LA SCUOLA DI ITALIANO RIMANE APERTA DURANTE IL MESE DI GIUGNO E LUGLIO

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font-family:”Times New Roman”;} La scuola di italiano rimarrà aperta anche durante il mese di giugno e luglio. Le iscrizioni sono  aperte e gratiute. Le lezioni durante i mesi estivi si svolgono il mercoledì dalle 19.30 alle 21.30. Durante questo periodo il progetto della scuola di italiano prende il titolo

di

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Imparare in cammino,  un
progetto che si sta costruendo con uno storico reggiano specialista
della storia dell’immigrazione italiana. L’obbiettivo è dare agli allievi
qualche riferimento storico su questo elemento che è parte della memoria dell’Italia. Questo scopo sarà raggiunto in un primo momento con  lezioni in aula tenute dallo storico, poi verranno
organizzate passeggiate attraverso la città per capire il territorio,per viverlo, per scoprire la memoria dei diversi quartieri. Questo progetto, sottolinea Carloline Tobaty – una delle insegnanti della scuola di italiano –  "nasce ancora una volta dalla domanda che mi fece una sera uno
degli allievi. Incontrandolo per strada, mi chiese perché erano presenti sui
marciapiedi e su alcuni negozi quadretti di colore rosa. Spiegai allora che questi
quadretti avevano la funzione di segnalare agli abitanti che in quei luoghi,
che siano negozi, bar oppure musei, c’erano delle mostre fotografiche.
L’osservazione di questo ragazzo mi fece capire che pure essendo straniero
sapeva osservare, notava i cambiamenti della città e si interrogava. Lui aveva
il diritto di fare la domanda, ma aveva anche il diritto di avere una risposta.
Ogni cittadino e abitante della città ha diritto di conoscere il territorio
dove vive, dove respira, ha il diritto di capire i suoi cambiamenti e la sua
memoria. Così è nata l’idea di questo progetto."

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font-family:”Times New RomanResoconto di questo anno di attività della scuola di italiano dell’associazione Città Migrante  (a cura di Caroline Tobaty -una delle insegnanti della scuola)

Pedagogia e didattica

a) i primi passi

All’inizio dell’anno mi sono
ovviamente soffermata a lungo sull’alfabeto e sulla presentazione.
Sapere dire il proprio nome, sapere darsi una prima identità in una lingua
straniera è il primo mattone della comunicazione. Sembra ovvio per chi non ha
vissuto uno straniamento spaziale, geografico, per chi insomma non è mai
partito, dare il proprio nome e presentarsi è essenziale perché
inconsapevolmente nominandosi un ragazzo di origine straniera crea il primo
ponte tra il paese lasciato e il paese di adozione, la prima passerella con
l’italiano che lo sta ascoltando. E’ per tutti noi il primo dono che abbiamo
ricevuto e il primo dono che facciamo ad uno sconosciuto. Questi primi passi spesso
faticosi mi hanno anche permesso di valutare il livello di alfabetizzazione di
ciascuno. Così mi sono accorta che tutti non solo erano alfabetizzati ma
conoscevano anchei caratteri latini.

b) la grammatica di base

Lungo fu il percorso per portare
i ragazzi ad una padronanza almeno parziale della grammatica italiana di base.
Bisognava essere pazienti, ripetere spesso, ascoltare le loro difficoltà,
cercare anche di capire le loro lingue e le loro strutture linguistiche. Le
lezioni di grammatica di base si articolavano con molti esercizi (frasi da
compilare, verbi da coniugare, dettati). Insegnare ad adulti stranieri
richiede un ascolto diverso rispetto all’insegnamento a bambini. Ogni esempio
che sia un esempio grammaticale o lessicale e ogni spiegazione deve essere
collegata ad un loro bisogno, alla loro realtà, al loro quotidiano. Richiede
quindi una grande capacità d’ascolto, e anche di ascolto dei loro silenzi, che
sono traduzioni di disagi ma anche di attese. Solo dando sollievo a questi
disagi e rispondendo alle loro attese riusciamo a poco a poco ad imparare
insieme. Il problema di motivazione oppure di attenzione con questi ragazzi è
minimo : loro vengono per studiare, si siedono e sanno che per due ore ci sarà
da imparare. Non c’è stato bisogno da parte mia di uno sforzo disciplinare.
Ovviamente la frequenza degli allievi è variabile. Ho notato ad esempio che nei
mesi invernali (da gennaio a marzo) la presenza era meno importante, ma insegno
comunque, pure se si presenta un solo ragazzo. Questa frequenza variabile si
può spiegare in diversi modi : la ricerca di un lavoro, l’orario lavorativo che
non coincide con l’impegno scolastico, la stanchezza, lo scoraggiamento…tanti
fattori entrano in gioco e l’importante per l’insegnante è continuare e non
chiedere mai conti. A scuola non ci sono “bollette” da pagare, conti da
rendere, giustificazioni da dare. Siamo liberi di venire o di non venire.
Questo principio fondamentale crea ovviamente difficoltà per noi insegnanti, in
quanto richiede grande capacità di adattamento, anche al livello pedagogico e
didattico.

c) l’interazione : imparare giocando,
imparare cantando, educazione alla cittadinanza, imparare “in cammino”

L’interazione : è
l’elemento fondamentale del percorso didattico. Non deve essere il fine ma il
mezzo. Fare in modo che gli allievi possano scambiare, comunicare tra di loro,
chiacchierare. Per creare un terreno di interazione favorevole e vivace ho
utilizzato spesso dei giochi.

