APPELLO PER UN CANALE UMANITARIO? PORTIAMOLO INSIEME SUL TAVOLO DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 24 E 25 OTTOBRE

In attesa di incontrarci a Lampedusa l’ass. Città Migrante invierà l’appello per l’apertura di un canale umanitario fino all’Europa al tavolo del Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre.

E’ di un’altra Europa che abbiamo bisogno!

Tratto dal sito del Progetto Melting Pot Europa

L’appello per un canale umanitario? Portiamolo insieme sul tavolo del Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre

Inviamo migliaia di mail a presse.centre@consilium.europa.eu o portiamo l’appello ad uffici Ue o ambasciate

In oltre 20.000 abbiamo chiesto l’immediata apertura di un canale umanitario fino all’Europa come risposta a quanto avvenuto lo scorso giovedì 3 ottobre nelle acque del Canale di Sicilia.
Tutti l’hanno invocato, lo hanno ipotizzato, ma nessuno dei governi europei ha voluto attuarlo concretamente.

Il prossimo 24 e 25 ottobre i Capi di Stato dei Paesi Membri si riuniranno a Bruxelless. Tra gli argomenti all’ordine del giorno ci sarà anche quanto accaduto a Lampedusa: si discuterà, dicono, di prevenzione, cooperazione, solidarietà e protezione internazionale.

Ma quale idea di prevenzione hanno i Governi europei? Quale idea di cooperazione? Quale idea di solidarietà? Quale idea di protezione dei rifugiati?
Lo abbiamo già sentito in queste settimane. E se prevenire significa mantenere questo sistema mortale di leggi nazionali e confini, se cooperare significa stringere accordi bilaterali che blocchino le partenze di chi invece fugge da guerre e persecuzioni, se solidarietà significa ingabbiare i rifugiati nel sistema Dublino, se proteggere i rifugiati significa affidare ai radar militari la possibilità di salvare vite umane in mare (sempre che abbiano la fortuna di essere individuate), è di un’altra Europa che abbiamo bisogno.

Abbiamo raccolto attraverso il nostro sito migliaia di sottoscrizioni, ma non saremo noi soli a parlare per tutti.

Il 24 e 25 ottobre, in concomitanza con il vertice europeo dei capi di stato l’appello inviamolo insieme, tutti i firmatari, all’indirizzo di posta elettronica del Consiglio europeo, presse.centre@consilium.europa.eu l’appello per l’apertura di un canale umanitario fino all’Europa oppure consegnamolo alle ambasciate, agli uffici UE, alle Prefetture.

Un altro modo per muoverci collettivamente in attesa di incontrarci.

Vai:
- al testo dell’appello da inviare via mail

Scarica: :
- Il testo dell’appello da allegare alla mail

APPELLO PER L’APERTURA DI UN CANALE UMANITARIO PER IL DIRITTO DI ASILO EUROPEO

Ieri Scicli, oggi Lampedusa, ma non solo. Ormai migliaia di persone hanno perso la vita per raggiungere il nostro paese. Quasi mai sperando di restarci, sempre sognando di raggiungere un luogo in cui vivere sia concesso.
Ogni giorno parliamo attraverso i progetti della nostra associazione con chi è riuscito ad arrivare nelle nostre città, nelle nostre fabbriche, nelle nostre strade. Sappiamo che l’intero viaggio che porta in Europa è rischioso per le vite di chi lo intraprende, fatto di tratta e di sfruttamento, così come la permanenza in Europa, una permanenza clandestina che arricchisce gli sfruttatori. Perché i migrati non muoiono solo in mare.

Da anni, insieme a tanti altri ci mobilitiamo, lottiamo per il riconoscimento dei diritti di tutte e tutti per una vita libera dallo sfruttamento, contro le legge Bossi Fini che produce clandestinità, lavoro nero, sfruttamento e morte.

Abbiamo lottato con tante e tanti altri insieme ai profughi provenienti dalla Libia per l’ottenimento di un titolo di soggiorno, per la residenza nella nostra città e ancora oggi siamo al loro fianco per costruire insieme un futuro degno.

Oggi le lacrime per i morti di Lampedusa sono piene di rabbia per una tragedia che poteva essere evitata e di cui non vogliamo essere complici.

Lampedusa lo sa, non è un reato migrare.

Ai Ministri della Repubblica, ai presidenti delle Camere, alle istituzioni europee, alle organizzazioni internazionali

A cadenza ormai quotidiana la cronaca racconta la tragedia che continua a consumarsi nel mezzo del confine blu: il Mar Mediterraneo.
Proprio in queste ore arriva la notizia di centinaia di cadaveri raccolti in mare, ragazzi, donne e bambini rovesciati in acqua dopo l’incendio scoppiato a bordo di un barcone diretto verso l’Europa.
Si tratta di richiedenti asilo, donne e uomini in fuga da guerra e persecuzioni, così come gli altri inghiottiti da mare nel corso di questi decenni: oltre 20.000.

Lo spettacolo della frontiera Sud ci ha abituato a guardare l’incessante susseguirsi di queste tragedie con gli occhi di chi, impotente, può solo sperare che ogni naufragio sia l’ultimo. Come se non vi fosse altro modo di guardare a chi fugge dalla guerra che con gli occhi di chi attende l’approdo di una barca, a volte per soccorrerla, altre per respingerla, altre ancora per recuperarne il relitto.
Per questo le lacrime e le parole dell’Europa che piange i morti del confine faticano a non suonare come retoriche.

Perché l’Europa capace di proiettare la sua sovranità fin all’interno del continente africano per esternalizzare le frontiere, finanziare centri di detenzione, pattugliare e respingere, ha invece il dovere, a fronte di questa continua richiesta di aiuto, di far si che chi fugge dalla morte per raggiungere l’Europa, non trovi la morte nel suo cammino

Si tratta invece oggi di “esternalizzare” i diritti. Di mettere la bando la legge Bossi-Fini e aprire invece, a livello europeo, un canale umanitario affinché chi fugge dalla guerra possa chiedere asilo direttamente alle istituzioni europee in Libia, in Egitto, in Siria o lì dove è necessario (presso i consolati o altri uffici) senza doversi imbarcare alimentando il traffico di essere umani e il bollettino dei naufragi.
Nessun appalto dei diritti, nessuna sollevazione di responsabilità ai governi europei, piuttosto la necessità che l’Europa si faccia veramente carico di evitare queste morti costruendo una presenza diretta e non terza che, fin dall’interno dei confini africani, possa raccogliere le richieste di chi chiede protezione per poi accogliere sul suolo europeo chi fugge ed esaminare qui la sua domanda.

Alle Istituzioni italiane, ai Presidenti delle Camere, ai Ministri della Repubblica, chiediamo di farsi immediatamente carico di questa richiesta.
Alle Istituzioni europee di mettersi immediatamente al lavoro per rendere operativo un canale umanitario verso l’Europa.
Alle Associazioni tutte, alle organizzazioni umanitarie, ai collettivi ed ai comitati, rivolgiamo l’invito di mobilitarsi in queste prossime ore ed in futuro per affermare
IL DIRITTO D’ASILO EUROPEO