Venerdì 28 novembre si è svolta l’udienza presso il tribunale delle libertà di Bologna in merito all’ impugnazione del PM Mariarita Pantani delle decisioni de GIP di Reggio Emilia riguardo le misure cautelari ai danni di sedici attivisti che presero parte alla manifestazione del 25 aprile 2014.
Ad un settimana di distanza il giudice ha sciolto la riserva sul ricorso del PM accogliendo in buona parte la sua richiesta con un’ordinanza ancora non definitiva che prevede due arresti domiciliari e l’estensione quotidiana, sette giorni su sette, degli obblighi di firma.
Video intervento Avv. Vainer Burani
Video intervento Gianluca Tegoni – Lab aq16
Video intervento Federica Zambelli – Ass. Città Migrante
Davanti ad un ricorso già discutibile in partenza, su misure sproporzionate e intempestive rispetto alla concretezza di quanto verificatosi in piazza, la nuova ordinanza segna un ulteriore aggravamento delle misure adottate, manifestando un gap giudiziario che vede applicarsi una pena arbitraria, coercitiva più che cautelare, ancor prima che sia espressa una verità giudiziaria nell’ambito di un processo.
Nessuno dei 15 indagati ha condanne penali, risultano tutti incensurati, stando agli incartamenti emessi dal riesame l’aggravante che motiva le misure adottate è data dalla rivendicazione della predisposizione dei manifestanti alla contestazione. Ad essere sotto processo non tanto gli atti compiuti, da dimostrare, ma la risolutezza delle idee che avrebbero spinto gli indagati a compierli, la loro disponibilità ad esprimere dissenso. Un processo alle idee prima ancora che alle intenzioni.
Un episodio gravissimo che conferma l’inadeguatezza di un intero sistema politico in profonda crisi nel produrre risposte politiche a istanze politiche se non attraverso un esercizio arbitrario delle strutture giudiziarie, che da una parte producono l’auto-assoluzione del sistema, basti pensare alla sentenza Eternit o Cucchi, dall’altra oppongono una feroce offensiva a chiunque contesti scelte politiche lesive della dignità umana e dei diritti formalmente riconosciuti, come esprime per esempio la sentenza ai quattro no tav per il danneggiamento d’un compressore, laddove la vita di migliaia di persone avvelenate dalla produzione industriale o uccise da agenti di polizia viene svalorizzata rispetto all’integrità di un solo oggetto inanimato.
Un’ ulteriore riflessione sullo stato di salute della democrazia formale, all’interno di un contesto nazionale che vede l’affermarsi di un sistema di governance sempre più lontano dal rapporto diretto con la base sociale e politica dei diversi territori, come già si evince dai dati delle ultime elezioni regionali agite da appena un terzo della popolazione e dal mandato auto-definito dal terzo governo non eletto negli ultimi quattro anni.
Lo stesso sistema politico che, come le recenti cronache dimostrano, è fondato su una trasversale collusione con l’ambiente mafioso, sullo sfruttamento finanziario e criminoso di vite umane spezzate dalla guerra e sulla speculazione del disagio e degrado evocati per alimentare politiche di gestione securitarie e profittevoli, le stesse cavalcate da Salvini per fomentare odio razziale e guerra fra poveri, nel sogno dell’ instaurazione di una democrazia illiberale in Italia e in Europa sul modello russo di Putin o quello ungherese di Orban.
Quest’ordinanza tesa a silenziare e mettere sotto processo il diritto di manifestare a Reggio Emilia si scontra tuttavia con un contesto territoriale caratterizzato da un forte fermento sociale e da relazioni quotidiane di costruzione di percorsi politici, come dimostrano le mobilitazioni degli ultimi mesi.
Dalla manifestazione dell’8 Novembre, convocata da un percorso pubblico di assemblee cittadine e da una campagna pubblica, che ha visto molte centinaia di persone sfilare in corteo in risposta alle misure cautelari precedentemente adottate, passando per il tempestivo intervento di numerosi gruppi in risposta alla provocatoria presenza di Salvini che ha scelto la provincia di Reggio Emilia per concludere la propria campagna elettorale, facendo tappa nel quartiere delle ex Fabbriche Reggiane (oggi luogo oggetto di speculazione politica e di disagio sociale), fino alla recente contestazione sotto al comune per l’esorbitante bonus che la multiutility IREN consegna ai suoi dirigenti nonostante l’enorme buco finanziario accusato, provocando al contempo stacchi alle utenze in periodo invernale a centinaia di persone che non hanno la possibilità di pagare le utenze.
Durante la conferenza stampa tenutasi nello studio dell’avvocato Vainer Burani è stato annunciato il ricorso in Cassazione rispetto alle nuove misure, ed immediatamente rilanciata la partecipazione alla giornata di sciopero generale del 12 Dicembre.