Mobilitazione diffusa contro il #ddlpaura #ddlsicurezza
𝑷𝒂𝒓𝒕𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒉.𝟐𝟎:𝟎𝟎 𝒅𝒂 #𝑪𝒂𝒔𝒂𝑩𝒆𝒕𝒕𝒐𝒍𝒂 #reggioemilia
La battaglia per contrastare il DDL Paura continua.
Sabato scorso a Roma si è tenuta la seconda assemblea nazionale della rete A Pieno Regime per sedimentare quella potenza delle 100mila persone, che lo scorso 14 dicembre hanno dimostrato un’opposizione unita e determinata a questo governo.
il 17 gennaio torniamo a mobilitarci in tutti i territori per riaccendere quelle 100mila luci contro il buio dell’autoritarismo.
Abbiamo ribadito più volte che il DDL è il manifesto politico e culturale di un intero ciclo reazionario e di un mondo che si regge sempre più attorno al regime di guerra.
L’obiettivo è ribaltarlo, creare una frattura storica nel rapporto tra governanti e governati, tra capitale e lavoro.
Il 17 gennaio invitiamo tuttɜ ad attraversare le strade e il centro storico in una passeggiata iridescente.
Vogliamo essere nelle strade di sera, per dimostrare che le città e i suoi quartieri non possono essere isolate in zone rosse, non possono essere delegate al controllo unico della polizia e alla politica securitaria, quella politica che ha ucciso Ramy nel quartiere di Corvetto A Milano.
Venerdì manifestiamo anche per chiedere giustizia per Fares e Ramy, per denunciare l’ennessimo omicidio di Stato, di chiaro stampo razziale e per difendere quella rabbia che ha invaso Milano, Torino, Roma, Bologna. Alla violenza di Stato, a un passo dall’essere istituzionalizzata da questo DDL, non può che esserci in risposta la rabbia di tuttɜ noi.
🔥 venerdì 17 gennaio partendo da Casa Bettola alle ore 20:00 sfileremo verso il centro storico. Invitiamo a portare qualcosa che faccia luce per creare un serpente luminoso nella sera.
𝐂𝐎𝐍𝐓𝐑𝐎 𝐈𝐋 𝐃𝐃𝐋 𝐒𝐈𝐂𝐔𝐑𝐄𝐙𝐙𝐀 𝐍𝐄𝐒𝐒𝐔𝐍𝐀 𝐏𝐀𝐔𝐑𝐀
𝐒𝐎𝐋𝐎 𝐑𝐀𝐁𝐁𝐈𝐀!
CHI SIAMO NOI?
Siamo coloro che difendono e reinventano la democrazia come antifascistə, transfemministə, attivistə impegnatə ogni giorno a lottare per la giustizia sociale e ambientale.
Siamo lə lavoratorə che rischiano il posto o vivono la precarietà; siamo chi, e con chi, presidia le fabbriche contro l’impoverimento crescente e l’aumento delle disuguaglianze economiche.
Siamo nelle scuole e nelle università, a difendere il diritto allo studio e l’accesso a saperi liberi e inclusivi.
Siamo con chi organizza picchetti antisfratto, portando solidarietà a chi rischia di perdere la casa perché non può più permettersi un affitto.
Siamo chi, e al fianco di chi, lotta contro la violenza patriarcale e contro tutte le forme di oppressione di genere.
Siamo quellə che nei quartieri lavorano per contrastare mafie e corruzioni, convintə che l’inclusione sociale e la rigenerazione siano il vero antidoto ai clan.
Siamo quellə che denunciano il disastro climatico che devasta i nostri territori e combatte contro le grandi opere inutili e dannose.
Siamo con chi denuncia le torture e le indegne condizioni di vita nelle carceri sovraffollate.
Siamo con chi si oppone ai CPR e rivendica la libertà di movimento per tuttə, sostenendo chi salva vite in mare.
Siamo chi vuole un mondo libero da guerre, genocidi e da qualsiasi forma di colonialismo.
Siamo con chi combatte le mafie e costruisce reti di mutualismo e solidarietà nei territori.
