Il progetto “Cucine senza frontiere”dell’associazione Città Migrante nasce nel 2014 a Reggio Emilia.
Come tutti i nostri progetti prende vita dal confronto e dalle riflessioni che inevitabilmente si sviluppano tra le mura dei nostri spazi sociali, che quotidianamente viviamo e rendiamo vivi.
Mura che potremmo definire trasparenti, in quanto ci permettono tutti i giorni di osservare con sguardo critico quello che accade intorno a noi, nella nostra città, nel mondo, scegliendo di non restarne indifferenti.
Spazi attraversati da tante e tanti, anche da chi, fuggito dalla guerra e dalla miseria, si ritrova oggi in Italia e tante volte non per scelta.
Le attuali politiche sull’immigrazione infatti non lasciano molto spazio alla scelta. Il Regolamento di Dublino prevede che la richiesta di asilo debba essere fatta nel primo paese di arrivo.
Rimanere in Italia per tanti non diventa dunque una scelta e una volta finito l’iter per la richiesta di asilo, termina nella maggior parte dei casi anche il percorso di accoglienza.
Quello che accade al termine di questi percorsi rimane spesso nascosto, al riparo dallo sguardo indiscreto delle coscienze di tanti.
Centinaia di persone, chiuse le porte dell’ “accoglienza” si ritrovano in molti casi in strada, senza una casa e un lavoro. Da questo momento le uniche porte ad aprirsi sono spesso quelle dello sfruttamento, del lavoro nero, dell’ isolamento.
La persona diventa il profugo. Il percorso di disumanizzazione è breve, mentre quello che si cerca è solo una vita dignitosa.
Negli ultimi anni a Reggio Emilia, alcune di queste persone uscite dai percorsi di accoglienza e costrette a dormire in strada, hanno deciso di riappropriarsi del diritto alla casa, occupando due stabili abbandonati e lasciati da tempo al degrado.
Con il supporto di tante e tanti comincia il percorso di autorecupero di questi spazi, che pian piano ricominciano a prendere vita, riacquistando la dignità che anni di abbandono gli avevano sottratto.
La cittadinanza risponde numerosa alle richieste di sostegno e in breve tempo in queste case vuote arrivano letti, armadi, cucine, stufe per scaldarsi.
Gli abitanti delle case non hanno però un lavoro che gli consenta di sostenere le spese di gestione di una casa.
Ognuno di loro ha però delle competenze, saper cucinare per esempio.
Le prime ricette le sperimentiamo tra di noi ma in breve tempo un’ idea si trasforma in un progetto reale.
Nasce l’osteria “Cucine senza frontiere”.
E mentre l’ Europa erige frontiere, noi proviamo ad abbatterle.
Da quel momento sono passati tre anni e il progetto “Cucine senza frontiere” è cresciuto.
C’è chi è più bravo a cucinare e chi meno.
Alcuni dei nostri cuochi sono rimasti, altri sono andati via.
Tanti altri ne arriveranno.
Dal mese di marzo di quest’anno, un lungo percorso di giustizia sociale, sostenuto da tante persone, ha consentito il raggiungimento di un importante obiettivo.
L’ Associazione Città Migrante si trasferisce alla stazione di Santa Croce, attraverso un atto di concessione delle Ferrovie Emilia Romagna, che cedono immobili in disuso ad utilizzo sociale affinché vengano abitati e ristrutturati.
Il piano superiore è ad uso abitativo, mentre il piano inferiore è sede degli altri progetti, ovvero lo sportello migranti, la scuola di Italiano e la Ciclofficina Raggi Resistenti.
Nonostante i luoghi fisici siano cambiati, gli obiettivi del progetto rimangono gli stessi.
“Cucine senza frontiere”, continuerà a sostenere le spese di autorecupero e di gestione dello spazio e i progetti dell’associazione.
Per una vita dignitosa è necessaria una casa dignitosa, ma non solo.
“Cucine senza frontiere”, negli anni è diventato luogo di socialità, di acquisizione e scambio di competenze, di apprendimento della lingua e di conoscenza del mondo.