei nostri mari e le sfere istituzionali, i territori e le loro economie sono sempre più pervase da organizzazioni malavitose. Soggetti criminali, come ben descritto dall’operazione antimafia Aemilia, non più agenti tossici all’attacco di un corpo sano, ma attori ben radicati e sistemici nel contesto economico neoliberista.

Nasce il Laboratorio No EXPO – per la città che vogliamo!

no expo

Il 2015 è l’anno dell’EXPO a Milano. Un grande evento di carattere globale nel cuore di un’Europa in profonda crisi economica, politica, sociale e ambientale. Un appuntamento centrale per il processo di ridefinizione del modello capitalista, le cui parole d’ordine sono crescita ed economia verde, in forte contraddizione con la realtà sociale e lontano dalle persone che in questo periodo stanno perdendo reddito e diritti.
L’Esposizione Universale non si ferma ai confini milanesi, ma caratterizza il dibattito politico e culturale di tutto il paese, anche nella nostra città, già dai mesi che anticipano l’inaugurazione dell’evento il 1 maggio fino alla sua conclusione il 31 ottobre. Infatti Reggio Emilia è una delle “Città EXPO”, con un suo marchio, una campagna comunicativa e una serie di eventi per promuovere il territorio, valorizzare il “modello Reggio Emilia” e raccontare il suo sistema di governance.

Come collettivi, associazioni, comitati e singoli cittadini che nella provincia di Reggio Emilia lottano per la giustizia sociale ed ambientale ci siamo dati appuntamento in assemblea a Casa Bettola con l’obbiettivo di capovolgere il modello EXPO: invece di vivere la narrazione e l’agenda dell’Esposizione Universale in modo passivo, abbiamo aperto un laboratorio di idee e pratiche dove immaginare e costruire la città e la società che vogliamo.

EXPO è una vetrina, noi vogliamo guardare dall’altra parte, per leggere e interpretare il paradigma che rappresenta e condividere forme di opposizione sociale e costruzione di alternative all’altezza della fase che stiamo attraversando.
Il
modello di lavoro di EXPO si fonda sul lavoro gratuito e la precarietà come norma. E contro chi si oppone a queste condizioni lavorative Renzi minaccia “se c’è una qualche minoranza che vuole boicottare questo evento, sappia che siamo pronti a tutto”, dichiarando che non si può scioperare il giorno dell’inaugurazione che coincide con la festa dei lavoratori! In contrasto a questo vogliamo difendere ed allargare la sfera dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, immaginare e costruire forme di lavoro dignitose, e reclamare un reddito di base, incondizionato per tutte e tutti.
I
l modello di sviluppo del territorio di EXPO è quello del grande evento e della grande opera, che privatizza non solo gli spazi pubblici ma anche i processi decisionali. Noi al contrario vogliamo attivare processi collettivi nella gestione del territorio, affermando il diritto all’abitare e il diritto alla città.
I
l modello di agricoltura e il modello energetico esposti nel titolo dell’Expo “Nutrire il pianeta, energia per la vita” sono quelli della cosiddetta economia verde, ma l’expo non nutre il pianeta, nutre le multinazionali, concentrando la ricchezza e le risorse nelle mani di pochi, impoverendo ed affamando i più. Invece noi vogliamo confrontarci su modelli di produzione e consumo profondamente alternativi, sostenendo la biodiversità e la sovranità alimentare.

EXPO, con le sue grandi opere, inutili e dannose, rappresenta un grande affare per la criminalità

organizzata, che nelle pieghe degli appalti e dei subappalti si appropria di fondi pubblici. La presenza della mafia nei cantieri non può più essere considerata un’eccezione, ma è il sistema stesso che regolarmente offre opportunità alla criminalità organizzata. Il nostro territorio non ne è immune. Anzi. L’operazione Aemilia sta ampiamente dimostrando come le sfere istituzionali, i territori e le loro economie sono sempre più pervase da organizzazioni malavitose. Il risultato di scelte politiche ed economiche non a beneficio della comunità ma nella direzione dell’accumulo di capitale che hanno distrutto parte del territorio, permesso lo sfruttamento della forza lavoro, costruito interi quartieri disabitati e prodotto un forte disagio abitativo.

