Questionario on line sui temi legati alla salute

L’associazione Città Migrante, insieme a tante e tanti altre/i,  da tempo si mobilita perché la salute sia un diritto garantito a tutte e tutti  e tiene monitorato l’accesso alle cure attraverso delle inchieste .

Dal 7 aprile, Giornata Mondiale della Salute, e mobilitazione europea #HEALTH4ALL  per dire che la salute è un bene di tutte e tutti, e non una merce, l’associazione ha promosso un nuovo questionario sui temi legati alla salute e alla percezione del pieno esercizio di questo diritto fondamentale. Il questionario sarà aperto fino a dicembre 2017 e sarà cura dell’associazione Città Migrante pubblicare il resoconto.

Vi invitiamo a compilare il questionario on line:

ITALIANO
INGLESE
FRANCESE

per avere copie cartacee scrivere a cittamigrante@gmail.com

 

7 aprile a Reggio Emilia . La nostra salute non è in vendita

A Reggio Emilia, come in tutta Europa, il 7 aprile ci mobilitiamo contro la commercializzazione della salute e la privatizzazione della sanità perchè anche nel nostro territorio conosciamo situazioni crescenti di difficoltà all’accesso al sistema sanitario regionale, una discriminazione dovuta alla interpretazione della normativa nazionale che riguarda le persone di diversa cittadinanza, che origina prassi che creano difficoltà, disagi ed esclusione dal sistema sanitario pubblico (richiesta del lavoro, richiesta del carico fiscale, richiesta del pagamento dei ticket sanitari per le persone indigenti). Nella difesa della salute di tutte/i ribadiamo il coinvolgimento di tutte le persone presenti sul territorio cittadini italiani, cittadini extracomunitari e comunitari.

Per questo vi invitiamo venerdì 7 aprile dalle ore 8.00 alle ore 13 in piazza del Monte dove saremo presenti con un presidio informativo sul “Diritto alla salute” dove poterci incontrare, scambiare esperienze e condividere un percorso di mobilitazione affinché la salute sia un diritto universale, per tutte e tutti. Durante la mattina sarà distribuito un questionario sui temi legati alla salute e alla percezione del pieno esercizio di questo diritto fondamentale. Inoltre il questionario a partire dal 7 aprile sarà pubblicato on line (https://cittamigrante.noblogs.org) e aperto fino a dicembre 2017 . Sarà cura dell’associazione Città Migrante pubblicare il resoconto.

Il 7 aprile è la Giornata Mondiale della Salute, e in tutta Europa le persone stanno organizzando iniziative per dire che la salute è un bene di tutte e tutti, e non una merce. C’è infatti preoccupazione e scontento per la percezione di un attacco da più parti nei confronti della salute come diritto, verso un sistema che la vede come una fonte di speculazione e profitto.
I servizi sanitari di molti Paesi sono stati sottoposti a contro-riforme e tagli al finanziamento pubblico che ne hanno minato i principi fondanti di universalismo e solidarietà, producendo diseguaglianze nell’accesso alle cure e nella tutela della salute della popolazione. Pochissime risorse sono investite in promozione della salute e prevenzione delle malattie, la crescente medicalizzazione genera aumenti della spesa (e del profitto) ma non necessariamente benefici in salute, e laddove ci sono interventi di comprovata efficacia (vedi il caso dell’epatite C) l’accesso è limitato dalle politiche sui brevetti che tutelano gli interessi delle multinazionali del farmaco.
Alla sistematica – e da alcuni auspicata – riduzione dell’impegno pubblico in sanità corrisponde una proliferazione di coperture sanitarie assicurative private o mutualistiche, purtroppo inserite anche nei contratti collettivi di lavoro. Tutto questo porta a un sistema segmentato e diseguale: da un lato un servizio sanitario pubblico “al ribasso” per i meno abbienti (o per chi non ha una sufficiente tutela contrattuale), e dall’altro una sanità privatizzata differenziata a seconda dei benefit previsti dai contratti lavorativi o per chi se la può pagare.
In Italia assistiamo dal 2010 a un sistematico definanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, che pure costava in termini assoluti e in percentuale sul PIL molto meno dei sistemi di tanti altri Paesi europei. Negli ultimi anni molti servizi territoriali e ospedalieri sono stati chiusi, spesso senza venire sostituiti da altre tipologie di servizi; il numero dei dipendenti del SSN si è ridotto considerevolmente e le condizioni di lavoro sono peggiorate; in molte parti di Italia non è garantita una reale copertura dei Livelli Essenziali di Assistenza, e milioni di persone devono ritardare o rinunciare alle cure; una gran parte dei bisogni, soprattutto quelli socio-sanitari, sono disattesi per il ritardo storico di sviluppo dei servizi territoriali e per la difficoltà di riorganizzare il sistema in funzione dei nuovi bisogni.
In epoca di tagli, ridimensionamento e chiusura di strutture ospedaliere lo stato italiano spende 2,5 milioni di euro all’ora per le spese militari (armamenti, mezzi e uomini); da questo conto restano fuori le missioni all’estero pagate dai ministeri dello sviluppo, dell’economia e delle finanze con un incremento dell’1,3 % annuo dal 2015 al 2018. Si tratta per il 2016 di circa 48 milioni di euro al giorno.
Il governo ha deciso nei prossimi anni di spenderne ancora di più, nel 2016 sono stati spesi 13,36 miliardi di euro (carabinieri esclusi).
Noi crediamo, invece, che la politica sanitaria debba basarsi su:
– Centralità della prevenzione e promozione della salute in tutti gli aspetti della vita e del lavoro
– Prestazioni sanitarie utili, necessarie ed efficaci accessibili a tutte e a tutti, senza vincoli di cittadinanza
– Finanziamento basato sulla fiscalità generale
– Protezione della sanità da logiche di mercato
– Ruolo attivo delle persone nei propri percorsi di cura e nella definizione delle politiche di salute.