Siamo con chi riconosce che il proibizionismo è un favore alle mafie e si batte per politiche alternative e giuste.
Siamo donne, uomini, identità non binarie, cittadinə italianə e di ogni provenienza. Crediamo che l’unica vera sicurezza sia quella sociale: la sicurezza di un lavoro dignitoso e di un reddito universale garantito; di una casa sicura; di un sistema sanitario pubblico, gratuito e accessibile; di un’istruzione di qualità; di vivere in una società libera da ogni forma di violenza sessista, razzista, classista o discriminatoria.
CHI SONO LORO?
Loro sono quelli che hanno un’idea deforme della nostra democrazia: autoritaria con i deboli e gli ultimi e affabile con chi corrompe, accumula, inquina.
Il Ddl Sicurezza è l’apice di un disegno ampio del governo guidato da Giorgia Meloni che punta chiaramente a destabilizzare i valori, le garanzie e i principi di Giustizia. Seppur forte nei numeri in Parlamento, nel Paese la sua propaganda sta mostrando tutte le sue fragilità. Criminalizzare preventivamente ogni forma di dissenso, moltiplicare inverosimilmente il numero di reati contro chi protesta e disobbedisce rappresenta uno dei più gravi attacchi nella storia della nostra Repubblica ai diritti fondamentali, al diritto di manifestare e dissentire, trasformando l’Italia in un paese autoritario.
Non c’è alcuna sicurezza garantita da questo provvedimento. Si respira solo la paura della libertà e, soprattutto, delle piazze che si riempiono contro la guerra, il patriarcato, per la giustizia sociale e per fermare i cambiamenti climatici; paura degli scioperi; paura di chi non ha un tetto, di chi arriva nel nostro Paese e viene detenuto immotivatamente, senza neanche il diritto ad una scheda Sim; di chi oppone resistenza agli abusi e alle violenze.
PERCHÉ IL DDL SICUREZZA È INACCETTABILE
Il Ddl Sicurezza segna un salto autoritario senza precedenti, colpendo con carcere e repressione i pilastri della democrazia: il dissenso e il conflitto sociale.
Criminalizza persino le pratiche di protesta non violenta e pacifica. Per la popolazione detenuta e per i migranti trattenuti nei CPR, introduce punizioni sproporzionate, arrivando a considerare reato azioni come battere una pentola contro le sbarre.
La norma, intrisa di una visione patriarcale, prevede che i figli e le figlie nascano in carcere, stigmatizzando le donne detenute per la “colpa” di avere violato una presunta “missione materna”.
Fuori legge finiranno i produttori di canapa, che hanno creato un settore agricolo dinamico, e le persone costrette a occupare una casa per emergenze abitative.
Il disegno di legge smonta anche strumenti essenziali del conflitto sindacale, colpendo i blocchi stradali e i picchetti.
Con i suoi 38 articoli, il Ddl crea un vero e proprio diritto penale del “nemico”, definendo figure sociali da punire e criminalizzando le pratiche di mobilitazione, soprattutto nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro.
FERMIAMO QUESTA DERIVA
Lo abbiamo detto con chiarezza nel documento conclusivo dell’Assemblea Nazionale della Rete No Ddl Sicurezza: siamo determinatə a fermare questo attacco alla democrazia. Intrecceremo questa battaglia con tutte le forme di opposizione sociale che in questi mesi stanno animando i territori e il Paese.
Sabato 14 dicembre, da tutta Italia, convergeremo in massa a Roma per una grande manifestazione nazionale.
Ma non ci fermeremo lì: la nostra mobilitazione continuerà anche nei giorni in cui il Ddl Sicurezza approderà in aula. Con pratiche diverse, faremo in modo che questo attacco ai diritti fondamentali non diventi legge.
La nostra democrazia è frutto della lotta, dell’impegno e del sacrificio di milioni di persone; non è un diritto stralciabile o calpestabile a colpi di decreto. Non ci piegheremo di fronte all’idea che si possa reprimere il dissenso, umiliare lə ultimə, le lotte per il futuro, per la giustizia sociale e ambientale.
La nostra battaglia comincia adesso.
