La casa è un diritto non una frontiera! Appello contro il legame alloggio – permesso di soggiorno

Appello contro il requisito della disponibilità d’alloggio come condizione per il rinnovo del permesso di soggiorno

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Mentre la fabbrica della clandestinità, degli Hotspot e della frontiera europea esterna funziona a pieno regime, altri stratagemmi nazionali attuano il piano – europeo e non solo – di rendere invisibili ed irregolari un numero sempre più ampio di persone, senza risparmiare coloro che hanno già in tasca un permesso di soggiorno e che sono presenti sul territorio italiano da tempo.

Tra le numerose richieste amministrative vessatorie e spesso illegittime, vi è la richiesta delladisponibilità di un alloggio che, quando non riporta nella irregolarità i cittadini stranieri, impedisce il mantenimento di diritti già riconosciuti, come lo status di titolare della protezione internazionale, o ostacola l’acquisizione di status più stabili, com’è quello del titolare di soggiorno permanente.

Da oltre un anno, infatti, la dimostrazione della disponibilità di un alloggio si è fatta sempre più rigorosa e complicata, andando a costituire spesso l’unico motivo di rifiuto del permesso di soggiorno da parte delle Questure. Ciò avviene anche nei confronti dei titolari della protezione internazionale ed umanitaria, il cui diritto alla permanenza sul territorio nazionale è disposto dalle Commissioni Asilo e non non dovrebbe dipendere dai funzionari della Polizia di Stato.

Questa condotta degli Uffici Immigrazione delle Questure è diretta a colpire tutte quelle persone che si trovano a fare i conti con la crisi abitativa: chi è senza casa e dorme in strada, in stazione, in un edificio abbandonato; così come chi abita negli spazi occupati ed autogestiti che rivendicano pubblicamente una soluzione al dramma della perdita di una casa.

Nessuna normativa né la giurisprudenza impongono che la sistemazione alloggiativa sia da dimostrare necessariamente tramite l’esibizione di contratti di proprietà, di locazione o di comodato d’uso gratuito, ma la realtà che osserviamo ogni giorno ci mostra che centinaia di migranti sono costretti a ricorrere alla compra-vendita delle dichiarazioni di ospitalità corredate da ulteriori documenti e contratti pur di non perdere il diritto di soggiorno faticosamente conquistato. Un vero e proprio mercato che alimenta l’ennesimo business di profittatori sulla pelle dei migranti, estensione diretta delle reti criminali che speculano sulle migrazioni e che il Governo afferma di voler sconfiggere!

Se da tempo combattiamo il legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, ci troviamo oggi di fronte ad una escalation nella discriminazione verso i cittadini stranieri, compresi i titolari di protezione internazionale. Siamo infatti nella paradossale situazione per cui l’emergenza abitativa che affligge il territorio nazionale, imputabile al fallimento delle politiche pubbliche più che alla responsabilità individuale delle persone, è usata a pretesto per cancellare i diritti. Ed è ancor più paradossale che questa condotta colpisca chi è fuggito da guerre e persecuzioni e si trova sotto la tutela dello Stato Italiano perché rifugiato, protetto sussidiario o umanitario!

Come già avvenuto con l’articolo 5 del Piano Casa – Decreto Lupi, in tempi di crisi l’amministrazione non si fa scrupolo di rendere invisibile e condannare la fragilità sociale, negando l’iscrizione nei registri anagrafici e l’allaccio ai servizi primari come l’erogazione di acqua e corrente elettrica. Consideriamo altrettanto irresponsabile, nonché in aperta violazione della normativa, la pratica di clandestinizzazione qui denunciata, che favorisce il ricorso a sotterfugi e a pratiche di illegalità.

Siamo di fronte ad una vera e propria pratica di espulsione sociale di fasce di popolazione in situazione precaria, accentuandone le difficoltà tramite ostacoli ammnistrativi.

Per queste ragioni chiediamo

che la continuità dei diritti del soggiorno non sia più ostacolata per chi è in situazioni di precarietà abitativa; che la reperibilità sul territorio sia accertata tramite l’auto-dichiarazione dell’interessato o, quando possibile, con la mera dichiarazione di ospitalità;

che sia accettato e riconosciuto come dimora valida, ai fini del rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, il domicilio dichiarato presso realtà collettive (associazioni, enti religiosi, etc) concordi a costituire punto di riferimento per la persona ad ogni effetto

Ci impegniamo a sostenere queste rivendicazioni, a farne campagna e vertenza!