Per questo motivo, un’ampia rete di persone e organizzazioni che difendono una sanità pubblica di qualità, solidale, gratuita e universale si sta unendo per animare un’azione ‘dal basso’ che sia realmente incisiva sulle politiche. Manifestazioni, cortei e azioni sono previste a Bruxelles e in molte città di Spagna, Francia, Norvegia, Croazia. In Italia sono già centinaia le adesioni di realtà collettive e persone singole all’appello “La salute non è in vendita”, e sono previste iniziative a Torino, Milano, Firenze, Roma e Napoli, oltre che in molti centri più piccoli.
E saremo anche nella nostra città.

Tutte le persone che vogliono mostrare la propria adesione sono invitate ad appendere un lenzuolo alla finestra della propria casa o luogo di lavoro, con le parole chiave della mobilitazione.

#HEALTH4ALL
#7APRILE SALUTEPERTUTTE/I

Ass. Città Migrante

Per l’elenco delle adesioni
Per vedere le iniziative

Evento facebook nazionale

Prossima fermata : Diritti e Dignità

Arriviamo alla Stazione di Santa Croce dopo un lungo percorso di giustizia sociale, che in tante e tanti hanno sostenuto, appoggiato e solidarizzato.  Un percorso che ha reso possibile che un’occupazione abbia trovato oggi una forma di regolarizzazione.

Partiamo dal maggio del 2014 quando un gruppo di migranti, chi  fuggito dalla guerra in Libia e fuoriuscito dai progetti di accoglienza rimasto senza casa e senza lavoro e chi colpito dalla crisi ha perso la casa, decide di riappropriarsi del diritto all’abitare occupando lo stabile vuoto di Via Gramsci 44, conosciuto come l’ex magazzino dei formaggi. Inizia così una nuova strada insieme a persone solidali che portano reti, materassi, mobili, vestiti , coperte e competenze per rendere il più possibile dignitosa la “nuova” casa. Le stufe a legna per scaldarsi dal freddo dell’inverno e i pannelli solari per avere luce quando è buio.

Tutto come sempre allo scoperto, con la dignità di rivendicare una giustizia sociale e una città in cui ci spazio per tutte e tutti, in cui non possano esserci stabili abbandonati e persone costrette alla strada. Le conferenza stampa, le manifestazioni, le iniziative di approfondimento e la quotidianità di stare insieme con tante diversità . La gioia di mettersi in gioco , di incontrare associazioni, collettivi, gruppi ,tante e tanti cittadini che credono che la sicurezza sia l’accesso ai diritti per tutte e tutti.

Per questo l’ex magazzino dei formaggi non è stata solo un’occupazione abitativa ma si è trasformata in qualcosa di più grande. A partire dal gennaio del 2015 inaugura all’interno dello stabile di Via Gramsci la Ciclofficina Raggi Resistenti che nasce dall’idea di creare e mettere a frutto competenze aggiustando biciclette e rigenerando quelle usate. Un laboratorio dove gli stessi abitanti delle case occupate, ma non solo, abbiano la possibilità di imparare un mestiere e grazie alle offerte per le biciclette poter sostenere le spese di gestione delle case occupate nella prospettiva di creare nuove forme di lavoro. Ed ecco che l’ex magazzino dei formaggi si apre alla città , diventa luogo di scambio e di attraversamento fino ad essere sede della fiera dei diritti e della dignità, un “EXPO alla rovescia” per capovolgere il modello di sviluppo proposto dall’Esposizione Universale, dentro  ad uno spazio come quello di via Gramsci sottratto dalla speculazione immobiliare e restituito alla città grazie alla cooperazione di tante e tanti. L’ex magazzino dei formaggi si trasforma in luogo dove poter immaginare e costruire la città che vogliamo, in contrasto alla società dei grandi eventi e delle grandi opere, un’occasione di confronto su come gestire il territorio e i beni comuni, su come redistribuire la ricchezza e le risorse, su come riappropriarci del reddito e dei diritti.

E poi il mercatino del riuso, dell’artigianato e delle associazioni come forma di reazione e di resistenza per mettere in campo cooperazione dal basso, esperienze di mutualismo  e sperimentare altre forme di economia.

L’ex magazzino dei formaggi è stata in questi anni un’esperienza che ha messo insieme il diritto all’abitare, forme di cooperazione dal basso, sperimentazioni di mutualismo solidale, di economia sostenibile e di battaglie per il riconoscimento dei diritti a partire dal nostro territorio per costruire una città inclusiva e parte di quel movimento europeo che lotta per abbattere le frontiere e costruire ponti.

Il 5 febbraio dello scorso anno i vigili urbani insieme alla proprietà, l’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero, arrivano in via Gramsci, identificano gli abitanti e dichiarano di volere libero l’immobile. In tante e tanti raggiungono quella stessa mattina lo stabile occupato. L’ex magazzino dei formaggi si difende collettivamente e a gran voce si chiede che l’amministrazione interloquisca con la proprietà perché il problema delle persone senza casa, degli immobili abbandonati in città è una questione di cui chi amministra questa città deve farsi carico. Cortei, espressioni di solidarietà diretta, prese di posizioni e un ordine del giorno presentato da SEL approvato in  consiglio comunale in cui l’amministrazione si impegna a trovare una soluzione adeguata all’esperienza di Via Gramsci. Ed è così che oggi trasferiamo l’esperienza dell’ex magazzino dei formaggi alla Stazione di Santa Croce, con un atto di concessione delle Ferrovie Emilia Romagna che cedono immobili in disuso ad utilizzo sociale affinché vengono abitati e ristrutturati.