Il cosiddetto Nuovo pacchetto sicurezza è un disegno di legge (1660) del governo che mira a processare e incarcerare tutto ciò che non si conforma al modello sociale e culturale della destra.
Non colpirà solo fette marginali o le parti maggiormente attive della popolazione ma colpirà tutt*.
Il miglior modo per contrastarlo è conoscerlo, per questo vi invitiamo giovedì 3 ottobre, alle 21:00, al Laboratorio AQ16 a discuterne insieme a noi e a due avvocati del foro di Reggio Emilia: 𝗩𝗮𝗶𝗻𝗲𝗿 𝗕𝘂𝗿𝗮𝗻𝗶 𝗲 𝗟𝘂𝗰𝗶𝗮 𝗟𝗮𝗿𝗼𝗰𝗰𝗮.
Laboratorio AQ16 / Città Migrante / Casa Bettola / ADL Cobas
In occasione del #WorldRefugeeDay, a #ReggioEmilia presso l’Ostello della Ghiara, in via Guasco 6, presenteremo il libro
CHIUSI DENTRO
I campi di confinamento nell’Europa del XXI secolo.
Prefazione di Livio Pepino . A cura di RiVolta ai Balcani
Con la presenza di
Gianfranco Schiavone – Coautore del libro e presidente di ICS ( Consorzio Italiano di Solidarietà)
Michele Rossi – Coautore del libro e direttore di Ciac Parma
Modera Federica Zambelli – Città Migrante
L’Europa muore ai suoi confini. “Chiusi dentro” è l’analisi critica più aggiornata delle politiche di respingimento dei migranti a livello internazionale: dall’esternalizzazione delle frontiere alla creazione di veri e propri campi di confinamento dentro e fuori l’Ue. Italia inclusa.
C’è un filo rosso che unisce i lager libici, i campi di transito bosniaci, i centri di detenzione lituani o greci e i Cpr italiani. È quello del trattenimento e della segregazione di migliaia di persone in movimento, spogliate della propria dignità e dei propri diritti.
Questo libro si propone di rispondere a domande cruciali, attraverso un’indagine approfondita delle politiche europee sull’asilo e sull’immigrazione.
Descrive, a più voci, i casi di Bosnia ed Erzegovina, Grecia, Lettonia e Lituania, Macedonia del Nord, Libia, Polonia, Serbia, Turchia, e infine dell’Italia.
Esplorando temi di grande attualità come l’impiego della tecnologia nella violazione dei diritti umani, il ruolo delle Agenzie internazionali (Frontex in primis), la cancellazione del diritto d’asilo, i respingimenti alle frontiere esterne dell’Ue e le “riammissioni” ai confini interni.
Si tratta ancora oggi di prassi illegittime e sistematiche, che l’Unione europea vorrebbe far diventare la “nuova normalità”. Conoscere e raccontare le pratiche di resistenza rappresenta il primo passo per contrastare questa eclissi.
Con i contributi di: Matteo Astuti, Alexandra Bogos, Caterina Bove, Anna Brambilla, Silvia Carbonari, Duccio Facchini, Robert Ford, Hannah Huser, Mahmut Kacan, Nikola Kovačević, Monica Massari, Keely McDonnell, Andrea McTigue, Davide Pignata, Michele Rossi, Erminia Rizzi, Luca Rondi, Gianfranco Schiavone, Ivana Stojanova, Meleanna Sunderland, Manuela Valsecchi
Corteo 1 giugno h.15, Gabella di Via Roma #ReggioEmilia
Dalla giornata di ieri siamo costretti a osservare la morte generata da un ennesimo attacco di Israele su Gaza. Questa volta l’attacco è avvenuto con dei bombardamenti feroci sul campo profughi dell’ UNRWA a Rafah, bruciando vivi corpi di uomini, donne e bambinɜ. Rafah è l’ultimo “luogo sicuro” (se ancora possiamo chiamarlo così), l’ultimo tassello per Israele per completare questo progetto mostruoso di genocidio dell’ intero popolo palestinese.
Le immagini di ieri e di questi ultimi 6 mesi non ci lasciano impassibili. Non possono.