Per aderire: casenonfrontiere@gmail.com

Primi firmatari:

Sportello Migranti TPO (Bologna), Associazione Città Migrante (Reggio Emilia), Sportello Diritti per tutti – Casa Madiba Network (Rimini), Associazione Diritti Lavoratori ADL Cobas Emilia-Romagna, Esc Infomigrante (Roma), Astra/Puzzle (Roma), Action Diritti in Movimento (Roma), Network Agenzie Diritti Municipali (Roma), L’Altro Diritto Sicilia, Sportello diritti – spazio sociale La Boje (Mantova)

Cucine senza frontiere 2016 – A tavola per il diritto all’abitare

Osteria banner

 

Anche quest’ anno l’osteria Cucine senza frontiere apre la stagione invernale

a Casa Bettola (Via martiri della Bettola, 6 RE) con tre appuntamenti:

Sabato 23 Gennaio – Sabato 20 Febbraio – Sabato 19 Marzo

Come sempre il contributo delle cene andrà a sostegno dei lavori di autorecupero delle case occupate di via Gramsci e via Gorizia per ribadire che l’abitare è un diritto di tutte e tutti!

Per informazioni e prenotazioni 338 7663416

Scarica la locandina

Il progetto “Cucine senza frontiere” dell’ associazione Città Migrante nasce due anni fa a Reggio Emilia.Come tutti i nostri progetti prende vita dal confronto e dalle riflessioni che inevitabilmente si sviluppano tra le mura dei nostri spazi sociali, che quotidianamente viviamo e rendiamo vivi.Mura che potremo definire trasparenti, in quanto ci permettono tutti i giorni  di osservare con sguardo critico quello che accade intorno a noi, nella nostra città, nel mondo, scegliendo di non restarne indifferenti. Spazi attraversati da tante e tanti, anche da chi, fuggito dalla guerra e dalla miseria, si ritrova oggi in Italia e tante volte non per scelta. Le attuali politiche sull’immigrazione infatti non lasciano molto spazio alla scelta.

Il Regolamento di Dublino prevede che la richiesta di asilo debba essere fatta nel primo paese di arrivo.Rimanere in Italia per tanti non diventa dunque una scelta e una volta finito l’iter per la richiesta di asilo, termina nella maggior parte dei casi anche il percorso di accoglienza.Quello che accade al termine di questi percorsi rimane spesso nascosto, al riparo dallo sguardo indiscreto delle coscienze di tanti.Centinaia di persone, chiuse le porte dell’ “accoglienza” si ritrovano in molti casi in strada, senza una casa e un lavoro. Da questo momento le uniche porte ad aprirsi sono spesso  quelle dello sfruttamento, del lavoro nero, dell’ isolamento. La persona diventa il profugo. Il percorso di disumanizzazione è breve, mentre quello che si cerca è solo una vita dignitosa.

Negli ultimi due anni a Reggio Emilia, alcune di queste persone uscite dai percorsi di accoglienza e costrette a dormire in strada, hanno deciso di riappropriarsi del diritto alla casa, occupando due stabili abbandonati e lasciati da tempo al degrado.Con il supporto di tante e tanti comincia il percorso di autorecupero di questi spazi, che pian piano ricominciano a prendere vita, riacquistando la dignità che anni di abbandono gli avevano sottratto. La cittadinanza risponde numerosa alle richieste di sostegno e in breve tempo in queste case vuote arrivano letti, armadi, cucine, stufe per scaldarsi. Gli abitanti delle case non hanno però un lavoro che gli consenta di sostenere le spese di gestione di una casa.Ognuno di loro ha però delle competenze, saper cucinare per esempio.Le prime ricette le sperimentiamo tra di noi ma in breve tempo un’ idea si trasforma in un progetto reale.Nasce l’osteria “Cucine senza frontiere”. Non ci sembra vero: la gente chiama per prenotare un posto alle nostre cene, e sono anche in tanti! E mentre l’ Europa erige frontiere, noi proviamo ad abbatterle.

Da quel momento sono passati due anni e il progetto “Cucine senza frontiere è cresciuto”. C’è chi è più bravo a cucinare e chi meno, c’ è chi è appena arrivato e non capisce bene cosa sta succedendo ma ci prova lo stesso, c’è anche chi non è pronto a crederci e si ferma.Alcuni dei nostri cuochi sono rimasti, altri sono andati via. Di questi qualcuno ci chiama ancora, qualcun altro invece ha scelto di proseguire il viaggio senza voltarsi indietro perché la nostalgia è un lusso che non tutti si possono permettere.Tanti altri ne arriveranno.Abbiamo scelto di credere in questo progetto e di non fermarci. Continueremo a lottare e lo faremo tra i banchi di una scuola di italiano, dentro una ciclofficina autogestita, nelle piazze e perchè no tra i fornelli! E le mura dei nostri spazi sociali continueranno ad essere trasparenti e noi non smetteremo di guardare oltre.