Questa è la sfida . Ora con l’aiuto di tante braccia, tante intelligenze e tanta solidarietà vogliamo autorecuperare la stazione di Santa Croce non solo perché sia spazio abitativo (come già attualmente è al primo piano), ma perché diventi presto sede della scuola di italiano, dello sportello migranti, della Ciclofficina Raggi Resistenti e di quello che insieme a tante e tanti altri nel quartiere ed oltre si vuole sperimentare facendo in modo che la Stazione di santa Croce sia un presidio di sicurezza sociale, quella sicurezza fatta di diritti, di inclusione, di socialità, di scambio e di forme di mutualismo.

L’assegnazione della Stazione di Santa Croce sposta l’asticella del diritto in avanti. Un passo è stato fatto consapevoli che tante sono le persone che continuano a dormire in strada e molti gli alloggi sfitti e in disuso e che la strada verso la giustizia sociale è lunga.  Ed è così che, in questa lunga strada, fatta di tante battaglie, andremo ad affrontare a breve  un processo per l’occupazione di un altro stabile, collocato sempre in città ma in via Gorizia. Un’altra occupazione abitativa avvenuta nell’aprile del 2013,  occupazione agita da migranti nelle stesse condizioni degli occupanti di via Gramsci.  In via Gorizia fu restituito ad un uso abitativo uno stabile abbandonato da oltre 20 anni. In tribunale di fronte ad un giudice colpevoli di essere poveri, senza un tetto sulla testa, senza reti famigliari e di aver reagito appropriandosi di una casa lasciata all’abbandono . In questi anni le mura della casa hanno ripreso vita, si ci è presi cura del luogo e si sono costruiti percorsi per sostenere le spese di gestione come cucine senza frontiere dove si organizzano serate culinarie etniche. In questi anni molti migranti , grazie al fatto di avere una  casa, sono riusciti  a trovare un lavoro e ad uscire dalla marginalità.

Questi percorsi di occupazione hanno dato un tetto a chi non ce lo aveva. Chi si è fermato più a lungo e chi meno. In questi anni circa una cinquantina di persone hanno avuto modo di fermarsi, di riposarsi, di riprendere fiato e di proseguire il viaggio. Chi ha trovato un lavoro ed ha affittato una casa e chi invece si è trasferito in altre città . Questa strada ha permesso di costruire reti sociali e di incontrasi con la città solidale, di  condividere molte battaglie cittadine, di riconoscersi e soprattutto di fare insieme la guerra alla povertà e non la guerra ai poveri.

Città Migrante a ottobre compie 10 anni e in questo cammino abbiamo conosciuto e intrecciato tante vite. Abbiamo visto come la legge sull’immigrazione produce clandestinità e precarietà, come la gestione dei flussi migratori in Europa produce morti e stragi in mare. E come le politiche emergenziali siano in grado di creare razzismo e fomentare la guerra fra poveri.

Abbiamo visto come sulla pelle dei migranti si giocano campagne elettorali e si specula in nome della sicurezza. Siamo insieme perché sappiamo che la posta in palio è la libertà di tutte e tutti noi  perché se i diritti non sono per tutti  non sono diritti ma sono privilegi.  Perché un modo più giusto lo costruiamo anche a partire dalla nostra città insieme a tante e tanti altri  qui, in Italia in Europa e nel mondo.

Ass. Città Migrante

 

Next Station Night

L’associazione Città Migrante e il Lab Aqsedici vi invitano alla Next Station Night, una serata di festa, socialità e musica per condividere i nostri progetti. Il ricavato della serata servirà a sostenere le spese dei progetti che quotidianamente l’associazione Città Migrante porta avanti per creare insieme una città più giusta e meticcia dove ci sia spazio per tutte e tutti .(www.cittamigrante.noblogs.org)

 
Next Station Night 
Sabato 28 gennaio presso Lab aq16 Via Fratelli Manfredi, 14 Re
 
Ore 20, tutti a tavola con “Cucine senza frontiere”, cena etnica su prenotazione (cell. 338 7663416)
Ore 22 concerto live Hakuna Matata (afro soul, rumba, reggae)
a seguire si balla fino fino a tardi dj set Jahspora Crew (reggae, dance hall, afrobeat)
 
Il contributo per la cena è di 10 euro, per la cena e il concerto il contributo è di 15 euro, per il concerto il contributo è di 5 euro.

L’associazione Città Migrante nasce nell’ottobre del 2007 a Reggio Emilia per costruire insieme a tante e tanti altri una città includente solidale e meticcia, dove i diritti siano per tutte e tutti e dove le persone siano al primo posto. Città Migrante nasce da una lotta di lavoratori migranti che in questa città si sono ribellati allo sfruttamento e sono usciti dalla clandestinità in cui erano stati relegati.

In questi quasi 10 anni, grazie al contributo di tante braccia, tante intelligenze e tante sensibilità diverse  l’associazione Città Migrante ha sviluppato svariate attività: dalle scuole di italiano, allo Sportello Migranti, alla Ciclofficina Raggi Resistenti, fino ad arrivare alle iniziative di Cucine senza frontiere. Tutte vanno nella stessa direzione: creare ponti, abbattere muri e frontiere, tutelare diritti , costruire insieme quella che definiamo la città che vogliamo, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone. Con i progetti, ma anche denunciando gli abusi, per un’accoglienza degna agita quotidianamente,  nelle piazze della nostra città così come in quelle italiane e d’Europa, insieme ai migranti che a Reggio Emilia hanno occupato le case abbandonate per reclamare il diritto all’abitare, a Ventimiglia contro le deportazioni così come al Brennero per fermare l’Europa delle frontiere.