Mentre in questi mesi Israele ha continuato con efferatezza i suoi attacchi, sono state inutili le risoluzioni ONU o le sentenze della Corte Penale Internazionale.
L’Occidente non si smuove davanti al massacro di un popolo, ma anzi continua a inviare armi e a alimentare i finanziamenti per un’ economia di guerra, perseguendo una logica coloniale per cui alcuni popoli sono subumani e conquistabili.
Arrivati ad oggi però questa logica deve essere ribaltata.
Rafah e i 2 milioni di palestinesi rifugiati vanno difesi e noi tuttə dobbiamo continuare la mobilitazione per un cessate il fuoco immediato!
Le acampade universitarie continuano da settimane per dimostrare solidarietà al popolo palestinese, fare pressione sui governi occidentali, complici di questo genocidio, e per rompere ogni accordo che le istituzioni universitarie hanno con Israele e con il settore delle armi, tra cui l’azienda italiana Leonardo, che ha il primato e che ancora commercia armi con Israele.
Guardando alle esperienze universitarie,
vogliamo anche noi tornare nelle piazze e nelle strade di Reggio Emilia, per non permettere la “normalizzazione” di ciò che sta accadendo.
La ricaduta immediata colpirà come sempre in basso, in primo luogo tutte quelle persone e progetti politici che invece lavorano da anni per una Palestina ed un medio oriente più giusto e libero.
Per quanto la nostra incisività ci sembri limitata non possiamo ritirarci davanti a questa inevitabile escalation del conflitto che trasformerà gli assetti globali e locali.
Scendiamo in piazza ancora una volta in solidarietà del popolo palestinese, per pretendere un cessate il fuoco immediato su Rafah e per un intervento concreto per mettere fine al colonialismo sionista.
ALL EYES ON RAFAH! CORTEO H. 15 QUESTO SABATO DALLA GABELLA DI VIA ROMA
Comunicato degli spazi sociali in merito all’occupazione di SOLDOUT a #ReggioEmilia del 1-5 maggio.
Dopo alcuni giorni dalla chiusura di SOLD OUT all’interno degli Ex Poliambulatori Liberati di via Monte San Michele, proviamo a restituire queste importanti e vissute giornate di riappropriazione e rilancio politico per noi, e crediamo anche, per le lotte che ci attendono.
Prima di tutto pensiamo sia importante riconsegnare l’accoglienza che abbiamo ricevuto dai residenti del quartiere, che hanno ascoltato le nostre ragioni, condiviso con noi difficoltà e desideri, sostenuto l’occupazione. Questa accoglienza non scontata è stata fondamentale per creare quelle che sono state delle giornate ricche di politica dal basso.
Siamo uscit3 da Sold Out con elementi in più, con prospettive di avanzamento, con persone nuove con cui cospirare per la città da trasformare.
Siamo entrati in uno spazio abbandonato da quattro anni in pieno centro storico, un ex presidio sanitario pubblico, smantellato, dislocato, e messo all’asta sul mercato. Ancora non sappiamo l’esito di questa seconda asta, chiusa il 7 maggio, ma presto vedremo se la denuncia dal basso è stata accolta o se è proseguita la svenduta al miglior offerente.
Abbiamo liberato un luogo di cura sottraendolo per alcuni giorni alla rendita privata a cui è destinato. Partendo da questi due elementi si sono sviluppati gli incontri e i ragionamenti collettivi sulla città, mettendo quindi al centro due diritti fondamentali: il diritto alla salute e il diritto all’abitare.
La Salute Si-Cura
Siamo volut3 partire proprio dal diritto alla salute, per il significato a cui appartiene il luogo che abbiamo riaperto.
La trasformazione del SSN dagli anni 2000 a oggi, dalla transazione delle Unità Sanitarie Locali a Aziende Sanitarie (con autonomia organizzata), ha attivato dei processi di saccheggio della salute pubblica: L’ introduzione del ticket, le liste d’attesa lunghissime, l’ingresso dei privati nella gestione dei servizi, accorpamento e centralizzazione delle funzioni dei presidi sanitari, precarietà del lavoro.