Il Laboratorio No Expo è aperto a tutti coloro che insieme vogliono lottare contro questo modello di sviluppo e costruire alternative possibili. Invitiamo tutte e tutti ai primi appuntamenti di autoformazione e approfondimento:

Giovedì 26 febbraio ore 20.30 presso Laboratorio AQ16 (Via Fratelli Manfredi, 14 RE)

No Expo- un incontro per svelare le contraddizioni del grande evento costruito con cemento, debito e precarietà. Con relatori da Milano, Bergamo e Bologna.


Sabato 14 marzo ore 10.00 presso Università di Reggio Emilia (Viale Allegri)
Conflitto sociale e codice penale .Un convegno per indagare come l’interpretazione del codice penale sia come deterrente per le pratiche del dissenso. Ma anche un approfondimento su leggi che incidono su diversi ambiti della nostra vita, come il piano casa e il suo art.5 e il Jobs Act con le sue politiche di precarizzazione e antisindacali. Tra i relatori ci sono gli avvocati Paolo Cognini, Giuseppe Pelazza, Vainer Burani, Alessandra Scaglioni e Antonio Mumolo

Giovedì 26 marzo ore 20.30 presso Ghirba, Gabella di via Roma:
Lavoro (gratis) per tutti. Incontro con Andrea Fumagalli per approfondire i cambiamenti nel mondo del lavoro, dal Jobs Act all’Expo – dalla normalizzazione della precarietà all’introduzione del lavoro gratuito.

No Expo – Un incontro per svelare le contraddizioni del grande evento costruito con cemento, debito e precarietà

Giov 26 febbraio ore 20.30 presso Lab AQ16 (Via Fratelli Manfredi, 14 RE)
 
No Expo –
Un incontro per svelare le contraddizioni del grande evento costruito con cemento,
debito e precarietà
No Expo 26 febbraio

Quale idea di lavoro, di sviluppo della città e di gestione del territorio rappresenta Expo 2015? Quale modello economico e politico promuove?
Come si espande oltre Milano per entrare dentro i territori?
In che modo continua oltre i 6 mesi dell’Esposizione Universale?
Come possiamo opporci a questo modello? Quale alternative possiamo costruire?

Ne parliamo con:

Off Topic – Milano

Paci Paciana – Bergamo

Coordinamento No F.I.CO – Bologna

Expo come paradigma – uno sguardo da Milano

Il 2015 sarà l’anno dell’EXPO a Milano. Un grande evento di carattere globale nel cuore di un’Europa in profonda crisi economica, politica, sociale e ambientale. Un appuntamento centrale per il processo di ridefinizione del modello capitalista, le cui parole d’ordine sono crescita ed economia verde, in forte contraddizione con la realtà sociale e lontano dalle persone che in questo periodo stanno perdendo reddito e diritti.
Quale modello di società rappresenta Expo – per quanto riguarda le condizioni di lavoro, i processi economici e politici, lo sviluppo urbano e rurale?
Come possiamo capovolgere questo modello, per immaginare e costruire altre forme di produzione e consumo, gestione del territorio e dei beni comuni, redistribuzione della ricchezza e delle risorse?

Expo come stato di eccezione – uno sguardo da Bergamo

A Bergamo l’Esposizione Universale ha svolto un ruolo centrale nella trasformazione del territorio, accelerando la realizzazione di grandi opere e infrastrutture. La costruzione dell’autostrada Brebemi e l’ampliamento dell’aeroporto Caravaggio, sono state concepite prima e aldilà di Expo ma ormai da tempo amministratori, gestori e imprenditori prendono in prestito la data del primo maggio 2015 per giustificare la realizzazione di grandi opere inutili e dannose.
In altre parole: Expo costituisce uno stato di eccezione in cui legittimare la costruzione di grandi opere per decine di miliardi di euro, scaricando i costi sociali e ambientali sulla collettività, ridisegnando il paesaggio urbano è rurale in modo drastico, senza il coinvolgimento delle comunità locali.
Come possiamo affrontare questo fenomeno predatorio presente su tutto il territorio nazionale? Come mettere in evidenza la contraddizione tra le politiche di austerità da una parte e l’accaparramento di fondi pubblici dall’altra? Come rendere visibile il legame tra l’impoverimento di tanti attraverso tagli di servizi e risparmi sul welfare, e l’arricchimento di pochi attraverso la costruzione di grandi eventi e opere finanziati con fondi pubblici?
Quale forme di riappropriazione per recuperare quello che ci è stato tolto?