Hakuna Matata
Nel 2015 nascono gli Hakuna Matata, un resort di musicisti originari Dal Congo Kinshasa, Ghana, Guinea e Italia si incontrano ed iniziano a suonare insieme l’Afro-Soul.
Guethy Sini musicista/cantautore degli Hakuna Matata nasce a Kinshasa (R.D.C) dove passa la sua infanzia e parte della sua adolescenza, periodo in cui scopre la sua passione per la musica, e in cui comincia a coltivare il suo talento grezzo.
Arrivato in Italia all’età di 18 anni continua a dedicarsi alla musica con grande passione esibendosi sempre di più ad eventi in città e nelle regioni vicine.
Nel frattempo il suo percorso lo lega con suo nipote JC detto Kris, chitarrista e seconda voce del gruppo, che oltre a suonare si dedica a strutturare e comporre la musica per i testi dello zio.
Poco dopo subentra un nuovo elemento, già noto sulla scena locale, il maestro di Djembe Lancei Dioubate, che sin dal primo live insieme a fatto sentire la sua presenza con suoni e ritmiche fuori dall’abitudinale.
Nasce cosi un legame di amicizia e musica che porta il bassista emergente Larry Ayuki ad unirsi alla compattezza di questa famiglia;
Membri a parte, Hakuna Matata è un gruppo di artisti che collabora, in base al progetto con altri talenti della scena locale ed internazionale.
Stanno attualmente registrando i pezzi del primo album ed il primo video ufficiale del single “ADEODA” uscirà a febbraio 2017. 
 
Jahspora Crew
Jahspora come diaspora, la dispersione a cui molti sono costretti per forza maggiore. E come speranza. Si, speranza in qualcosa di migliore, perchè è quella che fa andare avanti nei momenti più bui. Tutto questo tradotto in musica, con sonorità Roots/Reggae, Afrobeat, Dancehall e Hip-hop.
Jahspora Crew nasce nel marzo 2011 per volontà di cinque ragazzi :
MaryAngela (Italia), Ismaila Ka (Senegal), Papmass (Senegal), Jahguar (Brasile) e Jacques (Ruanda), avendo già un esperienza come disc-jockey, animatore radio nonché organizzatore di eventi/serate/concerti, decidono di mettersi insieme con l’intento di diffondere la propria cultura, le loro esperienze attraverso la musica. Nel 2016 Lamin (Gambia) & Ousmane (Senegal) entrano a fare parte di Jahspora Crew. Il nostro motto è Musica, Spiritualità, Migrazione.
Ci definiamo come un Sound System Sociale in quanto cerchiamo di renderci utili partecipando alle iniziative sociali che trattano situazioni sensibili come per esempio una serata con i rifugiati arrivati dalla Libia che risiedono a Reggio Emilia, oppure a gennaio 2013 l’iniziativa Cittadinanze negate con il cantante reggae originario del Senegal Sun Sooley in collaborazione con Città Migrante & Lab AQ16.

Apre lo sportello sul diritto alla salute

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A Reggio Emilia, come Associazione Città Migrante, sono diversi anni che ci occupiamo di diritto alla salute.
Siamo usciti pubblicamente nel novembre del 2013 con un presidio in Via Amendola presso la sede della AUSL , per affermare che la salute non è un profitto e abbiamo chiesto l’applicazione dell’accordo Stato-Regioni del dicembre 2012 che regola l’accesso ai servizi sanitari delle persone migranti.
Il diritto alla salute, diritto costituzionale  fondamentale e che garantisce cure gratuite agli indigenti, viene lentamente e costantemente eroso.
Nelle scelte di politica sanitaria prevale l’aspetto economico a scapito dell’aspetto del bisogno sanitario di prevenzione, cura e riabilitazione.

Dal 2015 portiamo avanti un monitoraggio per capire meglio le difficoltà delle persone nell’accesso ai servizi sanitari e all’iscrizione al SSN.

I dati ci dicono prevalentemente che:
– Ai migranti vengono richiesti requisiti non stabiliti dall’accordo Stato- Regioni del 2012 escludendo singoli, famiglie, dall’accesso al servizio sanitario e non tutelando di fatto la gravidanza e l’interruzione volontaria della gravidanza.
– I ticket sanitari escludono le persone indigenti dall’accesso alle prestazioni sanitarie prescritte.
– Emergono problemi all’accesso al servizio sanitario rispetto al requisito della residenza

Trattare il tema della salute significa tenere in considerazione la persona nella sua integrità e qualsiasi condizione di mancanza di dignità mina lo stato di benessere fisico e psichico.
In particolare, solo per fare un esempio, la cancellazione anagrafica (quindi il non essere residenti) è dovuta alla perdita della casa che riflette la condizione di precarietà  del lavoro. Lavoro nelle sue mille sfaccettature che comprende il lavoro nero, conosciuto e tollerato, che costringe soprattutto i migranti a spostarsi da un luogo all’altro per sopravvivere spesso in condizioni di sfruttamento.

Con queste premesse, come associazione Città Migrante, apriamo lo sportello “Diritto alla salute”per ascoltare, monitorare, orientare e denunciare le situazioni di difficoltà di accesso ai servizi sanitari.
Lo sportello è aperto il mercoledì dalle 17 alle 20 in Via Fratelli Manfredi, 14 (RE) presso lab. Aq16.
L’accesso è libero e gratuito e si rivolge sia ai migranti che alle persone italiane in quanto crediamo che il diritto alla salute, in quanto diritto universale, debba essere garantito a tutte e tutti.

Ass. Città Migrante
cell. 3894204158
cell. 3474184461
e-mail: cittamigrante@gmail.com

Un autunno con Cucine senza frontiere

Anche quest’ anno l’osteria Cucine senza frontiere apre la stagione autunnale a Casa Bettola (via Martiri della Bettola, 6 RE) con due appuntamenti sabato 15 ottobre e sabato 19 novembre. A partire dalle ore 20.