Questo è un ispido percorso a ostacoli per l’accesso alle cure.
La logica odierna del servizio sanitario nazionale crea incredibili crepe nel garantire il diritto alla salute per tutt3, basti pensare alle enormi disparità tra Nord e Sud Italia. L’esodo di persone che dal Meridione vengono in Emilia Romagna viene narrato dalla Regione come un vanto per “l’eccellenza” dei nostri servizi, ma è il risultato di un sistema malato e iniquo, che dalla Pandemia ne è uscito ancora più disastrato.
L’apertura del “MIRE” al Santa Maria Nuova è un altro pezzetto di questa alterazione del SSN.Il Mire è un progetto d’eccellenza, con diversi investimenti soprattutto in iper-tecnologia, più che in capitale umano, una punta di diamante che però sorge a seguito della chiusura del punto nascite a Scandiano e Castelnovo Ne’ Monti, a un’ora di distanza in ambulanza da Reggio. La chiusura di due punti nascite non può essere semplicemente nascosta con l’investimento in aperture di reparti al Santa Maria Nuova o di Case di Comunità, spesso più progetti vetrina che funzionali, basti guardare alla Lombardia in cui i servizi e il personale mancano e quindi si delegano questi luoghi alla gestione privata.
La provincia diventa sempre di più scoperta da risposte immediate alle esigenze, così come anche i quartieri della città, esempio lampante è Via Monte San Michele.
Abbiamo bisogno di luoghi di prossimità, tra i più importanti i consultori. Un tempo questi erano spazi di cura nati dalle lotte dei movimenti femministi, dal bisogno di autodeterminare i propri corpi e di creare una rete di relazioni. Oggi si stanno progressivamente chiudendo (da nove siamo a passati a due sul territorio reggiano), svuotandoli di funzionalità e sovraccaricando di lavoro il poco personale sanitario presente. Questa mancanza di tutela di spazi così importanti per donne, soggettività trans e giovani ha portato all’emendamento della 194 che permette ai “pro-vita” di entrarvi, finanziati con sussidi pubblici, per propagandare una morale cattolica e sessista contro le persone con utero che cercano supporto, e non un’inquisizione, nella libera scelta di abortire.
Abbiamo allora bisogno di mobilitarci per la difesa e la rivoluzione della sanità pubblica, di rimettere al centro la “cura” e qualificarla, ripartendo da ciò che il transfemminismo ci insegna, infrangendo la gestione privata e aziendale del diritto alla salute.
Dobbiamo proteggere i consultori e impedire l’ingresso degli antiabortisti, tutelare la nostra libertà di scelta e farlo attraverso una battaglia che rivendichi giustizia riproduttiva e una medicina di genere non costruita sul maschio bianco-etero-cis.
Possiamo farlo partendo dalle nostre esperienze politiche e competenze, creando spazi autonomi dove i diversi bisogni possano essere il motore che accende il nostro dissenso.
Reclaim the City
Diritto alla casa è diritto alla città.
Partendo dai Poliambulatori Liberati la volontà espressa è di contrastare lo sviluppo urbano dettato da speculatori e privati che generano profitto su luoghi che devono diventare o tornare ad essere beni comuni e presidi territoriali.
La politica cittadina deve farsi carico della crescente esclusione di cittadin3 dal mercato degli affitti e assumersi il dovere di frenare la speculazione immobiliare a Reggio Emilia, dagli appartamenti sfitti agli affitti brevi, perché una “città dei diritti” (cit.) deve in primis garantire l’accesso alla casa per tutt3, e promuovere e facilitare la nascita di spazi di aggregazione e cultura svincolati da logiche di consumo che rendano Reggio vissuta da tutt3.
La nostra città è investita da processi di gentrificazione mascherati da riqualificazione. Nelle assemblee è emerso un significato diverso di rigenerazione urbana in antitesi con quello neoliberale che domina il dibattito pubblico. La nostra riqualificazione rivendica per esempio un centro storico sottratto alla commercializzazione totale, un luogo che torni ad essere quartiere, pubblico, abitato, politico e vissuto oltre lo shopping. Rivendica un turismo sostenibile che non specula su chi accede ai servizi della città e che non si basi solo sull’attrazione dettata dalla logica dei grandi eventi, ma che valorizzi il tessuto sociale esistente.
