L’attacco dello stato fascista turco capeggiato da #Erdogan all’autonomia curda del nordest della Siria si è rinnovato con lunghi bombardamenti ricominciati tra il 19 e il 20 novembre, decine sono state le perdite civili e delle unità di protezione popolare cadute e caduti per difendere la popolazione da attacchi come questo che negli anni non hanno fatto che mietere sempre più vittime nel pieno dell’indifferenza della comunità internazionale.
L’intero Kurdistan è da sempre sotto attacchi militari, politici e repressivi che mirano a soffocare le esperienze di confederalismo democratico e di autonomia delle donne, chi in questi anni ha perpetrato questo attacco ha agito nell’ impunità, ed i responsabili sono: lo stato turco, lo stato siriano, il governo di Barzani ad Erbil, Daesh, Al-Nusra, le brigate iraniane e decine di altri gruppi.
Tutto quello che le comunità del Kurdistan hanno sempre messo in campo è l’autodifesa delle organizzazioni territoriali autonome e delle esperienze di autogoverno.
Il modello teorizzato dal PKK, il partito dei lavoratori curdo in Turchia, che propone per tutti i popoli la pace, la liberazione della donna, la società democratica e l’armonia con l’ambiente, è osteggiato e combattuto da chi ha paura delle conseguenze dell’attuazione di questo modello, da chi come Erdogan vuole difendere il primato della nazione etnica, il privilegio dell’uomo sulla donna e lo sfruttamento capitalista di corpi e territori.
Il PKK ed il suo storico leader Abdullah Ocalan sono da anni criminalizzati a causa della loro lotta a difesa delle persone, per un modello diverso da quello dello sfruttamento e della prevaricazione. Ocalan è da 24 anni ormai rinchiuso nella prigione di Imrali in completo isolamento. Il suo nome e la lotta di cui fa parte sono stati dichiarati fuorilegge e messi nell’elenco delle organizzazioni terroristiche a causa delle pressioni dello stato turco sulla comunità internazionale.
L’utilizzo da parte dello stato turco di armi chimiche prodotte in Germania, dove da molti anni è illegale anche solo il simbolo del PKK, è un elemento che gli stati del mondo si rifiutano di considerare come quello che è: un crimine di guerra contro la popolazione, i governi devono immediatamente tagliare i rapporti con la Turchia e smettere di mandare armi al dittatore di questo stato, o il genocidio continuerà, sono ormai incalcolabili i morti nei massacri compiuti da milizie filoturche jihadiste e dallo stesso esercito turco contro i civili nelle aree di autonomia.
Oltretutto lo stato turco controlla territori in Siria attraverso organizzazioni legate ad Al-Qaeda ed ISIS, entrambe legate a doppio filo con gli interventi militari turchi contro i curdi, sia per una questione ideologica che per il vero e proprio approvigionamento di armi e munizioni.
Nell’indifferenza l’attacco non si fermerà, le mobilitazioni nel mondo devono pretendere la fine dello scambio di materiale militare con la Turchia, l’imposizione di una No-Fly-Zone sul Rojava, la cancellazione delle unità di protezione popolare dalle liste delle organizzazioni terroristiche e la liberazione di Ocalan.
A difesa del confederalismo democratico, dell’autonomia delle donne e dell’autodeterminazione dei popoli sotto il giogo di stati oppressori.
Biji Rojava! Biji Kurdistan!
LabAq16 – Casa Bettola – Città Migrante