Come sempre il contributo delle cene andrà a sostegno dei lavori di autorecupero delle case occupate di via Gramsci e via Gorizia per ribadire che l’abitare è un diritto di tutte e tutti!

Per informazioni e prenotazioni 338 7663416

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l progetto “Cucine senza frontiere” dell’ associazione Città Migrante nasce due anni fa a Reggio Emilia.Come tutti i nostri progetti prende vita dal confronto e dalle riflessioni che inevitabilmente si sviluppano tra le mura dei nostri spazi sociali, che quotidianamente viviamo e rendiamo vivi.Mura che potremo definire trasparenti, in quanto ci permettono tutti i giorni di osservare con sguardo critico quello che accade intorno a noi, nella nostra città, nel mondo, scegliendo di non restarne indifferenti. Spazi attraversati da tante e tanti, anche da chi, fuggito dalla guerra e dalla miseria, si ritrova oggi in Italia e tante volte non per scelta. Le attuali politiche sull’immigrazione infatti non lasciano molto spazio alla scelta.

Il Regolamento di Dublino prevede che la richiesta di asilo debba essere fatta nel primo paese di arrivo.Rimanere in Italia per tanti non diventa dunque una scelta e una volta finito l’iter per la richiesta di asilo, termina nella maggior parte dei casi anche il percorso di accoglienza.Quello che accade al termine di questi percorsi rimane spesso nascosto, al riparo dallo sguardo indiscreto delle coscienze di tanti.Centinaia di persone, chiuse le porte dell’ “accoglienza” si ritrovano in molti casi in strada, senza una casa e un lavoro. Da questo momento le uniche porte ad aprirsi sono spesso quelle dello sfruttamento, del lavoro nero, dell’ isolamento. La persona diventa il profugo. Il percorso di disumanizzazione è breve, mentre quello che si cerca è solo una vita dignitosa.

Negli ultimi due anni a Reggio Emilia, alcune di queste persone uscite dai percorsi di accoglienza e costrette a dormire in strada, hanno deciso di riappropriarsi del diritto alla casa, occupando due stabili abbandonati e lasciati da tempo al degrado.Con il supporto di tante e tanti comincia il percorso di autorecupero di questi spazi, che pian piano ricominciano a prendere vita, riacquistando la dignità che anni di abbandono gli avevano sottratto. La cittadinanza risponde numerosa alle richieste di sostegno e in breve tempo in queste case vuote arrivano letti, armadi, cucine, stufe per scaldarsi. Gli abitanti delle case non hanno però un lavoro che gli consenta di sostenere le spese di gestione di una casa.Ognuno di loro ha però delle competenze, saper cucinare per esempio.Le prime ricette le sperimentiamo tra di noi ma in breve tempo un’ idea si trasforma in un progetto reale.Nasce l’osteria “Cucine senza frontiere”. Non ci sembra vero: la gente chiama per prenotare un posto alle nostre cene, e sono anche in tanti! E mentre l’ Europa erige frontiere, noi proviamo ad abbatterle.

Da quel momento sono passati due anni e il progetto “Cucine senza frontiere è cresciuto”. C’è chi è più bravo a cucinare e chi meno, c’ è chi è appena arrivato e non capisce bene cosa sta succedendo ma ci prova lo stesso, c’è anche chi non è pronto a crederci e si ferma.Alcuni dei nostri cuochi sono rimasti, altri sono andati via. Di questi qualcuno ci chiama ancora, qualcun altro invece ha scelto di proseguire il viaggio senza voltarsi indietro perché la nostalgia è un lusso che non tutti si possono permettere.Tanti altri ne arriveranno.Abbiamo scelto di credere in questo progetto e di non fermarci. Continueremo a lottare e lo faremo tra i banchi di una scuola di italiano, dentro una ciclofficina autogestita, nelle piazze e perchè no tra i fornelli! E le mura dei nostri spazi sociali continueranno ad essere trasparenti e noi non smetteremo di guardare oltre.

Al via i nuovi corsi di italiano dell’Ass. Città Migrante e un breve excursus delle attività

L’associazione Città Migrante nasce nel 2007 a Reggio Emilia per costruire insieme a tante e tanti altri una città includente solidale e meticcia, dove i diritti siano per tutte e tutti e dove le persone siano al primo posto. Città Migrante nasce da una lotta di lavoratori migranti che in questa città si sono ribellati allo sfruttamento e sono usciti dalla clandestinità in cui erano stati relegati.

In questi quasi 10 anni, grazie al contributo di tante braccia, tante intelligenze e tante sensibilità diverse  l’associazione Città Migrante ha sviluppato svariate attività: dalle scuole di italiano, allo Sportello Migranti, alla Ciclofficina Raggi Resistenti, fino ad arrivare alle iniziative di Cucine senza frontiere. Tutte vanno nella stessa direzione: creare ponti, abbattere muri e frontiere, tutelare diritti , costruire insieme quella che definiamo la città che vogliamo, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone. Con i progetti, ma anche denunciando gli abusi, per un’accoglienza degna agita quotidianamente,  nelle piazze della nostra città così come in quelle italiane e d’Europa, insieme ai migranti che a Reggio Emilia hanno occupato le case abbandonate per reclamare il diritto all’abitare, a Ventimiglia contro le deportazioni così come al Brennero per fermare l’Europa delle frontiere.