Expo come norma – uno sguardo da Bologna

A Bologna il progetto F.I.CO. (Fabrica Italiano Contadina) darà una continuità al modello Expo, dopo la conclusione dell’Esposizione Universale. Una continuità per quanto riguarda i contenuti, spettacolarizzazione dell’agricoltura e del cibo, ma soprattutto per quanto riguarda i processi: privatizzazione di spazi pubblici, consumo di suolo, lavoro precario.
In altre parole il F.I.CO. è un esempio di come l’eccezione di Expo si trasforma in norma.
In che modo possiamo contrastare questa tendenza? Come possiamo rivendicare il diritto collettivo a decidere dell’uso e della destinazione dei territori in cui viviamo e della provenienza dei cibi che mangiamo? Come possiamo rivendicare la difesa della nostra salute e dei nostri territori, opponendoci alla precarizzazione del lavoro e la costruzione delle grandi opere?

Invitiamo inoltre tutte e tutti lunedì 23 febbraio ore 20.30 a Casa Bettola (Via Martiri della bettola, 6 RE) alla prossima assemblea del Laboratorio No Expo – per la città che vogliamo!
Aperta a tutte e tutti che insieme vogliono opporsi al modello di sviluppo rappresentato da Expo, per immaginare e costruire alternative politiche, sociali e ambientali.

Il naufragio dei migranti, della Fortezza Europa e dell’austerità

lampedusa 2015

 

Sopra di me stelle mobili
O pesci galleggianti?
Disturbo con questo corpo ingombrante
Salutano con l’inchino e riprendono il sesso con l’amante.
I pesci scopano e pisciano in mare
Io non so nuotare.

Non mi avevi detto nulla, mamma
Sul perché, sul come e sulla risposta
Dicevi che la strada sempre finisce
Ma quando è salata, mamma, ferisce.

I pesci mi baciano,
Sì permettono l’invadenza
Mentre il cielo in sofferenza
Soffia vento e inganno.

Mamma, non mi avevi detto
che in mare i sogni non ci sono
Che ci stanno solo sdraiati in un letto
Che in mare, mamma, i sogni non ci possono stare.

Non ho manco salutato
Ne la terra ne l’amico
L’onda mi ha mangiato
Come d’estate il bimbo mangia il fico.
Mamma mi dicevi sempre di salutare
Ma come si fa quando siamo sotto il mare.

Mamma gustati l’estate che arriverà
Dimentica il mio corpo che si disperdera’
Bevi il tè alla salute dei superstiti,
Dai alla sorellina alcuni bacetti.

Mamma perdona la partenza,
La morte e il silenzio,
Ma in mare, sai, non c’è più spazio
Siamo trecento oggi, un infinito ieri
Domani ancora,
in mare non c’è più spazio
E ci stringiamo morendo, mamma,
Se vuoi, prega ancora,
Ma in mare i sogni non ci possono stare.

Caroline Tobaty, una delle insegnati della scuola di italiano di Città Migrante

 

L’ennesima e inaccettabile strage di centinaia di migranti alle porte di Lampedusa ci ricorda, nella peggior maniera possibile, che in queste ore è in ballo il destino dell’Europa non solo rispetto alla sorte del debito greco e delle politiche di austerità, appese al filo del rapporto di forza tra la Troika e il popolo greco (da cui stiamo cogliendo con tutte le nostre forze la richiesta di mobilitazione in solidarietà), e nemmeno solo rispetto ai tentativi di risolvere la crisi ucraina, o più verosimilmente ad abbassare i toni (almeno mediatici) di una guerra che a bassa intensità produce morti ogni giorno, anche fra i civili.

Abbiamo infatti sempre avuto la convinzione che il destino dell’Europa sia lo stesso della pelle delle centinaia di migliaia di migranti che ogni anno provano a raggiungerla, praticando a costo di morire nel Mediterraneo, a Melilla, a Calais o nei porti di Patrasso, Ancona o Venezia, ma anche nei centri di detenzione, un diritto su cui non siamo mai stati disposti a trattare: quello della libertà di movimento.