È arrivato il momento di rompere il patto pubblico-privato per sancirne uno nuovo, quello tra pubblico e cittadinanza attiva.
Il candidato sindaco Massari ha preso parola sulla nostra TAZ dichiarando che gli ex Poliambulatori sono considerati all’interno del PRU (programma di recupero urbano) per essere destinati a un’area polifunzionale, residenziale, convenzionata con privati. Ribadiamo che è esattamente questo il modello che denunciamo e che non è più accettabile e sostenibile.La prossima amministrazione deve distanziarsi da questa logica, che è causa dell’aumento di disuguaglianze sociali, e che affida l’investimento di soldi pubblici in progetti contraddittori, spesso in mano a imprenditori del malaffare, in questo senso l’arresto dell’Ad di Iren di pochi giorni fa è sufficiente per darci ragione.
Abbiamo assunto che dal basso costruiremo il nostro programma di recupero urbano, invitando tutt3 a una mappatura collettiva dei vuoti presenti a Reggio Emilia, per immaginarci nuove destinazioni e per risignificare gli spazi in funzione di un abitare sociale, contro la privatizzazione selvaggia. La promessa è che continueremo ad attaccare la rendita e a praticare conflitto.
Sold Out è stato quello che voleva essere: una breccia nella dormiente politica reggiana, una dimostrazione che la città è di chi la vive, ma soprattutto una chiamata ad allearsi per praticare l’impossibile, perché siamo convint3 che solo chi lotta per una Reggio accogliente, si-cura, transfemminista, sostenibile e di giustizia sociale ha la possibilità di dettare i termini per il futuro della nostra città e delle nostre vite.
Domenica siamo usciti dagli ex Poliambulatori con un piano, e lo metteremo in pratica.
Lab AQ16 – Collettivo Rabun – Città Migrante – Casa Bettola
Ieri ci siamo riappropriati di un luogo importante della città, uno spazio da alcuni anni privato alla cittadinanza e messo all’asta per rispondere alle logiche pervasive della speculazione immobiliare. Con l’apertura delle porte dei Poliambulatori di via Monte San Michele abbiamo voluto indicare la possibilità di invertire la tendenza della svendita del patrimonio comune e la privatizzazione dei servizi pubblici, per restituire i luoghi della città ad una funzione collettiva e i processi di gestione del territorio alla comunità.
Un Primo Maggio fuori dalle ritualità in cui si sono intrecciate diverse vertenze incarnate nelle nostre vite – dal lavoro all’educazione, dalla casa alla sanità – sempre più soggette a forme di precarizzazione e impoverimento. Lungo il corteo, caratterizzato da un forte protagonismo giovanile, questi temi sono stati legati da un filo rosso tenuto insieme da una molteplicità di voci: dalla lotta contro il lavoro povero, per il reddito e condizioni di lavoro dignitose, al contrasto ai tagli alla sanità pubblica, per la riapertura di luoghi di cura e prossimità come i consultori, dalla lotta contro la rendita, per il diritto all’abitare e il diritto alla città, alla mobilitazione studentesca contro la mercificazione dell’educazione e della formazione, per affermare la scuola come luogo di emancipazione e autodeterminazione.
Una giornata che non rappresenta un punto di arrivo ma un momento per creare continuità e rilanciare in avanti.
Ci vediamo questa settimana a “Sold out” in via Monte San Michele 8!
– GIOVEDÌ 2 MAGGIO
ORE 18:30 – ‘La salute si-cura’
assemblea pubblica transfemminista
– VENERDÌ 3 MAGGIO
ORE 18:30 – ‘Reclaim the city’
assemblea sul diritto all’abitare
ORE 20:00 – a dialogo con CHEAP, presentazione del libro “Disobbedite con generosità”
– SABATO 4 MAGGIO
ORE 16:00 – ‘Praticare l’impossibile’, assemblea plenaria
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