Ci siamo, pronti  a ripartire dopo la pausa estiva con i corsi di italiano delle scuole di Città Migrante. Lunedì 3 ottobre presso il Laboratorio Aq16 in Via Fratelli Manfredi 14 inizia il corso di italiano gratuito ed aperto a tutti che si terrà ogni lunedì e ogni giovedì dalle 19 alle 21. Mercoledì 5 ottobre parte il corso di italiano per le donne presso Casa Bettola in via Martiri della Bettola 6 gratuito e aperto a tutte le donne che si terrà i mercoledì e i venerdì dalle 16 alle 18.

Lo sportello Migranti ha già dato il via alle attività tutti i mercoledì dalle 17 alle 20 presso il Laboratorio aq16 in Via fratelli Manfredi 14 con informazioni relative alle pratiche burocratiche sul soggiorno in Italia, alla tutela dei diritti e contro le discriminazioni,  ad un orientamento sul territorio e con un punto di informazione specifico sull’accesso alla salute.

La Ciclofficina Raggi Resistenti,  progetto formativo e sociale nato all’interno dello stabile occupato di via Gramsci 44 , recupera e rigenera biciclette usate, permettendo agli abitanti delle case occupate, così come a tanti altri migranti che lo vogliano fare, di acquisire competenze e grazie alle numerose offerte si sostengono parte delle spese di gestione delle case occupate. Con l’inizio dell’autunno aumentano le aperture settimanali al pubblico: tutti i martedì dalle 14,30 alle 18 , tutti i giovedì dalle 15 alle 18 e tutti i sabato dalle 10 alle 14.

E a breve la riapertura dell’osteria di Cucine senza frontiere dove il cibo è curato dagli abitanti stessi delle case occupate di via Gramsci e Via Gorizia, con una varietà culinaria multietnica, è un’ occasione di scambio e di condivisione e il contributo della cena sostiene le spese di autorecupero delle case occupate.

Passo dopo passo insieme a tante altre persone e a tante realtà camminiamo a volte in silenzio e altre alzando la voce, disobbedendo a delle leggi ingiuste per costruire un’alternativa allo sfruttamento sia delle persone che del territorio, alla speculazione e alla ricchezza di pochi a scapito di molti e perché nessuno un giorno dovrà più morire per cercare un posto migliore in cui vivere.

Di seguito  volantini delle attività e alcune immagini , vi aspettiamo, fra i banchi a scuola, a tavola per chiacchierare insieme gustando i sapori dal mondo, con la bicicletta per una mobilità sostenibile, in strada e in piazza perché questa Europa la possiamo cambiare, noi ci crediamo.

Ass. Città Migrante

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Cucine senza frontiere- Sabato 4 giugno

Vi aspettiamo alla prossima serata di Cucine senza frontiere a Casa Bettola (Via Martiri della Bettola, 6 RE)
A tavola per il diritto all’abitare e ad un’accoglienza degna

Sabato 4 giugno ore 20.00
Cucine dal mondo e
Concerto con Andrea Papini

Come sempre il contributo della cena andrà a sostegno dei lavori di autorecupero delle case occupate di via Gramsci e via Gorizia per ribadire che l’abitare è un diritto di tutte e tutti!

Per informazioni e prenotazioni 338 7663416

qui progetto di Cucine senza frontiere

cucine senza frontiere 4 giugno

Presidio antirazzista 14 maggio – un contributo al dibattito sui “profughi”

Presidio antirazzista
Sabato 14 maggio ore 11 davanti all’anagrafe di Reggio Emilia  (Via Toschi 27)

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E’ sicuramente semplice cambiare un menu ma non lo è cambiare un sistema, noi pensiamo però che sia possibile a partire dalla nostra città. incontriamoci, discutiamo e non lasciamo spazio al razzismo. la prima occasione per farlo è sabato 14 maggio !