Abbiamo anche saputo, fin dall’inizio, che “Triton” non sarebbe stata una missione destinata al “fallimento” (come lo ha definito il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa), ma fosse la scelta, assolutamente consapevole, di ostacolare fino all’ultimo i percorsi dei migranti, pagando il prezzo di stragi inumane come quella di oggi: una missione portata a compimento, evidentemente. Un altro 3 ottobre.

Non ci stupisce che i più cinici o miopi, a seconda della strategia, invochino a gran voce il ritorno di Mare Nostrum: un’operazione senza precedenti dal punto di vista dello stanziamento economico (senza dubbio per l’Italia) e del dispiegamento, anche lì, di forze militari. “Si salvava di più e si pattugliava meglio”, certo.

Ma non si può continuare ad accettare che la migrazione possa essere un percorso ad ostacoli dove i più fortunati, dopo essere stati in mano alle organizzazioni che lucrano sul traffico degli esseri umani e a cui hanno consegnato tutto ciò che hanno, sopravissuti alle polizie di frontiera di chissà quanti paesi, debbano infine affrontare la prova cruciale della traversata in mare, sperando di essere salvati.

Partiamo dalla partenza, verrebbe da dire: vogliamo percorsi di arrivo garantiti, che chiudano per sempre con l’idea dell’esternalizzazione delle frontiere e con le quote di ingresso limitate (vedi legge Bossi Fini).

Un canale umanitario di un’Europa senza confini, libera dall’austerità e dal debito, un debito che è anche quello che abbiamo tutti e tutte noi nei confronti di chi abita il più grande cimitero che ci circonda: il mar Mediterraneo.

Questa nuova Europa da costruire è passata e sta passando sicuramente da Piazza Syntagma: dalle barricate di protesta al Memorandum degli anni passati fino alle manifestazioni come quella di ieri sera, passando per la dura lotta dei profughi siriani del novembre scorso, quando si accamparono per settimane per ottenere il diritto di asilo.

Attraversiamo questa settimana di sostegno al popolo greco su scala europea, la manifestazione nazionale di sabato 14 a Roma e la mobilitazione del 18 marzo a Francoforte anche con questa attitudine.

Centri Sociali Emilia Romagna

Laboratorio No Expo – per la città che vogliamo!

ASSEMBLEA-NO-EXPO-BANNER

Lunedì 9 febbraio ore 20.30 presso Casa Bettola (Via Martiri della Bettola, 6 RE)

Assemblea aperta a tutte e tutti per continuare a dare forma al Laboratorio No Expo – per la città che vogliamo. Per capovolgere il modello Expo e costruire il “nostro grande evento” con proposte di alternative politiche, economiche, sociali e ambientali.

Un’assemblea operativa in cui iniziare a:

Organizzare i primi incontri di autoformazione e approfondimento per conoscere più a fondo le contraddizioni del modello Expo – per quanto riguarda il lavoro, lo sviluppo della città, la gestione del territorio, la relazione con l’ambiente, il modello economico e politico che rappresenta. Ma anche incontri in cui costruire un’altra idea di città e società, in cui condividere altri modelli di produzione e consumo, nuove forme di cooperazione sociale, riappropriazione e ridistribuitone della ricchezza e delle risorse, attraverso il racconto di esperienze concrete

Dare vita ad un inchiesta per capire come Expo si traduce a Reggio Emilia, partendo dai principali attori reggiani che partecipano al Esposizione Universale – CIR, Reggio Children, COOP. Un modo per focalizzare le trasformazioni del territorio reggiano e inquadrare il suo modello di sviluppo, mettendo in evidenza le sue contradizioni.

Creare una campagna per rovesciare l’immaginario dell’Expo e raccontare la città che vogliamo attraverso immagini e interventi negli spazi pubblici e sulla rete.

Costruire un “padiglione dei diritti e della dignità”, un “nostro grande evento” con incontri, dibattiti, laboratori, mercati, concerti, proiezioni di film…e tutto quello che insieme riusciamo a costruire in uno spazio recuperato e restituito alla città.

INFO: noexporeggioemilia@gmail.com

Pagina Facebook: No Expo Reggio Emilia