I giochi : sono di diversi
tipi. Cercando la costante partecipazione di tutti e il coinvolgimento di
ognuno ho utilizzato spesso giochi lessicali come il famoso gioco
dell’impiccato. Ha riscontrato un grande successo e ha scatenato tante risate.
Tengo a sottolineare che l’omino è stato impiccato una volta sola durante
questo gioco che ho fatto due volte! Uso molto volentieri giochi che
permettano uno scambio di idee. Così ho realizzato un gioco che possa
permettere agli allievi di chiacchierare su diversi argomenti. Il gioco si
articolava in questo modo : nell’aula ho separato gli allievi in coppie. Ogni
coppia doveva tirare a sorte un pezzo di carta dove era scritto un tema del quale
parlare e doveva poi conversare su questa tematica. Le altre coppie di
giocatori dovevano assolutamente ascoltare bene il loro dialogo. Una volta lo
scambio finito facevo domande di comprensione alle altre coppie sul discorso
che aveva tenuto la coppia coinvolta nel dialogo. E così via… Ho realizzato un altro gioco che
assomiglia al famoso “Tabù”. I ragazzi, divisi in due squadre, dovevano far
indovinare parole da me scelte alle loro squadre, senza mimare, senza dare
parole della stessa famiglia lessicale e semantica della parola da fare
indovinare. Questo gioco permette di sviluppare la propria conoscenza lessicale
ma anche la propria capacità teatrale, la propria capacità comunicativa. Altri giochi saranno sicuramente
organizzati.

Imparare cantando : con il
sole che sorge, ho deciso di iniziare un ciclo di canzoni. Faccio studiare agli
allievi canzoni con tematiche diverse, avendo cura di scegliere una canzone con
un testo da loro immediatamente accessibile. La prima canzone che abbiamo
studiato e che cantiamo tuttora è stata “Dieci ragazze per me” di Lucio
Battisti. Questa iniziativa è nata proprio da un allievo che un giorno
presentandosi a lezione mi chiese se poteva cantare due canzoni. Allora senza
nessun tipo di vergogna e timore, davanti a tutti, iniziò a cantare due canzoni
di Laura Pausini, con un bellissimo accento arabo. Così grazie a lui ho pensato
che la canzone potesse diventare un ottimo mezzo pedagogico.

Educazione alla cittadinanza
: è un elemento a cui tengo tantissimo e che secondo me è essenziale se
vogliamo vedere in modo più completo il mondo che circonda gli allievi e tutti
noi. Loro vivono in città, hanno occhi per guardare, sentono quello che succede
nella nostra società e sulla loro pelle,. Così ho fatto due lezioni di
educazione alla cittadinanza. La prima riguardava la Dichiarazione dei diritti
umani. Ho colto l’occasione dell’anniversario di questa dichiarazione
(quest’anno festeggiava già i suoi sessant’anni) e ho stampato traduzioni della
dichiarazione in varie lingue : arabo, ucraino, inglese, francese. Dopo una
spiegazione storica della nascita del testo e dopo avere ribadito l’importanza
di una tale dichiarazione, ho lasciato che ognuno di noi leggese almeno un
articolo nella propria lingua. Fu un momento commuovente sentire che nell’aula risuonavano
 parole così importanti per ogni essere
umano. I diritti universali di ogni uomo volavano e cantavano in diverse lingue,
come un canzone di lotta, come un inno alla speranza. La seconda iniziativa di
educazione alla cittadinanza riguardava la storia del primo maggio. Ho
accennato alla nascita di questa giorno, il perché è apparsa questa festa, in
che paese e dopo quali lotte.  Spiegando
poi che durante il periodo del fascismo la festa fu proibita da Mussolini, ne
ho approfittato per fare una piccola lezione di storia italiana spiegando chi
era Mussolini e cosa fece durante il suo dominio politico.

Conclusione Un ragazzo mi fece una sera una
domanda riguardante l’imperfetto, chiedendomi quando si poteva usare questo
tempo. Spiegai che l’imperfetto si usava per parlare di un momento passato che
si ripeteva su un periodo più o meno lungo. Per far capire questo concetto gli
feci notare che quando parlava della vita che aveva prima nel suo paese, poteva
usare l’imperfetto per raccontarmi quello che faceva. Lui allora mi disse che
l’imperfetto non lo usava, non parlava mai del suo paese, non aveva passato. E
non pensava di avere nemmeno un futuro, non era neanche sicuro di avere un
presente ora. Questo ragazzo ha 23 anni e si sente assente ovunque, assente del
proprio passato, dal proprio futuro, dal proprio presente. La sua osservazione
è forse la vera definizione dell’essere straniero, dell’essere strappato. Noi
con la scuola di  italiano dell’associazione,
con il poco che possiamo fare, cerchiamo di dare la possibilità a ragazzi come
lui di ricostruire il puzzle delle loro vite. Perché possano guardare in avanti
e camminare sempre con più dignità. Loro ci offrono sempre tanto. Entrano
con un sorriso che mi fa dimenticare ogni momento difficile della giornata.
Quando esplode una risata collettiva non la freno mai, ridere è sfogo
necessario per sentirsi leggeri e dimenticare per qualche secondo una realtà
che opprime. I ragazzi che si siedono nell’aula ci offrono la possibilità di
scambiare culture e modi di pensare. Così discutiamo sulle religioni, sui
sentimenti, così gentilmente ci prendiamo in giro, così mi insegnano qualche parola
in arabo e ridono del mio accento, così ci aiutiamo ogni settimana di più,
perché anche loro mi permettono di camminare con la schiena dritta, con più
dignità. Insieme nella convivenza
costruiamo la nostra strada di vita.