Cambiare il menu è semplice, cambiare il sistema è un’altra cosa…

I richiedenti asilo, i cosiddetti profughi tornano a far parlare la città di Reggio Emilia, dopo i fatti del 27 aprile scorso in cui un gruppo di una trentina di migranti in maggioranza pakistani accolti nel progetto CAS (Centro di accoglienza straordinaria) protestano in questura per il cibo servito alla mensa in cui quotidianamente consumano il pasto. Qui ci fermiamo perché la dinamica della contestazione è stata ampiamente descritta, tanto è che è diventato un caso nazionale ed ognuno su questa vicenda ha detto la sua, un argomento trattato con toni alquanto coloriti sia durante le discussioni da bar che da alcuni esponenti della politica, un argomento di cui ognuno ha qualcosa da dire.
Non ci interessa entrare nell’oggetto della contestazione perché il cibo ha sicuramente anche risvolti psicologici che vanno oltre la pasta e il riso e il mal di pancia può essere un campanello di allarme per varie questioni. Dall’altra parte, sempre da un punto di vista psicologico, contestare il cibo che “viene offerto” in Italia, in terra reggiana suscita malumori a volte ingestibili, soprattutto se ci si ferma qui, soprattutto se non si conosce il contesto.
Una cosa è certa si parla di “loro”, si parla di “noi”, si parla dell’accoglienza, o meglio si mette in discussione l’accoglienza.
Ad inizio settembre, dopo le polemiche uscite sui “profughi” a Festa Reggio, abbiamo scritto un nostro intervento che terminava con questa proposta : pensiamo sia giunto il momento di avere coraggio ed aprire un dibattito cittadino vero in cui discutere delle politiche in tema di immigrazione in generale e di accoglienza in particolare, senza paure dei conflitti, che metta in campo e a confronto tutti gli attori del territorio, compreso chi dal basso quotidianamente agisce l’accoglienza e lotta perché in questa città possa esserci spazio per tutte e tutti, anche quando i progetti istituzionali giungono al termine. Questo dibattito, che oggi rilanciamo, non c’è stato. Crediamo sia fondamentale aprire, in città, la questione a livello pubblico di chi gestisce l’accoglienza e la cittadinanza, così come le parti sociali coinvolte perché solo in questo modo si crea conoscenza e consapevolezza e soprattutto si possono mettere in rete esperienze e proposte. Il silenzio non paga e lascia spazio a razzismi e a chi, come la Lega Nord, fomenta la guerra fra poveri, come se l’italiano non arriva più a fine mese, viene sfrattato e non trova lavoro per colpa del profugo, come se fosse reale che se il profugo tornasse al suo paese l’italiano allora trova un lavoro dignitoso, una casa e una pensione che gli permette di vivere in tranquillità. Chi ci deruba quotidianamente non è certo il profugo ma sono le politiche di austerità che incombono sulle vite di tutte e tutti noi, profugo compreso.
Iniziamo a fare un po’ di ordine e ad aprire una discussione che vogliamo condividere ad iniziare da una piazza antirazzista il 14 maggio quando la Lega Nord ha lanciato un mobilitazione a Reggio contro l’accoglienza. All’ignoranza vogliamo contrapporre la conoscenza, all’arroganza la capacità di costruire ponti e relazioni, alla guerra fra poveri la costruzione di un mondo di pari dove ci sia spazio per tutte e tutti.
Sappiamo che la discussione è articolata e parte da un quadro internazionale, europeo, nazionale e poi reggiano. Affrontiamo in questo breve scritto la questione schematicamente e a punti, ma con l’obbiettivo di un confronto e un approfondimento fra tante e tanti.
Le persone di cui si parla, “i profughi”, provengono da contesti internazionali e paesi diversi. C’è chi fugge dalla guerra (ricordiamo inoltre come nell’ultimo anno è triplicata la vendita di armi italiane all’estero e sono aumentate le forniture verso Paesi in guerra- fonte Nigrizia) , chi da un contesto di povertà, chi è alla ricerca di un futuro migliore. Ribadiamo un concetto banale: non c’è niente di più casuale del luogo in cui si nasce e il luogo in cui si nasce e il passaporto che si avrà in tasca permetterà o meno di spostarsi e di scegliere il luogo in cui vivere.
Come si arriva in Europa? Lo abbiamo detto più volte, non esistono canali di accesso regolari, l’unico modo è quello dei viaggi clandestini, dove si affida la propria vita a trafficanti di esseri umani (i morti di frontiera sono numeri che rasentano un bollettino di guerra) e costosi, dove molte volte si intraprendono debiti che poi una volta arrivati in Europa, chi sopravvive, deve saldare, affidando spesso la propria vita in mano alla tratta o allo sfruttamento direttamente nel paese di arrivo. L’UE intanto ha chiuso la rotta balcanica affidando il lavoro sporco dei respingimenti illegittimi alla Turchia di Erdogan, un paese che nei fatti viola ogni giorno i diritti umani . Nella stessa direzione dell’accordo UE- Turchia si inserisce la proposta Di Matteo Renzi del Migration Compact ,una riproposizione in chiave africana (e in particolare libica), dell’intesa raggiunta tra Bruxelles e Ankara.
Sempre, per chi sopravvive ed arriva in Europa, il primo paese di approdo (o meglio il primo paese in cui la persona è identificata) sarà il paese che esaminerà la richiesta di asilo, deciderà quindi se rilasciare o meno un permesso di soggiorno e se sì quale tipologia di protezione. In Italia esiste l’asilo politico, la protezione sussidiaria e la protezione umanitaria. In base alla tipologia del permesso di soggiorno rilasciato si avranno determinati diritti. Cosa certa è che queste tipologie di permesso di soggiorno permettono di viaggiare in Europa per tre mesi come turisti ma di non stabilirsi in altri paesi europei e di non poter lavorare (almeno in regola…).
Ed ecco l’Europa che erige muri interni e controlli alle frontiere mettendo in seria discussione la libera circolazione all’interno dell’Unione Europea , principio cardine della costituzione dell’UE.
E chi arriva in Italia, dovrà stare in Italia, anche se in altri paesi europei ha amici o reti famigliari che potrebbero agevolare un inserimento nel territorio, o semplicemente perché il tasso occupazionale è più alto e quindi le prospettive di un lavoro sarebbero molto più favorevoli rispetto al nostro paese. Che cosa succede quindi a chi riesce ad arrivare vivo in Italia? Come funziona l’accoglienza? Esiste un progetto nazionale , con declinazioni in vari territori denominato SPRAR, un sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati con una possibilità di capienza di circa 20mila posti.
Nel 2015 sono arrivate in Italia circa 150mila persone e si è creato un circuito di accoglienza “parallelo” denominato CAS (centro di accoglienza straordinario) dove gli standard di accoglienza non sono di certo ad oggi quelli del progetto SPRAR. Per rendere l’idea a livello locale lo SPRAR conta una 50ina di posti mentre le persone accolte all’interno del progetto CAS sono circa 700.
Le persone arrivano in Italia e passano attraverso una prima accoglienza (sistema delle identificazioni e dei centri di smistamento, che meriterebbe un’attenta ed approfondita analisi ) ed infine arrivano nel CAS che comunemente viene definito progetto Mare Nostrum, che è parte dello stesso progetto governativo dipendente dal Ministero degli Interni e nei territori gestito dalla Prefettura che affida tramite bando.
A Reggio Emilia il bando è stato vinto dal raggruppamento temporaneo di Impresa di cui la Dimora di Abramo è capofila. I migranti accolti all’interno di questi progetti richiedono tutti la protezione internazionale, per cui per loro inizierà l’iter di attesa della commissione che valuterà la loro domanda di asilo. I tempi sono spesso lunghi e non è scontato che la domanda vada a buon fine e si scontrano con l’iter burocratico della richiesta di asilo e di tutto quello che ciò comporta. A volte si rimane per lungo tempo con un permesso scaduto perché i tempi per il rinnovo sono spesso lunghi. Questo comporta che non è possibile procedere per esempio ad un’iscrizione anagrafica e ad un tirocinio lavorativo. Una burocrazia che molte volte rallenta dei possibili percorsi di inserimento, anche lavorativi.
Il primo step dell’accoglienza a Reggio prevede che le persone siano ospitate in alberghi (sia cittadini che in provincia) , e in questo primo momento il pasto viene consumato in mensa. In un secondo momento le persone vengono trasferite in appartamenti, gli enti che gestiscono l’accoglienza li affittano sul libero mercato, sia a Reggio Emilia che in provincia. Anche su questo sarebbe interessante aprire una discussione vera: quali difficoltà si incontrano nei diversi comuni, sia con le amministrazioni sia con gli uffici preposti , sia con il territorio in senso generale e quali le collaborazioni.
Quanto dura il percorso di accoglienza? Il percorso di accoglienza dura fino a quando la persona ha ottenuto il permesso di soggiorno o in caso di diniego fino al primo grado dell’appello. Quanti sono i dinieghi? In Emilia Romagna la maggior parte delle persone ottiene un permesso di soggiorno che è la protezione umanitaria, mentre la media in Italia è di circa la metà di dinieghi che poi la maggior parte viene vinto tramite ricorso.
Come viene gestito il progetto di accoglienza, come vengono investiti i soldi ?(che ribadiamo non provengono dai Comuni)Su questo pensiamo sia importante un intervento degli enti che gestiscono l’accoglienza per rendere noto e conto alla cittadinanza i percorsi e gli investimenti (questi ultimi hanno anche ricadute sull’economia locale, pensiamo solo agli affitti delle case sul libero mercato, agli alberghi, alle mense…) in modo da poter mettere in rete esperienze, condividere percorsi, idee e proposte e cambiamenti.
Cosa succede una volta che queste persone vengono dimesse dal progetto di accoglienza? Le persone escono e altre entrano. Molte delle persone che escono dai percorsi di accoglienza le incontriamo perché si rivolgono alla nostra associazione così come ad altre del territorio. Alcune vanno a lavorare nelle campagne del sud o nei campi di Saluzzo, in nero per una ventina di euro al giorno. Altri provano ad andare in altri paesi Europei, anche qui per lavorare, in nero, con il loro permesso non si può lavorare in regola.
Alcune di queste persone a Reggio Emilia, rimaste senza casa, hanno occupato degli stabili abbondanti in città, alla luce del sole, rivendicando il diritto all’abitare ed ad un vita degna. Noi li sosteniamo ed insieme stiamo sperimentando forme di sostentamento creando competenze e rafforzando reti solidali.
E’ sicuramente semplice cambiare un menu ma non lo è cambiare un sistema, noi pensiamo però che sia possibile a partire dalla nostra città. incontriamoci, discutiamo e non lasciamo spazio al razzismo. la prima occasione per farlo è sabato 14 maggio !

Ass. Città Migrante

Da Reggio Emilia al Brennero- Marcia per la libertà di movimento

 

manifesto brennero

Marcia per la libertà di movimento
Domenica 24 aprile 2016, ore 12 – Brennero, parcheggio outlet
Partenze da Reggio Emilia: aq16.laboratorio@gmail.com, 349/8766244

Ogni giorno, insieme a tante e tanti nella nostra città lavoriamo per costruire percorsi di accoglienza degna , progetti che possano dare dignità a chi è scappato da guerra e miseria alla ricerca di un futuro migliore e che oggi incontriamo nei nostri territori.
Incontriamo chi per arrivare in Europa non ha avuto altra scelta che rischiare la vita perché non esistono canali di ingresso regolari, perché il luogo in cui si nasce determina il fatto di potersi muovere o meno, perché il diritto è subordinato ad un passaporto. Insieme a queste persone e a quella parte di città solidale, così come si è espressa anche in tante parti di Europa, lottiamo quotidianamente contro i muri e contro le frontiere interne che impediscono l’accesso al diritto, dagli ostacoli burocratici al diritto alla casa e a una vita degna.

L’Europa continua ad erigere muri e a rafforzare le frontiere causando di fatto la morte di molte persone perché chi fugge da guerra e miseria è disposto a rischiare la vita.
Lo scellerato accordo firmato a marzo fra UE e Turchia ha aperto un nuovo capitolo nella drammatica gestione dei flussi migratori. La Fortezza Europa ha chiuso la rotta balcanica affidando il lavoro sporco dei respingimenti illegittimi alla Turchia di Erdogan, un paese che nei fatti viola ogni giorno i diritti umani. Contemporaneamente l’Austria ha deciso unilateralmente di reintrodurre controlli alla frontiera del Brennero, mettendo fine alla libertà di circolazione all’interno del territorio europeo.
Questa non è l’Europa che vogliamo! Oggi crediamo sia il momento di far sentire la voce di tutti coloro che come noi rifiutano i muri e i fili spinati, di chi come noi non è rassegnato ad un futuro di razzismo, sfruttamento, precarietà, ingiustizia e disuguaglianza.
In questo presente sfruttato dagli speculatori della paura e dell’odio, dalle forze politiche che incitano alla guerra tra poveri, dobbiamo far sentire la voce di chi come noi costruisce ogni giorno un pezzetto di una società più giusta, più includente, più umana, più democratica.
Per questo il 24 aprile saremo al Brennero per la marcia per la libertà di movimento. Ci incontriamo alle ore 12 presso il parcheggio del Brennero Outlet Center .

Per partire da Reggio Emilia:
aq16.laboratorio@gmail.com
349/8766244

Ass. Città Migrante, Laboratorio q16, Casa Bettola